Un "Castello nel cuore" per Teresa d'Avila

Il dramma di Michele Di Martino, interpretato da Pamela Villoresi, ripercorre l’itinerario spirituale della grande santa

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Ricorre quest’anno il quinto centenario di Santa Teresa d’Avila (1515-1582), la religiosa spagnola famosa in tutto il mondo per la riforma dell’Ordine Carmelitano. Una vita straordinariamente intensa, divisa fra la visionarietà mistica e l’incessante impegno per dare vita ad una serie di monasteri fondati sulla preghiera contemplativa. Un ideale che Teresa perseguì attraverso un proprio personale Cammino di perfezione (titolo emblematico di un suo libro), spesso entrando in rotta di collisione con le gerarchie ecclesiastiche.

Teresa d’Avila è considerata, tra l’altro, patrona degli scrittori. Perché scrittrice lei stessa e perché la sua esperienza biografica, basata sull’amicizia fra il Signore e la sua creatura, ha un’indubbia caratura di tipo letterario. Una valenza, appunto, che in occasione del quinto centenario della nascita, ha ispirato una bellissima trasposizione teatrale a cura di Michele Di Martino e Pamela Villoresi, rispettivamente autore ed interprete di Un castello nel cuore, dramma in versi che ricalca il titolo de Il castello interiore (1577), un’opera di indirizzo didattico che costituisce la “summa” dell’itinerario spirituale della grande santa.

Un castello nel cuore. Teresa d’Avila è stato proposto congiuntamente da Argot Produzioni, dal Movimento Ecclesiale Carmelitano e dalla Provincia Veneta dell’Ordine Carmelitano. La regia è di Maurizio Panici, con il contributo e il canto di Fabrizio Checcacci, Alessia Spinelli e dello stesso Panici. Le musiche originali sono del maestro Luciano Vavolo, l’impianto scenico di Carlo Bernardini, i disegni di Laura Riccioli, l’elaborazione grafica di Andrea Giansanti, i costumi di Lucia Mariani.

L’opera teatrale ha debuttato, con grande partecipazione e successo di pubblico, il 31 marzo 2015, presso il Palazzo della Cancelleria, sede romana della Sacra Rota, dove sarà replicata fino al 12 aprile. La tournee proseguirà poi in tutta Italia, con successive repliche che si terranno a Brescia (18 aprile), Orvieto (9 maggio), Verona (21 maggio), Trento (23 maggio) e Treviso (24 e 25 maggio).

La rappresentazione prende le mosse dalla grave malattia di Teresa (1538), che la condusse quasi in fin di vita. Non appena si spengono le luci in sala, lo spettatore è proiettato in un’atmosfera mistica che l’assorbe completamente e che non l’abbandonerà più per tutta la durata del dramma. Gli ingredienti scenici sono essenziali, quasi scarni, con una scenografia basata sugli effetti di luce e una colonna sonora che sottolinea l’atmosfera sacrale. Un impianto drammaturgico che costituisce lo sfondo ideale per l’esuberante personalità di Pamela Villoresi, grande signora del teatro italiano, attrice preferita di Strehler e interprete di film “cult”, come il premio Oscar La grande bellezza.

“Dal profondo e impenetrabile buio della scena iniziano gradualmente ad apparire dei raggi di luci diverse e confuse che arrivano da varie direzioni e poi si incrociano e si condensano nella parte centrale del palcoscenico”, recita il libretto di scena. “Si disegna e si sagoma la struttura di un diamante, come sorretto dalle stesse luci. Dentro questa forma figurata da un pallido chiarore, si trova Teresa. È coperta da un sudario che la vela, la avvolge interamente…”.

Segue un intenso dialogo di Teresa con l’amato padre, don Alonso De Cepeda, che costituisce lo spunto per intessere un ritratto biografico della santa e delle contraddizioni esistenziali che preludono alla sua “seconda conversione”: quella in cui darà vita al suo audace progetto riformatore. L’abile interpolazione di parole in lingua spagnola contribuisce alla musicalità della struttura in versi: “L’anima è un castello dentro al cuore, / un castello, un limpido cristallo, / hay muchas moradas como en el cielo, / che ha molte dimore come il cielo, / un diamante tersissimo, splendente, / con lati illimitati, sfolgoranti. / Solo l’orazione può salvarmi, / solo l’orazione è la mia chiave / per entrare, rientrare dentro me, / nel castello interiore del mio cuore”. Con queste parole Teresa sfugge alla morte e lo spettatore diviene consapevole della sua missione. Si conclude così il primo quadro.

Seguono altri sei quadri di affabulante bellezza che raccontano l’ascesi della santa: Teresa che rinuncia agli ornamenti per accogliere la povertà dell’Ordine carmelitano; Teresa che conversa con Francisco De Salcedo, suo intimo confidente, che la riterrà vittima di possessioni diaboliche inducendo in lei una grave sofferenza; Teresa che scrive alla nobildonna Guiomar de Ulloa, con la quale aveva stretto un’intensa amicizia; Teresa che si congeda con Girolamo Graciàn, un padre carmelitano divenuto suo direttore spirituale; Teresa che incontra Giovanni della Croce, fondatore dei Carmelitani Scalzi; Teresa “felicissima e in preghiera” che si congeda dalla vita terrena con queste parole: “O Signor mio, mio Sposo, ya es tiempo, / Senor y Dios mio, que nos juntemos, / è giunto il tempo che noi ci uniamo…”. Parole, quest’ultime, tradotte sulla scena con una figurazione d’estasi di rara potenza, che conclude magistralmente la performance della Villoresi.

I sette quadri sono l’occasione per rappresentare l’intero percorso mistico della santa, attraverso l’alternarsi di brani descrittivi e di soluzioni metaforiche affidate al linguaggio della poesia. “Dal giorno in cui, per la prima volta, capitai ad Avila, nel 1980, con una tournee del Piccolo Teatro, capii che era avvenuto un incontro, che da lì iniziava, per me, un cammino”, ha dichiarato Pamela Villoresi. “L’opera di questa donna piena di fede, amore, forza, umiltà e coraggio, mi metteva davanti alla mia inadeguatezza. Mi sentivo (come lei stessa descrive) ancora fuori dal castello interiore, dal diamante; ne intravedevo solo la luce e la complessità…”.

Per molti anni, la Villoresi ha inseguito il sogno di portare in scena la figura di Teresa d’Avila, proponendo la stesura del testo ad autori di chiara fama, che si ritrassero di fronte alla problematicità dell’impegno (“Davanti a Teresa mi casca la penna di mano!”, affermò il poeta Mario Luzi). Il connubio artistico è infine riuscito con Michele Di Martino, docente di lettere presso il Liceo Classico “Luciano Manara” di Roma, autore molto stimato dalla Villoresi e avvalorato da precedenti esperienze collaborative con la grande interprete. La prima reazione del pubblico è stata entusiasmante ed ha premiato i lunghi anni di ricerca e di attesa. Ora questa compagnia teatrale intende dare continuità ad uno spettacolo che, prima ancora d’essere una rappresentazione, è un atto d’amore e di empatica identificazione con la figura della santa: confidando in una ulteriore estensione della programmazione nel corso dei molteplici eventi che costelleranno il prossimo Giubileo.

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Massimo Nardi

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