Dopo oltre quarant’anni l’Italia mette in atto una svolta sul divorzio. Dopo battaglie, ostracismi, rinvii, si accorciano i tempi per chi vorrà porre fine al proprio matrimonio.
I giornali passano la notizia come una conquista di civiltà e alla Camera dei Deputati si è registrato un forte consenso (398 “sì”, 28 “no” e 6 astenuti).
Così anche l’Italia, avrà il suo divorzio “breve”, pressoché “all’americana”. Il che significa che non saranno più necessari tre anni per dividersi e per dirsi addio, come previsto dalla riforma della legge Fortuna-Baslini, ma soltanto sei mesi, se la separazione è consensuale; al massimo un anno se si decide di ricorrere al giudice.
Anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in un tweet sigla l’evento con queste parole: “Un altro impegno mantenuto. Avanti, è la #voltabuona”, quasi una tappa di progresso civile.
Sarà proprio un bene sociale tutto ciò? Saranno tutelati i diritti dei figli con queste “celerità” e agevolazioni? A parole, tutti i politici affermano di voler difendere la famiglia ma purtroppo si legifera in senso esattamente contrario come dimostra questa riforma e qualche deputato fa notare il pericolo che i tempi brevi possano intaccare la stabilità della famiglia.
La rimeditazione e la riflessione che erano prima previste, consentivano di rivedere alcune posizioni e sono stati molti i casi in cui sono stati recuperati con successo alcuni matrimoni dichiarati “falliti”.
Nel mondo associativo e giuridico numerosi sono i commenti contrari alla nuova normativa, ma tutto passa sotto silenzio, perché prevale la voce della massa e del facile comodo, restando incapaci a guardare oltre il proprio soggettivo interesse a scapito degli interessi dei minori e della famiglia, “valore che genera ‘bene comune’.
Con la norma sul divorzio lampo, i coniugi, anche in assenza di un periodo di separazione, potranno mettere ufficialmente fine al matrimonio con ricorso congiunto all’autorità giudiziaria competente, in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o figli con meno di 26 anni economicamente non autosufficienti.
Nel 1800, il Codice di Napoleone consentiva di sciogliere i matrimoni civili (anche se serviva il consenso dei genitori e dei nonni). Con l’Italia unita, il divorzio rimase un tabù: nel 1902 non fu approvata una direttiva del governo Zanardelli che prevedeva il divorzio solamente in caso di adulterio, lesioni al coniuge, condanne gravi. Nella seconda metà degli anni Sessanta riprese la battaglia in nome del divorzio: con il progetto di legge del socialista Loris Fortuna, le manifestazioni dei radicali, la Lega italiana per l’istituzione del divorzio.
Così si arriva alla svolta nel dicembre 1970, quando radicali, socialisti, comunisti, liberali e repubblicani approvarono la legge; contrari la Dc e il Msi; ma anche allora la strada fu tortuosa. L’Italia cattolica, anti-divorzista, chiese il referendum: il 12 maggio 1974, l’87,7% degli italiani andò al voto per scegliere se abrogare o no la legge Fortuna-Baslini; grazie a quasi il 60% dei no, il divorzio restò in vigore. Con la riforma nel 1987 i tempi del divorzio passano da cinque a tre anni. Oggi, l’ulteriore grande passo, in attesa del divorzio immediato, stralciato dal disegno di legge e del riconoscimento degli altri diritti civili che l’Italia ancora aspetta.
Papa Francesco, nelle recenti udienze generali in Piazza San Pietro a Roma, ha proseguito la catechesi sulla famiglia a partire dal tema «maschio e femmina li creò». La creazione della donna, motivata dal fatto che “non è bene che l’uomo sia solo” diventa completamento e pienezza che dà origine alla vita e alla famiglia nella reciprocità e complementarietà dei sessi, che non va affatto intesa come una subordinazione o superiorità di uno dei due sull’altro.
Il venir meno di una “alleanza stabile e generativa” tra i due sessi è “certamente una perdita per tutti”, pertanto, ha esortato il Papa, “dobbiamo riportare in onore il matrimonio e la famiglia”.
La Bibbia, dice il Papa, raccomanda all’uomo di “lasciare qualcosa” d’importante e persino “suo padre e sua madre”, per trovare “pienamente” la donna. “L’uomo è tutto per la donna e la donna è tutta per l’uomo”, ha commentato Papa Francesco e questo essere “tutto” implica di restare uniti per sempre.
Il divorzio facile e “breve” non farà certamente bene al futuro delle nuove generazioni che resteranno prive di modelli e di esempi da imitare e cresceranno “deboli” verso i principi di fedeltà agli impegni assunti e saranno ancor più “fragili vasi di creta” costretti a viaggiare insieme a vasi di ferro colmi di consumismo e di solitudine.
Il “senso della fede”,quasi in “istinto spirituale” che permette di “sentire cum Ecclesia”, non potrà essere sopraffatto da indagini sociologiche o da opinioni maggioritarie. Il matrimonio è un tesoro da custodire, sempre.