Un'esperienza mistica del giovane Giovanni XXIII

Storia di una visita tanto desiderata quanto gratuita

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Il 4 gennaio 1901 il seminarista Angelo Giuseppe Roncalli iniziò in modo ufficiale i suoi studi romani nel Seminario romano dell’Apollinare. Già dal novembre 1895 appuntava note e pensieri sulla sua vita spirituale che più tardi saranno pubblicati come Il giornale dell’anima. Proprio in questa sorta di diario spirituale narra quanto accadde nel Natale 1902, quando aveva compiuto da un mese i 21 anni. Il 22 dicembre chiede aiuto al Signore perché possa disporre «l’anima alla sua venuta»; il 23 scrive di doversi preparare con attenzione speciale a questa venuta perché ha «grandi cose da comunicargli, ed egli ha innumerevoli grandi benefici da compartirmi». Nella notte del 24, mentre gli altri dormono, ripetutamente invoca la venuta del Signore; mentre l’ora si è fatta «già troppo tarda» e scrive che «il sonno mi vince», conclude l’annotazione con «Vieni, t’aspetto». Il 26 dicembre scriverà: «Egli è venuto e mi ha consolato; ho potuto trattenermi con lui per molto tempo, dirgli tutto quello che desideravo».

Vi sono alcuni aspetti degni di nota: all’inizio vi è il desiderio della sua venuta manifestatosi con il disporsi dell’anima. Successivamente l’invocazione con la consapevolezza che una visita sarebbe un scambio reciproco. Poi uno stacco – nulla scrive il 25 dicembre – a cui succede un’annotazione che sembra più una semplice comunicazione: «Egli è venuto». Questo incontro, desiderato sì, ma totalmente gratuito perché l’iniziativa di venire è del Signore, lascia nel seminarista Roncalli un desiderio di vita nuova, ma contemporaneamente una profonda consapevolezza della propria fragilità.

Considerando tutto ciò si può affermare che certamente nel Natale 1902 in quella camera del Seminario romano dell’Apollinare qualcosa d’importante accadde per Roncalli, anche se una possibile dimensione mistica dell’esperienza spirituale di papa Giovanni non appare come aspetto caratterizzante la sua memoria. E sarà lo stesso Giovanni XXIII in visita alla Basilica di Sant’Agostino a indicare la finestra della camera in cui visse sessant’anni prima da seminarista, il tutto con una partecipazione come se volesse dire che lì qualcosa d’importante accadde.  

24 dicembre 1902

Già è inoltrata la notte; le stelle chiare e lucenti brillano nella fredda atmosfera; voci chiassose e discordi giungono al mio orecchio dalla città: sono i gaudenti del mondo che ricordano con i bagordi la povertà del Salvatore, attorno a me dormono i miei compagni nelle loro camere ed io veglio ancora, pensando al mistero di Betlemme. Vieni, vieni Gesù, io ti attendo. Maria e Giuseppe, sentendo l’ora vicina, rifiutati dai cittadini, si danno alla campagna, in cerca di ricovero. Io sono un povero pastore, non ho che una miserabile stalla, una piccola mangiatoia, alcune poche paglie, offro tutto a voi, compiacetevi accettare questo povero tugurio. Affrettati, Gesù, eccoti il mio cuore; l’anima mia è povera e nuda di virtù, le paglie di tante mie imperfezioni ti pungeranno, ti faranno piangere; ma, o mio Signore, che vuoi? È tutto quel poco che ho.

Mi commuove la Tua povertà, mi intenerisce, mi strappa le lacrime; eppure io non so qual cosa di meglio offrirTi.

Gesù, abbellisci l’anima mia con la Tua Presenza, adornala con le Tue grazie, brucia queste paglie e cambiale in soffice giaciglio al Tuo Corpo Santissimo.

Gesù ti aspetto; oh, i cattivi ti rifiutano; fuori spira un vento glaciale; ti lasciano gelare; vieni nel mio cuore; sono poverello, ma ti riscalderò più che posso; almeno, voglio che ti compiaccia del mio buon desiderio che ho di farti buona accoglienza, di volerti un gran bene, di sacrificarmi per te. Alla tua volta, tu sei ricco, e vedi i miei bisogni; tu sei fiamma di carità, e mi purificherai il cuore da tutto ciò che non è il tuo Cuore santissimo; sei la santità increata, e mi ricolmerai di grazie fecondatrici di progresso vero nello spirito. Vieni, Gesù, ho tante cose da dirti!… tante pene da confidarti! Tanti desideri, tante promesse, tante speranze. Ti voglio adorare, baciare in fronte, o piccolo Gesù, darmi a te un’altra volta, per sempre. Vieni, o Gesù, non tardare più oltre, accetta il mio invito, vieni.

Ma ohimè! L’ora si fa già troppo tarda, il sonno mi vince, la penna mi cade dalle mani. Lasciami dormire un poco, o Gesù, mentre  tua madre  e San Giuseppe stanno preparando la stanza.

Mi metto qui a riposare, al rezzo dell’aria notturna. Appena sarai venuto, la chiarezza della tua luce abbaglierà le mie pupille; i tuoi angeli mi desteranno con le dolci armonie di gloria e di pace, ed io correrò festante a riceverti, a presentarti i miei poveri doni, la mia casa, tutto quel che poco che posso, ad adorarti, a mostrarti il mio affetto con gli altri pastori accorsi con me e coi celesti spiriti, melodianti inni di gloria al tuo cuore. Vieni, t’aspetto.

26 dicembre 1902

Egli è venuto e mi ha consolato; ho potuto trattenermi con lui per molto tempo, dirgli tutto quello che desideravo.

Per un approfondimento cfr. http://www.cristianocattolico.it/catechesi/santi/storia-di-una-visita-tanto-desiderata-quanto-gratuita.html

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ZENIT Staff

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