Nella verità e nell'amore

I fedeli cattolici divorziati e risposati rimangono membri della comunità e non sono scomunicati come qualcuno spesso ripete

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I fedeli divorziati risposati si trovano in una situazione che contraddice oggettivamente l’indissolubilità del matrimonio. “Questa intima unione (il matrimonio), in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità” (Gaudium et Spes, n.48). Questa affermazione del Concilio dichiara e motiva la fede della chiesa nell’indissolubilità del matrimonio voluta da Gesù. Un matrimonio sacramentale rato e consumato validamente non può essere sciolto da nessuno, neppure dal Papa. Pertanto una nuova unione non può eliminare un precedente vincolo, ma si colloca in diretto contrasto con la verità dell’indissolubilità.

I fedeli divorziati risposati rimangono membri del popolo di Dio e devono sperimentare l’amore di Cristo e la vicinanza materna della Chiesa. Essi sono e restano membri della Chiesa per il battesimo e la fede. La condizione in cui vivono richiede attenzione e vicinanza. In particolare i pastori sono invitati a fare seria opera di discernimento per distinguere le varie situazioni in cui si trovano questi fedeli e poter offrire loro cammini spirituali adatti. Infatti, ad esempio, non potrà essere identico il percorso di quanti hanno distrutto per loro colpa grave l’unione nuziale e di quanti, invece, hanno subito l’abbandono. I fedeli interessati a partire da questo discernimento troveranno vie concrete di conversione e di partecipazione alla vita ecclesiale.

L’indifferenza o il rimprovero sono ormai anacronistici. La comunità e i pastori dovranno amare queste persone, interessandosi a loro ed aiutandole a portare il giogo dolce e il carico leggero della loro situazione. L’aiuto loro offerto sarà fondato nella verità e insieme nell’amore.

Come battezzati i fedeli divorziati risposati sono chiamati a partecipare attivamente alla vita della Chiesa, nella misura in cui questo è compatibile con la loro situazione oggettiva. I fedeli divorziati risposati devono partecipare intimamente alla vita della Chiesa:“Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio” (Familiaris Consortio, n. 84). Di particolare rilevanza è il cammino educativo che percorrono assieme ai figli nella comunità.

A motivo della loro situazione obiettiva i fedeli divorziati risposati non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali, come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica. Tutti i compiti ecclesiali che presuppongono una testimonianza di vita cristiana particolare non possono essere affidati a questi fedeli: padrino e madrina, lettore o ministro straordinario dell’Eucarestia, catechista o insegnante di religione, membro di un consiglio pastorale.

Se i fedeli divorziati risposati si separano ovvero vivono da fratello e sorella, possono essere ammessi ai Sacramenti. L’unica condizione per ricevere la comunione è la rottura materiale o morale del nuovo vincolo contratto civilmente. Laddove separarsi materialmente non fosse possibile per motivi di giustizia nei confronti dei figli nati dalla seconda unione o del compagno/a, la Chiesa invita a maturare una separazione morale che consiste nel vivere la piena continenza, mantenendo vincoli di amicizia, solidarietà e reciproco aiuto. La maturazione di una tale esigente soluzione ha bisogno di un lungo, prudente e paterno accompagnamento che trova nella preghiera e nella grazia dello Spirito sicuro punto di riferimento.

I fedeli divorziati risposati che sono convinti soggettivamente dell’invalidità del loro precedente matrimonio, devono regolare la loro situazione in foro esterno. Dal momento che il matrimonio non è frutto di una semplice decisione privata ma crea per ciascun battezzato una situazione ecclesiale e sociale specifica, non compete in ultima istanza alla coscienza personale decidere, sul fondamento della propria convinzione, sulla sussistenza o meno del matrimonio e sul valore della nuova relazione. Perciò solo un tribunale ecclesiastico può pronunciarsi sulla validità o meno del matrimonio dei cattolici.

I fedeli divorziati risposati non possono mai perdere la speranza di raggiungere la salvezza. “La Chiesa con ferma fiducia crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tutt’ora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità” (Familiaris Consortio, n. 84). Anche se la Chiesa non può mai approvare una prassi contraria alla verità e al ben comune della famiglia e della società non abbandona coloro che vivono situazioni matrimoniali difficili ma li accompagna confermandoli nella fede che essi non sono esclusi da quella corrente di grazia che purifica, illumina, trasforma e conduce alla salvezza.

Don Giuseppe Nevi è Responsabile dell’Ufficio Famiglia Diocesi di Cremona

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Fonte: Punto Famiglia, novembre-dicembre 2013, pp.46-47

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Giuseppe Nervi

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