Né docenti, né maestri ma testimoni!

Si è concluso a Lodz il congresso del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee sul tema “Essere e diventare responsabili della vita”

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Com’è possibile aiutare gli studenti universitari a scoprire e a vivere la pienezza della vita del Vangelo, a essere e diventare responsabili nella vita? È quanto si sono chiesti gli oltre cinquanta delegati di pastorale universitaria delle Conferenze episcopali in Europa convenuti insieme a gruppi di studenti provenienti da tutta la Polonia a Lodz (Polonia) per riflettere e scambiare attorno al tema della formazione alla responsabilità dei giovani universitari.

Nella quattro giorni di lavoro (16-19 aprile) di Lodz, vescovi, direttori di pastorale universitaria, cappellani, e responsabili di associazioni si sono confrontati attorno al tema Essere e diventare responsabili nella vita. L’incontro, che ha visto la partecipazione di diversi esperti ed è stato arricchito da numerose testimonianze e dai lavori in gruppo, è stato organizzato dalla Sezione ‘università’ della Commissione CCEE per la catechesi, la scuola e l’università, guidata da S.E. Mons. Marek Jedraszewski, Arcivescovo di Lodz. Tra i relatori anche il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica.

A 20 anni dalla pubblicazione dell’enciclica di San Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, si constata che la vita nella sua interezza chiede attenzione oggi quanto nel 1995. Il Papa esortava allora a far crescere sia la consapevolezza della Chiesa in quanto ‘popolo della vita’ sia la sua responsabilità, affinché in virtù della sua testimonianza cresca  ‘un popolo per la vita’ – ‘un popolo pro life’ nel mondo, ma soprattutto in Europa.

È l’esperienza dei partecipanti stessi al Congresso che, parlando prima della responsabilità della persona nei confronti di se stessa, poi in relazione agli altri, hanno ribadito che non è possibile parlare della vita umana senza fare riferimento a Cristo. Solo nella luce del suo amore, la vita trova il suo vero senso; questa scoperta porta ad abbracciare la responsabilità per la vita.

Il periodo universitario è insieme un tempo di prova e un’opportunità per lo studente universitario. La cultura liquida in cui i giovani di oggi vivono non facilita l’assunzione di responsabilità perché non porta a forme di stabilità nella loro vita. Lo studente è spesso imprigionato “nella trinità dell’io, del sé e del se stesso”.

È l’immagine della “bolla”, evocata dai partecipanti che richiama l’attuale cultura del selfie, dell’autoreferenzialità, che racchiude gli studenti in un solipsismo narcisistico e che li rende incapaci di aprirsi all’altro e a Dio. Compito degli operatori di pastorale universitaria è quindi di far scoppiare la bolla e aprire le menti e i cuori degli studenti alla trascendenza, al vangelo di Gesù.

Allo stesso tempo, affinché l’esperienza universitaria diventi un tempo di arricchimento non solo in termini intellettuali e professionali, ma anche un tempo di crescita spirituale è necessario che lo studente possa coltivare il proprio io personale, il rapporto con gli altri e con Dio. Per fare ciò, i partecipanti hanno usato l’immagine della ‘barca’. La barca vuole essere un invito a uscire dall’autoreferenzialità e ad andare in mare aperto, per affrontare le insicurezze della vita e imparare a navigare sui venti e le correnti dell’esistenza. La barca è una metafora della Chiesa, la comunità dei fedeli, dove gli studenti possono trovare nutrimento e sostegno.

Dai lavori emergono alcune “parole chiavi” che possono ispirare l’attività di quanti operano oggi a servizio del mondo universitario.

Accompagnamento: l’educatore non deve dare delle risposte immediate, ma aiutare lo studente ad ascoltare la ‘risposta’ che già cresce nel suo cuore, a dare spazio all’ascolto della propria coscienza. In questo senso, non bisogna che l’educatore sappia solo cosa dice la chiesa su determinati temi, ma sappia anche dire loro il perché di alcune affermazioni.

Comunità-casa: i partecipanti hanno sottolineato l’importanza che le cappellanie universitarie diventino una “casa” per diventare cristiani adulti, per vincere la solitudine in cui spesso vivono. Laddove sono presenti i collegi universitari, essi costituiscono vere e proprie palestre di vita adulta. Il collegio universitario apre a una vera responsabilità personale e alla socialità, a entrare nella vita in modo autonomo e adulto.

Testimonianza: per comunicare Cristo, come presenza viva, nella vita degli studenti, perché si possa fare vedere come il vangelo può incontrare e interagire con la vita dei giovani ed evitare che la fede venga percepita come una “dimensione astratta del pensiero” che sembra non aver nulla a che fare con la vita e la riflessione accademica, non sono necessari docenti, né maestri ma testimoni che sappiano mostrare coerenza tra quanto predicano e la loro vita. I giovani universitari hanno bisogno di autenticità.

Insomma dal Congresso CCEE, emerge l’idea che la responsabilità, in ambiente cristiano, è sempre intesa come responsabilità per se stessi, per l’altro e nei confronti di Dio. Solo questa responsabilità vissuta con coerenza è testimone di quel popolo della vita che può fare fronte all’attuale cultura della morte.

Nel corso dell’incontro, i partecipanti hanno potuto approfondire il tema della vita nell’eredità cristiana della diocesi Lodz, città di martiri e di santi, ove ha preso avvio il cammino di santità di San Massimiliano Kolbe e di Santa Faustina Kowalska. I partecipanti hanno voluto anche rendere omaggio a quanti l’infanzia e la vita sono state negate, ieri e oggi, visitando l’unico campo di concentramento nazista per bambini polacchi e il museo “Radegst” dedicato allo sterminio degli Ebrei a Lodz durante la Seconda Guerra Mondiale.

I lavori si sono conclusi, domenica 19 aprile, con la celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Zenon Grocholewski con la comunità locale nella cattedrale di Lodz.

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ZENIT Staff

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