“Auspico che la comunità internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la comunità internazionale non rivolga lo sguardo da un’altra parte”. È rimbalzato ovunque nel mondo l’ennesimo appello di Papa Francesco, levato ieri al Regina Coeli in favore dei cristiani perseguitati in particolare in Iraq e Siria.
“Questo messaggio del Papa, questo richiamo è molto apprezzato dai cristiani di qui e non solo dai cristiani”, ha dichiarato infatti mons. Mario Zenari, nunzio in Siria, ai microfoni della Radio Vaticana. “Credo sia un dovere di tutta la comunità internazionale di proteggere questi gruppi minoritari, che alle volte sono aggrediti con atrocità – ha detto il presule -. Qui c’è un dovere di tutta la comunità internazionale. E direi che questo ha incoraggiato, ha dato forza anche ai cristiani della Siria”.
Gli appelli del Pontefice hanno poi “un tocco particolare”, ha affermato mons. Zenari, ricordando le parole del Papa il giorno di Natale quando aveva menzionato per prima “l’amata Siria”: “Questo aggettivo fa molta presa sui cristiani di qui e, ripeto, non solo sui cristiani ma su tutti i siriani, che hanno una grande stima del Santo Padre”, ha detto.
Il nunzio inoltre ha preso parte questa mattina, a Homs, alla celebrazione in memoria di padre Frans Van der Lugt, l’anziano gesuita olandese assassinato nella città martire il 7 aprile di un anno fa. “Padre Frans – ha sottolineato nell’intervista – aveva scelto di rimanere con la popolazione che è stata sotto assedio per due anni, è stato assassinato un mese prima che la città di Homs venisse liberata. Questo esempio è davvero emblematico. Questa mattina, qui, prima di celebrare la Santa Messa, ho visto molta gente e – cosa che mi impressiona – moltissimi giovani e famiglie venute da diverse parti della Siria, non solo cristiani ma anche musulmani, che hanno stimato e amato padre Frans”.
“Venendo da Damasco (sono due ore di strada) – ha proseguito Zenari – si passa attraverso una zona desertica che proprio nei mesi di marzo ed aprile è coperta da una leggera coltre di verde. E io facevo questo pensiero: questi cristiani, questa gente che soffre, che dà la vita perché ama i propri fedeli, ama il proprio popolo, è come questi semi che anche se sono calpestati prima o poi germogliano. Questa, direi, è anche un po’ la speranza della Siria che sta vivendo un dramma tutto particolare: tanta gente e tanti innocenti che soffrono, vite spezzate come quella di padre Frans van der Lugt. L’importante è seminare semi di bontà, semi di non violenza, di rispetto della dignità umana e prima o poi questi germoglieranno e sarà veramente primavera, sarà anche la primavera araba”.
Raccontando infine comeha vissuto le feste di Pasqua la comunità cristiana di Damasco, l’arcivescovo ha spiegato di aver celebrato il Venerdì Santo presso la cattedrale greco-cattolico-melkita che “era strapiena di gente, di cristiani”. “Da tutte le parti della Siria, anche qui a Homs, ho sentito dire che mai come ora i cristiani riempiono le chiese”, ha soggiunto, “direi che la fede e la preghiera sono una grande forza contro il timore, contro l’ansia per il futuro, soprattutto dei cristiani”.
“E’ stata una Pasqua molto, molto sentita – ha concluso il nunzio -. Credo, infatti, che i nostri cristiani abbiano sentito molto la Passione del Signore Venerdì Santo. Tutti i siriani, cristiani, musulmani e di altre fedi, hanno dovuto cominciare un cammino di Via Crucis. Quante sofferenze, quante morti… Ora, ci si chiede a quale ‘stazione’ della Via Crucis siamo arrivati. Siamo arrivati alla 14esima, quella che precede la Risurrezione? Oppure, siamo ancora purtroppo a metà del cammino della Via Crucis? Questo è quello che pesa un po’ sull’animo dei cristiani e direi di tutti i siriani”.