Un'amicizia ecumenica nata alle porte di Roma

La diocesi di Albano, per iniziativa di un suo sacerdote, ha messo una vecchia chiesa a disposizione di una comunità ortodossa rumena

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Il dialogo tra ortodossi e cattolici passa anche attraverso le piccole cose. E così la Chiesa di Roma apre le porte ai fratelli ortodossi, dando loro uno spazio di una vecchia chiesa, perché vi realizzino la nuova sede della loro parrocchia.

Accade a pochi chilometri da Roma, a Tor San Lorenzo, una frazione sul mare del Comune di Ardea. A far scoccare l’inizio di questa storia c’è un’amicizia nata dieci anni fa.

Protagonista è don Franco Ponchia, sacerdote padovano di 59 anni. Dall’allora vescovo di Albano Laziale, Agostino Vallini – oggi cardinale vicario della diocesi di Roma – è stato mandato a Tor San Lorenzo per guidare la comunità del territorio, dopo le sue esperienze nei comuni vicini.

Dieci anni fa conosce Corneliu Voinea, suo coetaneo e ispettore del metropolita ortodosso di Sibiu, in Romania. Complice di questo incontro è un giovane rumano, Daniel Ienciu, laureato in scienze religiose all’Angelicum, oggi 31enne studente del master in Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e tirocinante all’ambasciata rumena presso la Santa Sede.

Ienciu sarà il traduttore e il “mediatore” di tutti gli incontri. “Corneliu era il parroco di Daniel e dieci anni fa mi invitò da lui – spiega Don Franco – Durante il nostro primo incontro abbiamo riflettuto più volte sul nostro essere preti chiamati da Cristo e abbiamo avuto modo di pregare insieme e di cogliere gli aspetti di grazia che ci sono nelle due realtà, che poi, in sostanza, è una sola”.

“Ricordo ancora la prima preghiera fatta insieme in una primavera di dieci anni fa – prosegue il sacerdote -: fu un Padre nostro recitato in una Chiesa ortodossa, lui in romeno, io in italiano. Lo recitammo stretti per mano: eravamo in un paesino a 10 chilometri da Sibiu. Era circondato dal verde, e anche questo ci ha fatto sentire come se tutta la creazione partecipasse a quel Padre nostro”.

Don Franco racconta quell’evento con un po’ di commozione. Sorride e riflette su quel momento. “Pensammo a come la gente sia già pronta a camminare insieme – prosegue -. Il pensiero andò a quel grido “unitate, unitate”, che il popolo romeno fece a Giovanni Paolo II nel 1999”.

Dopo quella visita, venne Voinea a Roma. E qui iniziò un cammino nelle origini della cristianità, in una sorta di tour spirituale che li ha visti pregare alla tomba di San Paolo, poi a San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore.

“Ogni momento fu intriso di considerazioni, che riassumerei col salmo ‘ecco quanto è bello il soave che i fratelli vivono insieme”, dice don Franco. Nel cammino del sacerdote di Tor San Lorenzo, poi, arriva una nuova svolta. E venne direttamente dalla diocesi. Lui, che nel corso degli anni, aveva avviato questo dialogo con i romeni in Romania, alla fine si è trovato a dialogare con i romeni che aveva sotto casa.

È il 2014 quando viene chiamato dal responsabile dell’ufficio ecumenico che gli aveva chiesto di fare nella sua Chiesa un incontro proprio tra fedi diverse. La diocesi, dunque, non volendolo, aveva trovato la persona giusta, trovando terreno fertile. Durante l’estate viene così organizzato a Tor San Lorenzo, un incontro tra cattolici, ortodossi, protestanti ed ebrei.

In quell’occasione don Franco si incontra con padre Gavril Popa, cancelliere del Vescovo ortodosso delle Chiese romene in Italia e parroco di Santa Cecilia, la Chiesa ortodossa di Tor San Lorenzo. Gli ortodossi, da qualche tempo svolgevano le loro funzioni in un garage.

Padre Gavril invita don Franco a venire a vedere il loro tempio. E lì, come dieci anni prima in Transilvania, recita il Padre Nostro con il sacerdote ortodosso: risboccia così, allo stesso modo, una straordinaria amicizia e una forte collaborazione. Da quel contatto, nasce un confronto profondo che poi ha visto gli ortodossi chiedere aiuto ai cattolici.

Quel sottoscala, a pochi passi dalla chiesa cattolica, è troppo piccolo: tanti sono i fedeli e c’è difficoltà a partecipare alle funzioni, oltre che essere una spesa troppo grande per la comunità. Così, nasce la ricerca di un nuovo luogo dove realizzare il culto. E don Franco non molla. Propone una soluzione ai suoi collaboratori “che con entusiasmo hanno detto sì”, e poi parte da Tor San Lorenzo verso Albano. Lì parla con il vescovo, monsignor Marcello Semeraro.

La chiesa di San Lorenzo è un edificio molto grande e nuovo, in via di ultimazione, che è stato costruito tenendo al fianco la vecchia chiesa che ha visto crescere il quartiere nei decenni. Don Franco chiede a Semeraro, ufficialmente, di poter dare “temporaneamente” quello spazio agli ortodossi.

“Dopo una sua riflessione, ha dato il suo placet. Lo ringrazio perché abbiamo dato spazio ai nostri fratelli ortodossi, avviando un nuovo percorso ecumenico di comunità”, racconta il sacerdote.

Oggi, Padre Gavril e don Franco, sono impegnati in un unico obiettivo “contagiare di gioia i fedeli nella gioia del cammino condiviso”, spiega. Lo fanno anche partecipando ad attività comuni, come quelle della Pasqua. Per quella ortodossa, quest’anno, don Franco ha partecipato alle cerimonie insieme al procuratore generale dei Paolini, don Alberto Fusi, con una veglia che li ha visti fare una processione attorno all’isolato e a una liturgia con oltre 700 persone. E per la Pasqua cattolica, padre Gavril ha partecipato alla veglia di preghiera. Momenti comuni, condivisi come quei Padre nostro recitato insieme. Uniti, nel nome di Cristo.

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Giampiero Valenza

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