Ero indaffarato a leggere, a scrivere, a comporre. Mi ero chiuso nella mia stanza.
Dovevo lavorare per due o tre giorni dal mattino presto fino a sera tardi. Mi bastava la luce da tavolo, le imposte serrate, tanto da non distinguere la notte dal giorno. Ero preso da carta, penna, assillato dalla tesi che dovevo al più presto finire e consegnare.
Ma ad un certo punto la luce della mia lampada andava e veniva. Avvertivo improvvisi abbassamenti di luminosità…e ciò disturbava e rendeva incerto il risultato del mio lavoro. Quasi spazientito me la prendo con l’Enel e afferro il telefono per lamentarmi dei disguidi del servizio. Ma invano.
Dopo oscillazioni sempre più frequenti la luce mancò definitivamente. Non rendendomi conto dell’ora, mi decido ad aprire le finestre. Un sole luminosissimo! Una luce senza confronti invade la mia stanza. Un panorama, un’aria fresca e salubre.
“Benedetta l’Enel che mi ha tolto la corrente!” – ho esclamato. Benedetta perché mi ha spinto ad aprire le finestre e godere della luce del sole; luce più forte di tutte le luci, di ogni faro, di ogni lampadina, di ogni candela. Eppure me ne ero privato. L’eccesso di lavoro, la fretta, la preoccupazione… mi avevano fatto accontentare d’una lampada da tavolo.
Quante volte Dio ci fa mancare la luce umana per aprirci alla sua.
Esci dall’uovo, o pulcino, e gusterai il concerto della vita.
Apri la crisalide, o bruco, e volerai: “Siamo nati a formar l’angelica farfalla”. Esci dall’angusto nido, o aquilotto, e volando abbraccerai il cielo.
Apri, o uomo, il guscio del tuo universo per scoprire cieli nuovi e terre nuove. “Apriti alla notte della fede e sarai illumonato dalla luce dell’Agnello”.
Ciao da p. Andrea
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