Lo ha detto il Segretario di Stato della Santa Sede monsignor Pietro Parolin, intervenendo al convegno organizzato dalla fondazione Socialismo presso il Senato della Repubblica a Roma sul tema “A trent’anni dal nuovo Concordato. 1984-2014”.
Richiamando l’articolo 1 del Concordato secondo cui “La Repubblica Italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”, il Segretario di Stato ha spiegato le grandi differenze con i Patti Lateranensi del 1929.
“In effetti – ha osservato -, una affermazione di reciproca collaborazione tra lo Stato e la Chiesa era del tutto assente nel testo del 1929” e Benito Mussolini manifestava esplicitamente una forte diffidenza.
Secondo il Segretario di Stato il Concordato risente fortemente degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, in particolare di quel paragrafo 76 della Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, nel quale si afferma che “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra”; che entrambe “anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane”; che esse “svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti, in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo”.
Questo perché dal Concilio Vaticano II sarebbe emersa una Chiesa “non solo come gerarchia, come istituzione, ma anche come un popolo”.
Un popolo di Dio che la Lettera a Diogneto spiega come “i cristiani svolgono nel mondo la stessa funzione dell’anima nel corpo”.
Secondo monsignor Parolin, con l’accordo di Villa Madama “si volta decisamente pagina” rispetto ai concordati del passato. In particolare ci si allontanava sensibilmente dalla tradizione novecentesca, che era stata profondamente segnata dal confronto della Chiesa con Stati totalitari o autoritari.
“A ben guardare – ha osservato il Segretario di Stato – laddove le parti si impegnano alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese è sottesa una antropologia, che è propria della dottrina sociale della Chiesa e che si riscontra anche nella Costituzione italiana.”
Come è scritto nella Costituzione pastolare Gaudium et spes al numero 26, “Per la dottrina sociale della Chiesa, la persona non può trovare compimento solo in se stessa, ma nel suo essere con gli altri e per gli altri: dunque bene della persona e bene della società non si identificano né si contrappongono. L’uno e l’altro confluiscono in quel bene comune che non è la sommatoria dei beni individuali, bensì è il bene di ciascuno ma al tempo stesso di tutti, nella misura in cui soltanto insieme è possibile perseguirlo e raggiungerlo”.
In merito al diritto alla libertà religiosa, monsignor Parolin ha ricordato che è “riconosciuto dall’articolo 19 della Costituzione italiana e proclamato dal Vaticano II nella Dichiarazione Dignitatis humanae”.
“Una libertà religiosa – ha sottolineato monsignor Parolin – intesa come diritto non solo negativo ma anche positivo, come diritto non solo individuale e collettivo, ma anche istituzionale. Perché nel diritto di libertà religiosa, che storicamente e logicamente è la matrice di tutti gli altri diritti di libertà, appare con evidenza la ragione profonda della collaborazione fra Chiesa e Stato”.
“Spetta allo Stato – ha aggiunto – rimuovere gli ostacoli, giuridici o fattuali, che limitino o addirittura impediscano l’esercizio del diritto di libertà religiosa, e sull’impegno in questo senso è la vera misura della autentica laicità” perchè “lo Stato ha bisogno di valori di base, di quell’ethos che fonda e fa da collante della società. Si tratta di valori che la Chiesa, così come le altre comunità religiose ed in genere le forme strutturate della vita sociale, può trasmettere”.
In conclusione il Segretario di Stato ha sostenuto che “l’impegno, bilateralmente sottoscritto, a collaborare per la promozione dell’uomo ed il bene del Paese costituisce la norma-base, cioè la disposizione che giustifica l’accordo” e che dall’accordo di Villa Madama, la collaborazione tra Stato e Chiesa esprime felicemente l’idea, più volte enunciata dal recente magistero pontificio, di “laicità positiva”.