Prima Lettura At 2,14.22-33
[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così:«Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene –, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l’avete crocifisso e l’avete ucciso. (…) tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza”. (…) “questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione”.
Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».
“uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua”. Questo è un punto che ci permettiamo di sottolineare dedicandolo a quei nostri cattolici che, aderendo a una strana “fede” ritengono che la fede sia indipendente dai miracoli. O, peggio, che sia la fede a rendere “veri” i miracoli narrati nei Vangeli. Qui la Bibbia ci dice che Dio ha accreditato Gesù come Messia e quindi maestro di fede e del messaggio della nuova alleanza proprio per mezzo di essi. Non sono forse i miracoli, fenomeni che richiedono una causa soprannaturale per prodursi, a fornire alla intelligenza umana la sua base razionale per certificare che si è alla presenza del “dito di Dio”? Non era questo il collegamento che facevano i giudei dicendo “noi sappiamo che tu sei da Dio perché nessuno se Dio non è con lui può fare le cose che fai tu”? Non era ancora questo il collegamento che Gesù stesso invitava a fare per aprirsi alla fiducia quando disse “se non credete a me credete alle opere, sono esse che parlano in mio favore”?; oppure “se non avessi operato ciò che ho fatto sarebbero senza colpa”. E non sono forse i miracoli e le profezie i fattori analizzabili razionalmente su cui l’apologetica di millenni ha basato il valore condizionante dei praeambula fidei? Sì condizionante perché se di fronte alla evidenza si rifiuta di credere non si è esenti da colpa, dice il Vaticano II. E’ vero o no che prima di passare alla theologia revelationis, che presuppone già fondata la fede nel messaggio rivelato, il corso accademico nelle università pontificie richiede che si faccia precedere la theologia rationalis ove si accerta l’esistenza di tutto ciò che fa da base ragionevole alla fede come: il realismo della conoscenza, l’esistenza di Dio perfezione assoluta, creatore e remuneratore, il fatto storico della rivelazione, l’esistenza dell’anima spirituale (senza di cui non ha senso alcun rapporto religioso), la libertà e di conseguenza la responsabilità umana con tanto di criterio morale circa il bene e il male che pone l’uomo di fronte al dono di Dio, disprezzando il quale si viene da Lui sanzionati? E infine, se la base del credere fosse un fidarsi immotivato, frutto di una pura opzione, che differenza vi sarebbe mai tra la fede in ciò che è vero dalle fedi in ciò che sono miraggi e fantasie? Forse non è un caso che Giovanni Paolo II, criticando una fede basata sulla sola emotività, ha invitato a collegare la nostra Fides cattolica con la Ratio umana. Anche perché, escludendo questo collegamento, non si vede come si potrebbe mai convincere chi riteniamo essere nell’errore a ricredersi. Il nostro invito (emotivo) a fare una esperienza di fede fatta da noi e ritenuta coinvolgente, si scontrerebbe sul… contropiede dell’interlocutore che ci inviterebbe a fare altrettanto andando a sperimentare la sua fede. E questo avrebbero diritto a richiederlo tutte le 830 denominazioni religiose oggi esistenti in Italia, per non dire delle oltre 20.000 esistenti nel mondo.
“consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio”
Sì si tratta del disegno salvifico di Dio addirittura precedente la creazione del mondo. Chiariamo innanzitutto ai fratelli Testimoni che la “prescienza” di Dio per noi non equivale, come invece insegnano i loro capi, a “predeterminare” e quindi a condizionare costrittivamente il comportamento dell’uomo che resta libero e causa efficiente delle proprie scelte. Essi, pensando che la “prescienza divina” sia lo stesso che “predestinazione”, hanno temuto erroneamente che Dio si sarebbe reso correo del peccato di Adamo se lo avesse preconosciuto. Così che, per evitare questa responsabilità divina nel male, hanno insegnato che Dio conosce il futuro ma solo a discrezione cioè se vuole, e nel caso della futura scelta ribelle di Adamo, non ha voluto conoscerlo. E’ una dottrina assurda che, analizzata con acribia, porta a distruggere sia l’onniscienza che la stessa divinità del Creatore. La verità è invece che Dio (Trinità indivisibile nelle persone del Padre, Figlio e Spirito Santo) sapeva da prima della creazione che Adamo avrebbe peccato. Ed è da prima della creazione che Egli ha progettato la redenzione in Cristo, con valenza ben diversa dalla sola “riparazione”. La Chiesa ci ha visto un progetto dimostrativo dell’immenso amore di Dio per l’umanità e una “riparazione” estesa oltre il dovuto che avrebbe portato l’uomo decaduto “oltre l’antico onor” (Manzoni). No, non è pazza la Chiesa se nell’Exultet del Sabato Santo canta “o felice colpa che ci hai meritato un tale Redentore!”
“né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione… né la sua carne subì la corruzione”.
Quindi è realmente Gesù, il Gesù storico, il Santo di Dio come lo avevano inquadrato perfino i diavoli (…cf Marco 1,24) ad essere risorto dal sepolcro. La Bibbia dunque è diametralmente opposta all’insegnamento geovista secondo il quale la carne di Gesù avrebbe subito la corruzione o perfino la disintegrazione, come ha ipotizzato Russell, per lasciar posto al “corpo spirituale” di una controfigura del fu Michele arcangelo.
“Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso”. A quanto pare, secondo la parola ispirata di Pietro, si tratta di eventi già accaduti quando lui parlava. Perché mai allora il CD dei TG insegna che Gesù non fu innalzato subito alla destra di Dio (il che indica la presa del suo potere regale) ma dovette aspettare il 1914 per passare dallo “sgabello” al trono?
Seconda Lettura 1Pt 1,17-21
Carissimi, se chiamate Padre (…) Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.
“Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo”. Sì, qui non si trattò solo di “prescienza” divina ma anche di “predestinazione”, da intendere come autopredestinazione, cioè di un liberissimo disegno d’amore deciso da Dio-Trinità perché attuato senza il concorso dell’uomo. Dio ci ha preceduto e continua sempre a precederci nelle sue iniziative salvifiche, e lo fa sia che l’uomo le gradisca sia che le rifiuti, perché così funziona l’Amore, non chiede all’amato il permesso per amarlo. L’amato ha solo, da parte sua, la libertà della accettazione o del rifiuto dell’Amore che gli si dona. E ringraziamo Dio che le cose funzionano così! E’ su questa base che la Chiesa proibisce di pensare di qualsiasi persona concreta che sia finita in perdizione. Dio
può (è una ipotesi teologica moderna niente male ed estremamente misericordiosa) recuperare al suo amore le sue creature perfino nell’istante atemporale della morte, offrendo loro una opzione finale di abbracciare o respingere il Redentore in piena lucidità. (cf LADISLAUS BOROS, Esistenza redenta)
Vangelo Lc 24,13-35
(…) Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. (…) Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti (…) Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. (…) dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». (…)
Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo… Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Su questo punto sembra – ma solo semplificando! – che il pensiero della WT coincida con quello di alcuni nostri esegeti. Sono cioè entrambi sicuri che Gesù si presentasse sotto mentite spoglie, così che erano questi suoi… travestimenti a impedirne il riconoscimento. I nostri teologi aggiungono la sfumatura che sarebbe la fede a permettere il riconoscimento del Cristo glorificato, perché ormai immerso nel mondo dello Spirito e non più cittadino terrestre. Il geovismo forse, equivocando, plaudirebbe strumentalizzando questa veduta come se si ammettesse la dottrina geovista del “corpo spirituale” angelico di Michele che “materializzava” le fisionomie che voleva!
Nulla di così astruso! La Bibbia non dice che Gesù aveva cambiato fisionomia ma semplicemente che erano gli occhi dei due discepoli ad essere impediti dal riconoscerlo. Gesù, come Dio, aveva certo il potere di farsi riconoscere da chi voleva e quando voleva, ma non sembra che facesse dipendere il riconoscimento da un atteggiamento interiore di fede o non fede dei recettori, bensì dalla rimozione di un impedimento che egli causava alla loro facoltà visiva. Infatti non risulta che in ogni caso fosse così. Ci sono sia passi, come quello con l’incontro con la Maddalena, con i discepoli sul lago (peraltro lontani) e di questo dei due discepoli di Emmaus che parlano di incapacità di riconoscerlo, ma ve ne sono altri che non accennano ad alcuna difficoltà circa il riconoscimento (vedi ad es: Matteo 28,9 e 17; Marco 16,14; Luca 24,37 ove, anche se credevano di vedere un fantasma, si trattava comunque del fantasma con la fisionomia di Gesù; e Giovanni 20,19-20). Insomma il Vangelo non ci costringe ad elucubrare circa la fede soggettiva di ciascun discepolo, fede che del resto non era certo del tutto superlativa in tutti e avrebbe sicuramente prodotto ad ogni apparizione degli “è lui!” e “non è lui!” contrapposti.
“con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute”.
Quindi i due discepoli facevano allusione esplicita alla risurrezione dello stesso Gesù storico che, secondo loro, non sarebbe avvenuta solo perché non si era manifestata. Siamo dunque ad una ennesima sconfitta dell’ipotesi geovista che vuole assolutamente sostituire Michele a Gesù. Questa sostituzione (lo avevamo promesso e lo spieghiamo ora) si basa sulla errata esegesi del passo paolino che dice: “carne e sangue non possono ereditare il Regno di Dio né ciò che è corruttibile può ereditare l’incorruttibilità” (cf 1 Corinti 15,50). E insieme sull’altro che lo precede “viene seminato corpo fisico ma risorge corpo spirituale” (vv 42-44). Il CD mostra di ignorare che l’espressione “carne e sangue” in San Paolo sta ad indicare l’uomo nella sua debolezza carnale, nella sua situazione di peccatore, e anche il fatto che il Regno di Dio non si conquista con le proprie forze ma si ottiene in dono per forze impiegate a comportarsi correttamente, da giusti, davanti a Dio. Quindi equivoca ritenendo che Paolo dicendo “carne e sangue” alluda ai muscoli, ossa, sangue, nervi, di un corpo terrestre, concreto, come quello che si ha da vivi su questa terra. L’altro passo che accenna al “corpo spirituale” viene pure equivocato perché invece di accettare che il corpo normale, con la risurrezione venga trasfigurato e spiritualizzato (come è successo a quello di Gesù che ha trapassato le bende!) debba essere sostituito, per permettere al soggetto di andare nel Reame dei Cieli. Il corpo fisico sarebbe destinato alla corruzione e annullamento perpetuo, sostituito da un corpo di natura angelica, creato a bella posta da Dio. Noi invece stiamo al Vangelo ove Gesù, con le sue apparizioni, ha insistito per far capire che con la resurrezione si era portato appresso proprio il suo corpo crocifisso. E stiamo con San Paolo che ha spiegato il senso di “corpo spirituale” analogandolo a quello del Cristo risorto. Quindi i corpi, seminati corruttibili, con la risurrezione vengono trasfigurati in corpi gloriosi; dizione misteriosa che comunque indica sia l’acquisizione di una dimensione superiore a quella naturale umana, sia il mantenimento della identità storica colpita dalla morte. Ed è Filippesi 1,20 ad assicurare che tutti i credenti che morranno in Cristo riceveranno da lui la stessa trasformazione che ha ricevuto il di lui corpo reso glorioso. Un corpo sul quale la morte non ha più alcun potere (cf Romani 6,9).
«Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!» E come non vedere infine in questa apparizione privata a Simone uno dei molti cenni di supremazia di Pietro sugli altri apostoli? Non costituisce forse essa una conferma implicita del primato petrino che la nostra Chiesa spiega assegnato da Gesù al detentore delle “chiavi” e ai suoi successori per il servizio all’unità della Chiesa e come preminenza nella carità?