Per il 46° anno di seguito si è rinnovata la tradizione della Via Crucis al Colosseo, inaugurata nel 1970 da Paolo VI. Attorno all’Anfiteatro Flavio, luogo per eccellenza delle persecuzioni anticristiane, la diocesi di Roma si è, anche questa volta, radunata attorno al suo Vescovo per meditare la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, preludio di tutti i martiri della storia cristiana, la cui attualità è stata uno degli argomenti centrali delle meditazioni, compresa quella finale di papa Francesco.
La Croce, vertice luminoso dell’amore di Dio che ci custodisce. Chiamati a essere anche noi custodi per amore è stato il tema della Via Crucis di quest’anno, i cui testi son stati curati da monsignor Renato Corti, vescovo emerito di Novara, e letti dai giornalisti Orazio Coclite e Francesca Fialdini. I canti sono stati eseguiti dal coro della Cappella Sistina, diretto da monsignor Massimo Palombella.
I temi delle meditazioni sono andati in armonia con le persone che hanno portato la croce nelle 14 stazioni. Alla famiglia è stata dedicata la preghiera al termine della IV Stazione (Gesù incontra sua madre), con richiesta di intercessione alla Vergine perché accompagni “il Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia”.
È stata proprio una famiglia numerosa (i coniugi Alessandro Faustini e Rita Angela Fiorentino, con i figli Diletta, Noemi, Letizia, Miriam, Michele, Gabriele) a portare la Croce, durante la II Stazione, mentre alla III è toccato ad una famiglia con figli adottivi (Francesco e Palma Serra con Rafaela e Vitor, adottati in Brasile). Anche nella IV Stazione, a portare la Croce è stata una famiglia: Antonio Langella e Maria Grazia Casalino con i figli Alba (accompagnata dal fidanzato Antonio Pagano) e Francesco.
La V Stazione (Il Cireneo aiuta Gesù a portare la Croce) è stata riservata all’UNITALSI, con la croce portata da Mariella Tranquilli, sorella di un malato, Mario Puglia, barelliere, e Marzia De Michele, malata.
Poi i rappresentanti dei luoghi di maggiore sofferenza per i cristiani: Suor Sundus Qasmusa e suor Susan Sulaiman, Domenicane di Santa Caterina da Siena, dall’Iraq (VI Stazione); Philip Astephan e Wael Salibe dalla Siria (VII Stazione);Leo Udensi e Charles Nwoke dalla Nigeria (VII Stazione); Malak Gergis e Maikel Hanna dall’Egitto (IX Stazione), Ivan Zhao e Qi Qiaosu dalla Cina (X Stazione).
Non sono mancati due Custodi della Terra Santa, padre Evenzio Herrera e padre Gianfranco Pinto Ostuni (XI Stazione) e le rappresentanti di due famiglie religiose: l’Istituto Secolari Maria Santissima Annunziata, con Suor Silvana Parmegiani e Suor Mariangela Addis (XII Stazione), e le Figlie di Nostra Signore della Pietà, Suor Francisca Adelaida Rosales Ildefonzo e Suor Ludy Fiorella Corpus Saldaña (XIII Stazione), giunte dall’America Latina.
A portare la Croce alla XIV e ultima stazione, il cardinale Vicario della Diocesi di Roma, Agostino Vallini, affiancato da due giovani per il sostegno delle torce: Irene Gaiardoni e Andrea Marcelletti.
A presiedere il rito, dalla terrazza del Palatino, adiacente la chiesa di Santa Francesca Romana, papa Francesco, che nella sua preghiera finale, ha fatto riferimento alla recente strage in Kenya e a tutte le persecuzioni subite dai cristiani nel mondo.
“La sete del tuo Padre misericordioso che in te ha voluto abbracciare, perdonare e salvare tutta l’umanità ci fa pensare alla sete dei nostri fratelli perseguitati, decapitati e crocifissi per la loro fede in te, sotto i nostri occhi o spesso con il nostro silenzio complice”, ha detto il Pontefice. “Essi non si vergognano della tua croce. Sono per noi mirabili esempi da imitare”, ha aggiunto.
“Nella crudeltà della tua passione, Signore – ha proseguito il Papa – vediamo la crudeltà delle nostre azioni. E tutti gli abbandonati dai familiari, dalla società, quanti sono privati della solidarietà. Nel tuo corpo ferito vediamo quelli che sono sfigurati dalla nostra indifferenza”.
In giornata, Francesco aveva diffuso un tweet per preparare spiritualmente i fedeli al Venerdì Santo: “La croce di Cristo non è una sconfitta: la croce è amore e misericordia”.
Il testo completo della preghiera finale del Papa si può leggere qui.