Offriamo il testo del saluto rivolto dal Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, al presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, in occasione della sua visita questa mattina a papa Francesco.
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Signor Presidente,
Ho l’onore di salutarLa rispettosamente e cordialmente, e di presentarLe i Capi delle Missioni Diplomatiche accreditate presso la Santa Sede. Essi, consapevoli dell’importante momento, Le porgono per mio tramite il più sentito benvenuto e desiderano formularLe i sensi della loro considerazione per il nobile ed elevato servizio al quale solo poco più di due mesi fa Ella è stata chiamata.
Mi permetta, Signor Presidente, un breve sguardo al passato che induca a qualche utile riflessione. Un secolo fa l’Italia fu coinvolta nel primo grande conflitto mondiale del XX secolo. Fu un’esperienza tremenda. Papa Benedetto XV la definì “inutile strage”. L’evento, pur tragico, vide la Chiesa e i cattolici italiani adoperarsi in modo fattivo e solidale per allievare le funeste condizioni in cui la Nazione si era venuta a trovare. L’aiuto pervenne a tutti, indistintamente: feriti, invalidi, vedove e orfani. Non mancarono esempi di eroismo, di vera condivisione e di partecipata sofferenza da parte dei sacerdoti e dei religiosi che accompagnavano i militi – ricordo tra questi Don Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII ora Santo, che svolse il suo servizio nel Corpo sanitario militare – nonché delle religiose che li assistevano nella convalescenza. Non pochi cappellani persero la vita proprio al fronte e nelle trincee. Fu certamente una drammatica esperienza dalla quale però lo spirito cristiano emerse, quasi naturalmente, come elemento di solidarietà e di coesione. Quelle esperienze contribuirono al riavvicinamento tra la Chiesa e lo Stato così che fu possibile, attraverso anche più articolati colloqui, giungere dopo circa un decennio alla stipula del Concordato Lateranense e del Trattato del Laterano. Il primo definì la condizione giuridica della Chiesa in Italia, e il secondo diede vita allo Stato della Città del Vaticano e garantì alla Santa Sede l’esercizio della sua missione nel mondo. A cento anni di distanza da quegli eventi non mancano motivi di profonda apprensione per la sofferenza di non poche popolazioni del mondo, ferite da instabilità sociale e da guerre cruente. Di fronte a tali scenari, spesso drammatici, è utile richiamare alla memoria il felice percorso compiuto tra noi in questo secolo e lasciarcene ammaestrare: è utile tornare ad ispirarci a quella Carità fattiva, che per noi ha il volto di Cristo, in forza della quale le braccia si sono aperte, con intelligenza e lungimiranza, verso tutti, senza distinzioni, è rinata la stima tra coloro che erano avversari, è sorta la volontà di riconciliarsi, di stabilire buone relazioni e di dar vita ad una collaborazione per il bene dei singoli e della comunità tutta. Chiesa e Stato, lo sappiamo, operano per i propri fini con i mezzi che sono loro consoni, ma entrambi vogliono cooperare per il bene della persona e della società. Sono certo che questo modello è oggi guardato con interesse sempre più vivo anche oltre i confini italiani. E ciò avviene pure attraverso la preziosa e competente testimonianza dei Rappresentanti diplomatici degli Stati e delle Organizzazioni Internazionali presso la Santa Sede.
Anche nell’ambito culturale, forse uno dei più rappresentativi delle intime connessioni che intercorrono tra la Chiesa e l’Italia, si manifesta con particolare evidenza il contributo che la fede cristiana può offrire ai popoli del mondo. Ricorre quest’anno il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, tra i massimi esponenti della lingua e della letteratura italiana. L’Alighieri espresse le sue altissime doti di intelligenza, cultura e fede fino a concepire la Commedia, un monumento della produzione letteraria italiana. In essa Dante, libero da ogni committenza ecclesiastica ma ancorato a una solida fede, ha affrontato i massimi temi della vita dell’uomo e li ha intrecciati alla realtà. Per il Dante della Commedia, è stato detto, la felicità del singolo non si può disgiungere da quella degli altri, sia su questa terra, sia nella destinazione che la vita umana ha in quella eterna. E del resto, il suo stesso impegno per la polis fiorentina è vissuto con profondo amore per la città che gli diede i natali, ma senza che questo si muti in un municipalismo egoista ed autoreferenziale. Anche il suo rapporto con il Papato è stato sofferto ma ben consapevole della posta in gioco. Molto si potrebbe ancora dire del sommo Poeta, ma tanto basta per assicurare, se ce ne fosse bisogno, che la fede cristiana trasforma le persone e le rende più umane e sa immettere nelle opere un messaggio universale, accessibile e apprezzabile da tanti, rendendo così più civile il consorzio umano. Ed anche qui, nell’ambito culturale, questo Eccellentissimo Corpo Diplomatico che, per la ristrettezza del territorio vaticano risiede in Italia, gode, riflette e fa propri i tesori di vera bellezza artistica e culturale, espressione anche delle fede cristiana, che impreziosiscono ogni angolo d’Italia.
Signor Presidente,
Sappiamo che le responsabilità di chi regge nel grado massimo la cosa pubblica non sono lievi, ma chi crede sa pure che non mancano mai celesti ed adeguati ausili alle funzioni che si ricoprono: a nome del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e mio personale, auguri dunque per la sua Missione e grazie per questa Sua visita in Vaticano!
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