La Nigeria in ansia per le studentesse rapite

La società civile si mobilita per il rilascio delle giovani. Notizie non confermate le indicano fuori dal Paese, costrette a sposare miliziani di Boko Haram

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La vicenda delle studentesse rapite in Nigeria il 14 aprile scorso si arricchisce di nuovi, scioccanti sviluppi. Le ragazze sarebbero state portate fuori dal Paese e costrette a “sposare” miliziani dell’organizzazione Boko Haram, ritenuta responsabile del sequestro.

Intanto, si muove la società civile. È prevista in queste ore una manifestazione di donne, per le strade della capitale Abuja, per chiedere il rilascio delle giovani in mano ai terroristi.

La Marcia di un milione di donne, cui hanno aderito associazioni di ogni confessione presente nel Paese, è convocata dall’organizzazione Donne per la Pace e la Giustizia e da Hajiya Nana Kashim Shettima, moglie del governatore del Borno, lo Stato in cui si è consumato il sequestro. “Mettiamo da parte tutte le differenze di fede, etniche, prendiamoci tutte per mano per liberare queste ragazze”, ha detto la donna.

Secondo la denuncia dei genitori – che martedì hanno sfilato davanti l’Assemblea nazionale  per chiedere l’immediato intervento del presidente Goodluck Jonathan – 234 studentesse sarebbero ancora nelle mani dei sequestratori.

Le famiglie sono particolarmente in ansia dopo le ultime notizie giunte dal Camerun, secondo cui le ragazzine sarebbero state portate nei Paesi confinanti e costrette a sposarsi. “Le nostre figlie sono state portate in Ciad e Camerun, dove sono state costrette a sposare membri di Boko Haram per 2.000 naira (10 euro, la cifra pagata dai miliziani ai rapitori, ndr)”, ha detto Pogu Bitrus, capo del consiglio degli anziani di Chibok. L’informazione, tuttavia, non ha ancora ricevuto alcun tipo di conferma da parte delle autorità nigeriane.

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ZENIT Staff

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