Pubblichiamo di seguito l’introduzione pronunciata questo pomeriggio all’apertura della nuova Chiesa di via Populonia da Rosario Giuffrè, l’architetto che ha progettato e realizzato in complesso parrocchiale dedicato a Santa Caterina da Siena nel quartiere romano Appio Latino.
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Eminenza Reverendissima, Eccellenze,
e tutti voi a cui dobbiamo per questo giorno,
Il mandato di progettare e realizzare un complesso parrocchiale con la relativa chiesa, per di più dedicata a S. Caterina da Siena, per un architetto cattolico credente è come un invito esplicito dello Spirito a domandarsi molte cose, a comprendere come ascoltare e come rispondere.
L’argomento non è se tener fede o meno alla tradizione della Diocesi romana e della Roma come città e storia:
l’argomento è come farne manifesto di adesione, di volontà di parlare a tutti i cittadini, fedeli com’è ovvio, e non, senza aver timore di esporsi direttamente.
Un chiesa nuova, a Roma, oserei dire a cento passi dalla Madre di tutte le Chiese, comporta una cosciente adesione alla tradizione, a quel deposito di verità e di valori, che ha sempre avuto la capacità di comunicare rispettando l’eredità e parlando con le parole del contesto, quelle che la gente comune si attende, e che i diversi tessuti urbani consentono.
Anche per noi architetti, difatti, è pregnante la questione dei tempi, per avvicinarsi con umiltà alle istanze che ci giungono, e per rispondere recuperando tutta la forza e la incisività dei segni, dei simboli che connotano una presenza e una continuità di cronaca.
Le cattedrali erano bianche non per il colore, ma per perché espressione chiara di una comunità che intendeva segnare la Luce.
Dalle domus ecclesiae, al paleocristiano, sino al barocco, e oltre tutti i Concilii, mai si è disperso la connotazione fondamentale dell’architettura cosiddetta sacra: essa è sacrale come spazialità complessiva, dall’aula agli annessi luoghi di servizio, di solidarietà, di convivenza.
Sempre si è utilizzato un codice di contestualità, che fosse decifrabile dai viventi, che fosse piano come il linguaggio del tempo in cui si stava e si doveva costruire:
dal prospetto, libro aperto alla città, al campanile che innalza la croce sul mondo, all’aula la cui semplicità d’impianto è invece segnata dal rosso ricorrente come guida alla lettura, alla posizione del tabernacolo pilastro che regge non solo la struttura, ma tutta la nostra Fede.
Questo, con umiltà ed amore, abbiamo provato a fare, Ernesto ed io, con l’aiuto di tutti, augurandoci che lo Spirito e la Misericordia di Dio ci siano sempre stati vicini.
Roma, sedici novembre 2013, festa di S. Margherita