Cei: "Il grido del precari è la periferia che più ci chiede premura"

Diffuso il Messaggio del 1° maggio della Commissione Episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace della Conferenza Episcopale italiana

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“Il grido del precari è la periferia che, più di tutte, ci chiede premura”. È questo uno dei passaggi più forti del Messaggio diffuso per il 1° maggio 2015 dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace della Cei.

Nel testo i vescovi italiani si soffermano sulla piaga diffusa della disoccupazione, ribadendo che “Senza lavoro, non c’è famiglia e non c’è dignità umana”. Un dramma, questo, ancora ben radicato in Italia, dove – osservano i presuli – “sono ancora molti i fratelli e le sorelle, specie giovani, che mancano della dignità del lavoro”. E “in tante famiglie, le reti sono e restano vuote”.  

Il grido del precari è dunque la periferia che, più di tutte, “domanda luce” e “premura”, la stessa di San Giuseppe nella bottega di Nazareth. Perché “nei tanti disoccupati – afferma la Commissione episcopale – c’è realmente il Cristo che soffre, che ‘consoffre’: Lui, il Figlio dell’uomo che non ha dove posare il capo”, ma che è “vicino a chi ha il cuore ferito” e che “comprende le nostre fragilità e precarietà, spirituali e lavorative”. 

Da parte sua la Chiesa, “esperta di umanità”, “sente il bisogno di spezzare il pane, perché con cinque pani si possa nutrire il pianeta”. “Nella condivisione, per farsi voce delle attese dei disoccupati e di chi sta perdendo il lavoro, con tanto ascolto, con cuore di misericordia e di cura: presenze umanizzanti che, come il Cireneo, si fanno carico delle croci sul cammino della vita”, si legge nel testo.

Ciò, nel concreto, si traduce nel dovere impellente “di fondare la nostra economia su un preciso orientamento etico e antropologico che ponga sulla persona, non sul mercato da solo, la forza stessa dell’economia”. L’attuale economia è infatti basata sulla “esclusione” e la “inequità”, affermano i vescovi citando la Evangelii Gaudium.

Richiamano ancora le parole del Papa in Molise e a Scampia, quando ha detto che “il problema non è quello della sussistenza, ma quello di non poter portare il pane a casa”: “Dove non c’è lavoro, non c’è dignità. La persona si riduce a merce e mancando la dignità, l’umanesimo si svuota!”. 

In particolare l’occhio della Cei si posa poi sui giovani, per i quali auspicano l’apertura “di nuove strade, per la costruzione del bene comune”. “Con questi passi di speranza, va riscoperta l’arte dell’accompagnare”, esorta la Conferenza Episcopale. Ciò significa “far abitare con fiducia il nostro tempo, con una vita sociale piena e partecipativa”, “rendere protagonisti i nostri giovani, anche negli anni della precarietà”, “star vicino, condividere lacrime e speranze, in un’empatia che si fa misericordia vissuta e solidale, che sta alla base di ogni esperienza cooperativistica”.

Decisivo poi, per i vescovi, è il rispetto della Domenica: “Se, infatti, non si rispetta la domenica, non si avrà rispetto nemmeno per chi è disoccupato. E il lavoro diventerà schiavizzante e oppressivo, come già si vede in certe importazioni di tipo industriale, in aziende storiche che non perseguono più la strada della solidarietà, ma solo quella del profitto assoluto!”.

È necessaria, dunque, una “visione di solidale attenzione al fragile e al precario”. Essa “si impara già in famiglia, che si fa scuola sociale nel suo stesso esserci”, affermano i presuli . Rimarcano pertanto che “una famiglia vicina, che accompagna, è spazio che lancia in alto i cuori”; essa “pone nel cuore dei suoi figli il gusto della solidarietà nativa, come forma che permette di affrontare con fiducia ogni rischio. Mai da soli. Mai senza l’altro!”.

Una famiglia riconciliata nella misericordia, inoltre, “sa fare delle relazioni il tessuto vitale per un arazzo sociale che sa comporre, con pazienza, i diversi fili degli interessi specifici, spesso contrapposti”, evidenzia la Commissione Cei.

Domanda pertanto che vadano “coniugati i tempi del lavoro con i tempi della famiglia, perché è da questa sorgente, vicina, unita e riconciliata, che può sgorgare un flusso vitale, capace di aiutarci a gestire questa crisi, etica, sociale ed economica”.

Infine, viene ricordato che la giornata del 1° maggio è legata quest’anno al cammino della prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia (4-25 ottobre 2015) e ha come cornice di speranza e di riflessione l’evento del 5° Convegno Ecclesiale Nazionale in programma a Firenze, dal 9 al13 novembre, sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.

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ZENIT Staff

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