L’umiliazione non è in sé una cosa negativa. Lo è soltanto se vissuta come fine a stessa; se invece viene offerta al Signore, ci rende più simili a Gesù Cristo. Lo ha detto papa Francesco durante l’omelia di stamattina alla Casa Santa Marta.
Punto di partenza della riflessione odierna del Pontefice è stata la prima lettura (Ap 5,34-42), che mette in luce il contenzioso tra gli Apostoli e i dottori della legge.
Tuttavia, Gamaliele, uno dei farisei, suggerisce agli altri componenti del Sinedrio di lasciarli agire perché, se la predicazione degli Apostoli “fosse di origine umana verrebbe distrutta”, mentre, se fosse di origine divina, verrebbe premiata.
Il criterio divino, quindi, ha spiegato il Santo Padre, è quello di dare “tempo al tempo”. È lo stesso atteggiamento che ognuno di noi dovrebbe avere, quando avverte nel suo cuore “cattivi pensieri contro gli altri, cattivi sentimenti”, “antipatia” o addirittura “odio”. Tali moti dell’animo vanno dominati e soffocati; se invece una persona reagisce “nel momento della furia”, manifesta un atteggiamento “ingiusto” e farà “male a se stessa”.
Quando si cova un risentimento, è quasi sempre inevitabile che esploda e degeneri “nell’insulto” e “nella guerra” e quando siamo ostili agli altri, “lottiamo contro Dio”, il quale, al contrario, per noi vuole solo l’amore.
Di fronte a sentimenti malvagi, quindi, dobbiamo fermarci e dare “spazio allo Spirito Santo”, perché “ci faccia arrivare al giusto, alla pace”, come fecero gli Apostoli, quando lasciarono il Sinedro “lieti” di aver patito “oltraggi per il nome di Gesù”.
Mentre l’orgoglio mette voglia di “uccidere gli altri”, l’umiliazione, al contrario, “ti porta a somigliarti a Gesù”. Il Papa ha quindi fatto accenno ai tanti “fratelli e sorelle” che oggigiorno vengono “martirizzati per il nome di Gesù” e provano “la letizia di aver sofferto oltraggi” e “anche la morte” in Suo nome.
Se vogliamo fuggire l’orgoglio, quindi, l’unica strada è quella di “aprire il cuore all’umiltà e all’umiltà non si arriva mai senza l’umiliazione”: non è qualcosa che si comprendere “naturalmente” ma è “una grazia che dobbiamo chiedere”.
La via dell’umiliazione comunque non passa necessariamente per il martirio ma è percorsa anche da tanti uomini e donne che quotidianamente si umiliano “per il bene della propria famiglia” e “chiudono la bocca, non parlano, sopportano per amore di Gesù”.
L’umiliazione in senso cristiano, ha ribadito Francesco, non è “bella” in sé, altrimenti sarebbe “masochismo” ma è tutta nell’imitazione di Gesù Cristo. Se la “chiusura” porta “all’odio, all’ira, a voler uccidere gli altri”, l’apertura a Dio permette di sopportare le umiliazioni, “anche quelle forti” ma con uno spirito di “letizia interiore”, perché si ha la sicurezza di “essere sulla strada di Gesù”.