In merito alla proposta di riforma della scuola, ZENIT ha intervistato Suor Anna Monia Alfieri, plurilaureata, presidente della FIDAE Lombardia, Legale Rappresentante dell’Ente Istituto di Cultura e Lingue Marcelline in Milano, dal mese di giugno 2013 collabora nel Gruppo di Studio Sistema scolastico di istruzione e formazione integrati costituitosi per la I commissione camera dei deputati Affari Costituzionali, e la VII commissione camera dei deputati Cultura, Scienza e Istruzione. Per la sua competenza e formazione è considerata a ragione una delle voci più autorevoli e accreditate nel panorama della scuola italiana oggi.
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Nei cortei si critica il governo che sostiene la scuola cattolica per lo sgravio fiscale di 400 euro. Che ne pensa?
Dal 1948 ad oggi si è assistito alla discriminazione degli allievi, figli di famiglie che, volendo caparbiamente esercitare il diritto alla libertà di scelta educativa, che fa parte dei Diritti Umani, hanno affermato questa libertà indirizzandosi verso la scuola pubblica paritaria. Discriminazione che appare feroce verso i figli dei poveri, che non possono scegliere. E’ proprio la nostra Repubblica che ha riconosciuto loro questo diritto all’Art. 3 della Cost., in un pluralismo educativo all’art. 33; l’Europa, con le Risoluzioni del 1984 e del 2012 lo ha espressamente richiesto; la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo rivendica la libertà di scelta educativa sia per l’individuo che per la famiglia.
La libertà di scelta educativa può esercitarsi solo ed unicamente in un pluralismo educativo come sancito dalla Costituzione italiana all’art. 33 e all’art. 118 “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”. Dunque, mentre si è evidenziato che pubblico è ciò che è fatto per l’interesse pubblico, quindi non implica necessariamente e solo la gestione statale.
Chi non intende le ragioni del diritto, intenderà quelle dell’economia: le famiglie che scelgono la scuola pubblica paritaria pagano e le tasse per la pubblica statale e le rette per formare i loro figli. Dunque, triplo vantaggio: 1) offrono un gettito di imposta per la scuola statale a fondo perduto; 2) fanno risparmiare ben sei miliardi di euro allo Stato, costituenti un’entrata a fronte della mancata spesa, e 3) formano per la collettività cittadini in grado di produrre ricchezza con il loro lavoro. Attualmente, i cittadini lavoratori formati dalle scuole pubbliche paritarie non sono costati una lira allo Stato: semplicemente lo arricchiscono. Dunque gli convengono.
Ma in una democrazia non possono esistere cittadini di serie A e di serie B. Pertanto ben venga la detrazione fiscale nel breve periodo, che si perfezioni speditamente verso il costo standard per allievo, fattore di efficienza e di sostenibilità nel buco nero della pubblica istruzione.
Detrazioni fiscali di massimo 400 euro annui per una famiglia della pubblica paritaria, a fronte del costo di un allievo alla scuola statale di ben 8.000 euro annui solo di spese correnti, mi pare una cifra ben meno che simbolica – seppur ribadisco garantisce un diritto in capo alla famiglia per la prima volta.
Entrambe le famiglie (della paritaria e della statale) hanno pagato le tasse per un sistema scolastico integrato e plurale. Poi, se quello che fa problema è che vi siano scuole cattoliche si dia alla famiglia la possibilità di scegliere e se nessuna di queste scuole sarà scelta, bene: avranno chiuso.
Se questi signori sono cosi certi della loro idea raccolgano la sfida che forse questo governo ha lanciato. Si badi bene: la laicità pura non teme mai il confronto e se non genera autentica libertà di scelta, smette di chiamarsi laicità e si chiama dittatura, monarchia assoluta.
L’homo ideologicus del corteo dichiari apertamente che l’individuo, la famiglia non ha il diritto di scegliere l’educazione per il figlio e pertanto non ne ha la responsabilità; quindi deve essere interdetta e lo Stato deve intervenire in sua vece.
La centralità educativa sembra poco evidenziata. Cosa si suggerisce per rimetterla al centro del sistema?
Non potrà farlo certamente un DDL. Potremmo riporla al centro se avessimo tutti il coraggio di ricollocare la famiglia quale cellula fondante alla base della societas; una famiglia soggetto del diritto, messa in condizione di orientare a proprio favore le scelte educative, culturali, sociali, economiche, politiche. La scuola pubblica (paritaria e statale) si deve preparare ad “essere scelta” dalla famiglia e quindi dovrà avere una propria identità nell’assoluto rispetto degli standard dettati dallo Stato garante. Ma finché la famiglia sarà considerata un mero strumento da sfruttare per politiche di mercato e sociali utili ad un sistema di “sussidiarietà al contrario” (la famiglia sostiene lo Stato e non viceversa, come dovrebbe essere), nessun ddl potrà ridare senso all’educazione. Si restituisca da parte di ciascuno di noi, chiesa, politica, economia, scuola, la dignità alla famiglia riconoscendole quel ruolo educativo defraudato da tante logiche miopi e da tanti compromessi
Le nuove tecnologie saranno veramente il futuro della scuola?
Credo delle nuove tecnologie nella misura in cui saranno strumenti, mezzi e non fini. Spesso noi viviamo di mode che passano,ma sui ragazzi non possiamo rischiare. Le nuove tecnologie, in sé, non sono solo il futuro della scuola, ma della società civile. Già sono in uso dappertutto. Si pensi alle transazioni e agli acquisti online, all’uso degli smartphone. Non parliamo di chi, come la sottoscritta, opera in campo amministrativo e gestionale… Vivo di pane e schermate di bilanci. Per fortuna anche di Altro… Ma la tecnologia non deve essere sdoganata come l’eccellenza di una scuola. Dovrà essere uno degli elementi di normalità e neppure ciò di cui vantarsi. La classe della primaria 2.0 mi fa paura se non è accompagnata da docenti ben preparati, equilibrati, consapevoli del loro ruolo educativo, edotti sulle radici identitarie della propria scuola, disponibili al dialogo costruttivo con la famiglia, collaborativi nella propria équipe socio-educativa…
Mi sono spesso domandata se l’utilizzo dei tablet non sia spesso lo specchietto per le allodole e lo strumento di un inganno ulteriore per la famiglia. Il tablet è divertente, all’inizio, ma non è da questo strumento – sicuramente utile – che dipendono le sorti della cultura e della civiltà italiana. Le LIM sono strumenti meravigliosi,ma ho notizia di scuole che hanno dovuto aspettare un mese per ricevere la promessa assistenza tecnica per il piccolo guasto… Lascio immaginare quando le scuole hanno duemila alunni e 100 classi… Resta sempre valido il consiglio di tenere sempre una lavagna bianca con pennarelli cancellabili nelle classi!