Giupì era il nome d’un personaggio che ricorreva con una certa frequenza nei racconti di Franco, il nostro professore di italiano.
Di Giupì, appunto, si racconta che era un assiduo frequentatore di convegni, raduni, congressi. Si presentava puntuale all’apertura, ne riceveva la cartella con le annotazioni, gli schemi dei discorsi. Ma solo la prima giornata riusciva ad essere fedele alle lunghe e interminabili sedute; ma quelle conferenze gli mandavano il cervello in fumo.
A chi lo esortava a partecipare per tutti gli otto giorni sbottava: “Me so mia ignit al congres…; me so ignit a mangià e bif”. (Non sono venuto al congresso, ma a mangiare e a bere).
Ogni volta che con me partecipava a profonde meditazioni e commoventi riflessioni, l’amico Ferrai, a metà del guado, mi sussurrava con segni di impazienza: “Andrea, andiamo al dunque!”
“Spiegami; che vuoi dire con “andiamo al dunque”?”
“Voglio dire che ho portato con me pane e salame di quello buono, da mangiare negli intervalli. Andiamo”.
Spesso così mi introduco quando parlo ad amici “amici”: “Spero che siate venuti non ad ascoltare parole, fumose riflessioni, argomentazioni che ingolfano il cervello e lasciano lo stomaco vuoto, ma a… “mangiare e a bere”, ad andare al dunque.
Il dunque!: Non chi ascolta la parola di Dio è cristiano; ma chiunque la mette in pratica e ne fa gioiosa e liberante esperienza. Il cristiano non è un “mangiaparticole”, cristiano è chi, cibandosi dell’eucaristia, ama talmente il prossimo da donargli la vita, da lasciarsene mangiare.
Se andate al dunque tutti “vi riconosceranno miei”.
Ciao da p. Andrea
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