Uno dopo l’altro, alcuni amici vengono a cercare un perché, un valore, se mai ci fosse, in tutte le amarezze della vita.
Di fronte alle situazioni quotidiane e inevitabili, e per tante altre circostanze che più o meno si assomigliano, trovo la risposta osservando ciò che accade ad un acino d’uva nel suo normale percorso dalla vigna alla cantina.
Sarebbe un guaio grosso se nella vigna incontrassi un grappolo dorato che amasse farsi fotografare, accarezzare, ammirare…rispettare. Basta osservare come e quanto gli “manchi di rispetto” il suo agricoltore.
Quando finalmente lo vede bello, ingiallito, rigonfio e maturo lo avvicina con la forbice e lo getta nel cesto a confondersi con gli altri. Dal cesto lo fa passare nel torchio buio che, prima ancora che accenni a lamentarsi o a pretendere “rispetto”, lo stritola senza “pietà”, liberandolo così da ogni tentazione di narcisismo che nasce dall’egoismo.
In questo terribile momento della vita, il grappolo ha perso la sua fisionomia, la sua personalità, tutta la sua bellezza; si è sentito calpestato, torturato, dilaniato; in una parola non ha avvertito “nessun rispetto” da nessuno; nel preciso momento in cui ha perduto la dignità di grappolo, ha potuto diventare vino e rivelare a tutti che cosa significa beneficare l’umanità.
Nel vangelo si parla di un grappolo che non poteva farsi “rispettare” dagli uomini: doveva inebriare l’umanità.
Ciao da p. Andrea
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