Vi è un volto affascinante dell’islam che a ben vedere neanche i musulmani stessi accolgono ben volentieri, almeno, non sempre e non dappertutto. Questo volto è il sufismo. Alberto Fabio Ambrosio lo considera come «il lato simpatico di un islam che rischia sempre di fare paura».
Nel suo libro intitolato Danza coi sufi. Incontro con l’islam mistico, Ambrosio ci introduce in questo mondo ignoto e affascinante, mostrando i tesori di sapienza e di esperienza di Dio che i sufi e i dervishi serbano. Viene delineato dinanzi a noi un volto poco conosciuto dell’islam che lo rende «più vicino». Ma questa vicinanza non diventa per Ambrosio «il luogo del facile incontro, del dialogo possibile, dell’irenismo a buon mercato fra religioni». Da domenicano, l’autore narra la sua esperienza di studioso del sufismo mostrando, allo stesso tempo, le affinità e le differenze con la mistica cristiana.
Incontriamo nel libro figure affascinanti come Rabi’a, Al-Hallaj, Al-Ghazali, ecc. E scopriamo le varie tappe di quel cammino iniziatico che è il sufismo, il tutto in un linguaggio accessibile e senza sovrastrutture specialistiche.
Il libro è arricchito anche di racconti e parole degli stessi sufi il che permette un primo approccio alle loro visuali e ai loro linguaggi. Vediamo così i riflessi e anche gli evidenti influssi cristiani, specie dei monaci siri con i quali l’islam del Levante ha avuto stretti contatti.
Chiudiamo questa breve panoramica con una storiella che fa assaporare quel senso di distacco dalle creature e l’anelito di dedizione al Creatore e unione con Lui. La storiella è riportata nell’opera intitolata Roseto, redatta da Sa’di, grande poeta mistico del XIII secolo. In essa, il mistico invita il lettore a tener desta la vigilanza spirituale:
«Un re vide un asceta e gli domandò: “Non ti ricordi mai di noi?” “Sì, – fu la risposta – quando mi dimentico di Dio”. In ogni dove corre colui che Dio da sé allontana, ma colui che egli chiama non bussa alla porta di nessuno».
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