“Colui che esisteva prima che Abramo fosse nato, che volle diventare vicino nel cammino con noi, il Buon Samaritano che ci sceglie sconfitti dalla vita e dalla nostra labile libertà, che morì e fu sepolto, e il suo sepolcro sigillato, è risorto e vive per sempre”.
Sono queste le parole, pronunciate dall’allora arcivescovo di Buenos Aires durante l’omelia di Pasqua del 2000, con le quali si apre l’editoriale dell’ultimo numero de La Civiltà Cattolica.
Un po’ come è stato fatto per lo scorso Natale, la celebre rivista dei gesuiti ha raccolto alcune parole che il Card. Bergoglio ha pronunciato in occasione delle feste pasquali. Queste espressioni sono diventate poi “parole-chiave” del pontificato del Papa “venuto dalla fine del mondo”.
Una prima riflessione si svolge sulla pietra che ostruiva l’ingresso del sepolcro. Nel pensiero del Card. Bergoglio, questa pietra rappresenta il fallimento delle attese, delle speranze di ogni singolo uomo e di tutti gli uomini. Si tratta di un ostacolo che sembra insormontabile e che induce l’uomo a chiedersi chi potrà mai rimuoverlo.
La riflessione del futuro pontefice si sofferma poi sul grido di Gesù sulla croce e sul terremoto. Secondo Bergoglio, l’ultimo grido di Gesù ha permesso al centurione di fare la sua professione di fede, ad alcuni di manifestare il proprio affetto verso Gesù in un momento così doloroso: è come se, anche in mezzo al massimo del male, ci potesse essere ancora spazio per un barlume di bene.
Per quanto riguarda il terremoto, i vangeli ci parlano di due eventi di questo genere: il primo avvenuto durante la morte di Gesù, il secondo dopo la sua resurrezione: esso è allo stesso tempo angoscia per il dramma dell’esistenza e scuotimento profondo dell’essere umano quando accoglie in se stesso il mistero della morte e resurrezione.
Un altro elemento su cui l’arcivescovo di Buenos Aires si è soffermato è il movimento. L’evento della resurrezione mette tutti in moto: i vangeli ci mostrano un andirivieni “verso il” e “dal” sepolcro. Dunque non si tratta di contemplare un evento distante nel tempo, perché questo avvenimento “non è relegato ad una storia lontana che è accaduta duemila anni fa…, è una realtà che continua a darsi ogni volta che ci mettiamo in cammino verso Dio e ci lasciamo da Lui incontrare”.
La formazione gesuita del Card. Bergoglio lo ha portato a fare un’analisi introspettiva dei protagonisti dei brani della resurrezione. Egli in particolare si è soffermato davanti alla paura delle donne davanti alla tomba vuota: “Si tratta di quella paura istintiva ad ogni speranza di felicità e di vita, la paura che non sia vero quello che sto vivendo o quello che mi dicono, la paura della gioia che ci è donata da una effusione di gratitudine”.
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