Volge alla conclusione il Congresso internazionale per i formatori dei religiosi, promosso dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Apertosi mercoledì scorso con una veglia nella chiesa di San Gregorio VII a Roma, il Congresso riunisce circa 350 ordini religiosi e congregazioni e culminerà con l’udienza con papa Francesco, prevista per sabato mattina. Si concluderà, poi, con un incontro interdicasteriale, con la partecipazione di tre congregazioni pontificie: la Vita Consacrata, il Clero e l’Educazione Cattolica.
A margine dei lavori del congresso, ZENIT ha intervistato uno dei principali artefici dell’evento: monsignor José Rodríguez Carballo OFM, segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata.
Eccellenza, chi sono i partecipanti a questo evento?
Siamo riuniti a Roma per celebrare il primo Congresso Internazionale dei formatori, che sono venuti da tutto il mondo e hanno la responsabilità di formare i giovani candidati alla vita consacrata e religiosa. Si tratta di una conferenza che riunisce circa 1.500 persone da tutto il mondo: i partecipanti di lingua inglese sono 500, gli ispanofoni circa 400, il resto parlano altre lingue.
Qual è l’obiettivo del Congresso?
In conformità con l’Anno della Vita Consacrata, abbiamo tre obiettivi principali: guardare al passato con gratitudine; vivere con passione il presente; abbracciare il futuro con speranza. Questa operazione rientra pienamente nel desiderio del Santo Padre di una “chiesa in uscita” e di una vita consacrata indirizzata verso le periferie dell’esistenza e del pensiero umano.
Il Santo Padre insistite molto sul discernimento vocazionale…
Da sempre si parla della necessità del discernimento vocazionale. E il Santo Padre insiste molto su questo elemento, come un’esigenza specifica dei tempi attuali, perché a volte si confonde la conversione a Cristo, con la vita consacrata. Sono due cose differenti: una cosa è l’opzione per Cristo, che è il nucleo fondamentale della fede, altra cosa è la vita consacrata. Quindi è necessario il discernimento per capire se vi è una chiamata di Dio a questo modo specifico di essere seguaci di Cristo o se invece si tratta di una semplice sensazione. Allora c’è bisogno di tempo, di sostegno, di preghiera e della volontà di accettare la volontà del Signore.
Con che spirito torneranno ai loro paesi questi 1500 formatori?
Usciranno da questo congresso con rinnovato slancio, vedo già che sono contentissimi. La conferenza permette, tra le altre cose, di prendere coscienza del dono di essere formatori. E non sempre è facile vedere la formazione e il ministero dei formatori come un dono. Posso comunque raccontare la mia esperienza personale: quando ci si mette completamente a disposizione del Signore e degli altri si arriva a scoprire che essere formatori è un grande dono della vita. Non avrei mai immaginato che avrei fatto il formatore per 16 anni, non era mio desiderio, avrei preferito altre strade. Invece, il Signore, attraverso i miei superiori, mi ha chiamato a sviluppare questa missione. Ed oggi, guardandomi indietro, mi rendo conto che tutto questo, dopo la fede, la vita e la vocazione, è stato il più grande dono che ho ricevuto.
Domani avrete l’incontro con papa Francesco: quali sono le vostre aspettative?</strong>
La parola del Santo Padre ci spingerà a diventare sempre più responsabili della nostra missione. Penso che sarà apprezzabile e impegnativa, perché il Santo Padre non fa senza sconti, vale a dire che ci aspettiamo da lui una buona parola, adeguata all’attuale momento.