Papa Francesco e Carlos, il piccolo colombiano adottato

L’episodio del bambino che durante la Giornata della famiglia si è avvicinato al Pontefice, ha restituito fiducia al mondo dell’adozione

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Durante la veglia della festa della famiglia, tenutasi a Roma in Piazza San Pietro, è avvenuto un fatto alquanto singolare.

Carlos, un bambino colombiano di sei anni, adottato da circa un anno da una famiglia abruzzese, si è avvicinato a Papa Francesco e non si voleva più separare da Lui. Ci sono stati vari tentativi da parte del servizio dell’ordine di allontanarlo dal Santo Padre, ma Carlos si è sempre opposto con fermezza.

Il suo desiderio era quello di restare con Papa Francesco, abbracciarlo, rimanere vicino a Lui, come se fosse uno di famiglia, come se fosse una persona conosciuta da sempre e di cui potersi totalmente fidare.

Questo suo sentirsi accolto e amato dal Santo Padre, lo ha dimostrato in vari modi: abbracciandosi alla gamba di Papa Francesco, sedendosi sulla sedia papale, cercando con insistenza le sue attenzioni.

E Papa Francesco ha manifestato una grande tenerezza verso Carlos, cercandolo con lo sguardo, sorridendogli continuamente, accarezzandolo sul capo, come un nonno fa con il suo nipote.

Da questa vicenda possiamo trarre tanti insegnamenti. Il primo è l’amore che Papa Francesco nutre per i bambini, un amore che ha una profonda radice evangelica: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli” (Mt 19, 14). E Papa Francesco ha permesso non solo che i bambini andassero da Lui, ma ancor di più che rimanessero con Lui.

Quello che più stupisce è la spontaneità con la quale Carlos ha cercato il Santo Padre. Egli, con la semplicità e la spontaneità tipica dei fanciulli, ha manifestato al mondo intero il suo desiderio di essere amato. E nei bambini adottati il desiderio di essere amati è ancora più forte, perché hanno vissuto l’abbandono e la perdita della loro famiglia di origine. E questo ferita che loro hanno subito può essere sanata solo con l’amore, l’unica medicina capace di guarire, perché è un rimedio che proviene dal cuore di Dio, perché è somministrata dalla piaghe del Cristo risorto.

Gli occhi del mondo hanno riconosciuto in Carlos ogni bambino adottato che manifesta il suo desiderio di essere accolto, considerato e amato. E inconsapevolmente Carlos ha rivelato la missione di ogni genitore adottivo: restituire ad ogni bambino quel calore umano che possa favorire una crescita sana e armoniosa.

E tutto questo deve far riflettere ancora di più, considerando il paese di origine di  Carlos, la Colombia, che a seguito di un servizio televisivo trasmesso qualche tempo fa dall’emittente nazionale Caracol, ha denunciato alcune irregolarità durante la fase di accertamento dello stato di abbandono di un bambino destinato all’adozione nazionale. Questo episodio ha determinato nell’opinione pubblica colombiana una certa diffidenza verso l’adozione nazionale ed internazionale.

E per certi versi questo è anche comprensibile: un paese che dona i suoi figli a famiglie straniere, compie un enorme gesto di amore, perché dona gratuitamente quello che ha di più prezioso, riconoscendo che questa è la soluzione estrema per offrire un futuro migliore ai suoi bambini.

Ma nello stesso tempo dobbiamo considerare legittimo la richiesta di quel paese di avere un riscontro sullo situazione dei suoi figli che ha lasciato partire.

I governi, gli enti autorizzati e le famiglie adottive dovrebbe promuovere delle iniziative atte a far conoscere sempre di più la situazione dei bambini adottati nelle nuove famiglie.

Questo renderebbe, agli occhi dell’opinione pubblica dei singoli stati, più semplice e più trasparente il percorso adottivo.

Attualmente quasi tutte le nazioni richiedono una relazione solo per qualche anno dopo l’avvenuta adozione. Quello che si potrebbe fare è  promuovere forme di incontro, dove si renda visibile questa avvenuta integrazione all’interno della famiglia adottiva. Le ambasciate e i consolati dei paesi stranieri potrebbe assumere un ruolo di primo piano, trasformandosi in luogo di festa e di accoglienza dei figli della sua terra.

Il vedere che i figli partiti a malincuore da situazioni di disagio, e abbandono, abbiamo trovato una degna accoglienza, è sicuramente un incentivo per quel paese straniero a proseguire con coraggio a donare con amore i suoi figli alle famiglie disponibili all’adozione.

Questo episodio avvenuto tra Papa Francesco e Carlos ha restituito fiducia al mondo dell’adozione, facendo vedere l’essenza e la natura dell’adozione.

L’adozione non è un ripiego all’impossibilità di diventare genitori biologici a causa della sterilità fisica. L’adozione è una chiamata di Dio ad essere aperti a compiere la sua volontà, ed essere disposti a partire per qualunque paese del mondo, laddove ci sono i figli che Dio, da sempre, ha pensato per quella famiglia. E questo è possibile riconoscendo che i figli sono un dono di Dio sempre, anche quando arrivano dall’altra parte del nostro pianeta.

Essere genitori adottivi significa vivere quotidianamente quella fecondità spirituale che ha permesso di diventare padre e madre anche senza la necessità di vincoli carnali. L’essere padre e madre non è solo una questione biologica, ma è prima di tutto una vocazione che nasce da una chiamata di Dio ad accogliere, educare e custodire chi non ha avuto la possibilità di avere la famiglia biologica che si potesse occupare di lui o di lei.

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Osvaldo Rinaldi

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