Nei giorni scorsi Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana, ha impugnato presso il Tar del Lazio le cosiddette “linee guida” emanate dall’Unar (Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali) “per un’informazione rispettosa delle persone LGBT”. Contestualmente, la rivista Notizie Pro Vita ha lanciato una campagna per sostenere con un contributo economico le spese legali.
Quali i motivi che hanno fatto sentire un giornalista minacciato a tal punto della sua libertà da ricorrere ad un Tribunale? Se ne trova traccia in un comunicato diffuso sul sito di Notizie Pro Vita, nel quale si accusa l’ufficio dell’Unar di voler “imporre un vero e proprio ‘pensiero unico’ ai giornalisti riguardo alle tematiche LGBT”. Si sostiene infatti che alle Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT “dovranno attenersi tutti i giornalisti italiani”.
Dopo aver ricordato ai giornalisti di “sottolineare gli aspetti positivi della ‘visibilità’ degli omosessuali e il coraggio di chi si rende visibile”, Notizie Pro Vita spiega che le “linee guida” in questione impongono che “il giornalista non deve associare transessuali e prostituzione e mai parlare di prostitute o prostituti”. Si chiede, invece, di utilizzare una sorta di neologismo edulcorato per descrivere i transessuali che vendono il proprio corpo: “lavoratrici del sesso trans”.
Al giornalista viene poi chiesto di assumere un ruolo che trascende la mera narrazione dei fatti, giacché – si legge sul sito di Notizie Pro Vita – “dovrà anche educare i suoi lettori a considerare cosa buona e giusta il ‘matrimonio’ omosessuale”, nonché far notare che “il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l’omosessualità”. Per questo saranno bandite espressioni come “famiglia naturale” o “famiglia tradizionale” e anche “famiglia gay” o “famiglia omosessuale”, dovendosi preferire la locuzione “famiglie omogenitoriali”, oppure “famiglie con due papà, due mamme”. Ma è ritenuto “meglio ancora parlare, semplicemente, di famiglie” ed evitare così di contrapporre tali realtà al concetto di “famiglie tradizionali”.
In virtù di una presunta “letteratura scientifica”, sarà dunque vietato al giornalista sostenere che un bambino “ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico”.
Il comunicato di Notizie Pro Vita ricorda poi che non si potrà più scrivere “uteri in affitto”, considerata “un’espressione dispregiativa”, in luogo di una più delicata “gestazione di sostegno”.
“Queste imposizioni – si legge nel comunicato – sono contrarie alla nostra Costituzione poiché violano la libertà di espressione e il pluralismo informativo (artt. 13 e 21 Cost.) e sono in diretto contrasto con l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”.
Dopo aver ricordato il successo ottenuto dalla petizione che ha impedito la diffusione nelle scuole degli opuscoli Educare alla diversità, sempre pubblicati dall’Unar, Notizie Pro Vita invita a sposare questa battaglia per la libertà dei giornalisti anche solo rispondendo a un questionario pubblicato sul proprio sito.