La vecchiaia bipolare secondo Picasso

Un’analisi degli autoritratti del celebre artista prodotti negli ultimi anni della sua vita

Share this Entry

A ottanta anni Picasso è descritto ancora giovanissimo da Carlo Levi: “Il tempo ha lavorato per Picasso, (….) ottant’anni: è la vecchiaia. Ma che fisicamente, sembra quasi non l’abbia toccato. La sua immagine è, forse più di prima, quella di un giovane, pieno di indeterminata energia, di potenza pura e sconfinata. Addirittura, talvolta, è quella di un bambino. Si direbbe che Picasso di fronte alla realtà sia come un bambino di fronte alla madre, per la quale ogni più semplice esclamazione o grido o interiezione o parola del figlio non è incerta o casuale o oscura, ma comprensibile, amabile, e, in qualche modo, sacra. Sì, il mondo accetta e venera e fa proprie le forme di Picasso come una madre le quotidiane conquiste espressive del figlio.  Questo rapporto mi è parso singolare, ma mi è chiarito soltanto ora che Picasso ha ottat’anni, e che il tempo ha lavorato per lui.”

E’ impressionante la quantità di opere prodotte da Picasso negli ultimi anni della sua vita, lavorando instancabilmente e con una concentrazione ininterrotta fino al giorno della sua morte. Quadri eseguiti “fulmineamente”, a volte in modo approssimativo e a grandezza naturale, come se il pittore fosse spinto da una smania compulsiva  irrefrenabile. Alcuni temi sono ricorrenti: le donne,  i moschettieri e i gentiluomini dell’epoca di Luigi XIV, i toreri, gli autoritratti. Il più spesso compiaciuti disegni a soggetto erotico. 

Di autoritratti Picasso ne ha sempre fatti per tutta la sua vita, un po’ per guardarsi da dentro, un po’ per “proiettare se stesso, i sui tormenti, le sue ossessioni” fuori di sé; un po’ per provare tecniche, colori e luci. In vecchiaia Picasso ne fece due di senso perfettamente opposto.

Il primo, Vecchio seduto, è datato 1970, a 89 anni. Nel quadro Picasso decide di riassumere in sé tutti i grandi pittori dell’epoca moderna. Egli indossa il cappello di paglia di van Gogh, la camicia rumena di Matisse; ostenta un braccio mutilato in ricordo delle dita paralizzate di Renoir e anche del moncherino dell’autoritratto di soldato dipinto da Kirchner durante la prima guerra mondiale.

Per quanto – come osserva Alberto Boatto – la morte rimanga protagonista trascinante di questa composizione, “l’altra presenza trascinante è la pittura, con l’incendio dei rossi, dei gialli e degli arancioni dello sfondo fauve, il blu della giacchetta, l’intreccio matissiano dello schienale della poltrona, il rosa del busto che continua ad esibire e a occultare la sua nudità come aveva fatto per tutta la vita”.

L’altro autoritratto è del 1973, a 91 anni, nove mesi prima di morire, e lo impegnò intensamente. Raffigura una maschera, una testa spettrale. Su quel quadro Picasso tornava spesso per aggiungervi rughe a pastello tra il malva e il rosso che rendevano il dipinto sempre più inquietante, facendolo somigliare alla testa della morte, come fosse lui stesso la morte.

Entrambi gli autoritratti escludono il futuro. Ma il primo descrive un coloratissimo presente-passato e con esso dà valore all’esistenza. Perché – Seneca dixit – noi siamo il nostro passato. Nel passato costruiamo momento dopo momento (presente dopo presente) la nostra storia e la nostra laica immortalità, se la nostra storia rimane anche nel ricordo degli altri.

Il secondo quadro non si illumina di nulla, è soltanto un presente-presente in attesa di nulla. Solo in questo i quadri sono antitetici, come antitetica è la visione comune che guarda la vecchiaia sempre nel mezzo tra mito e miseria, tra patrimonio di tradizioni, di storia, di esperienza, di cultura oppure accumulo di macerie, solitudine, povertà, emarginazione, abbandono.

Due autoritratti antitetici come opposti sono i modi di sentirla da dentro, la vecchiaia: età della vetta, della sintesi oppure età del precipizio, della fine. A provare di metterli insieme i due autoritratti (e a mettere insieme le due visioni della vecchiaia) s’otterrebbe la normale e saggia fatica di vivere la vita che resta, nella legittima speranza che diventi una vita compiuta.

Il dott. Domenico Sabatini è direttore dell’unità di Geriatria all’ospedale di San Benedetto del Tronto.

FONTI

Alberto Boatto: Narciso infranto. Autoritratto moderno da Goya a Warhol, Laterza 2005

Laura Varoli: Picasso e la Morte sbeffeggiata, http://www.stilearte.it/picasso-e-la-morte-sbeffeggiata/

Carlo Levi, Gigliola De Donato, Guido Sacerdoti: Le ragioni dei topi: storie di animali, Donzelli

Share this Entry

Domenico Sabatini

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione