“Testimoniare la fede attraverso la carità” è il tema dell’incontro, durante il quale il Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum ha ricordato le parole di Paolo VI, il quale dopo il Concilio sottolineava come “senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro”. “Chiuso dentro la storia – proseguiva Montini – esso è esposto al rischio di ridursi al solo incremento dell’avere; l’umanità perde così il coraggio di essere disponibile per i beni più alti, per le grandi e disinteressate iniziative sollecitate dalla carità universale”. Perché il vero sviluppo esige “una visione trascendente della persona, ha bisogno di Dio: senza di Lui lo sviluppo o viene negato o viene affidato unicamente alle mani dell’uomo, che cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato”
Per evitare di ridurre la carità ad una specie di attività di assistenza sociale, una pura espressione filantropica o una semplice solidarietà umana – ha osservato il cardinale Sarah – l’azione di carità va riportata al suo rapporto intrinseco con l’annuncio della fede e con la celebrazione di esso nella liturgia. “Perché – ha rilevato – la carità vissuta partecipa della sacramentalità della Chiesa: contiene e rimanda ad un mistero più grande”.
“Non possiamo capire la missione della Chiesa senza riportarla alla missione di Cristo, – ha sottolineato il porporato – La missione della Chiesa consiste dunque nel favorire l’incontro di ogni uomo con Cristo salvatore, perché mediante il dono dello Spirito Santo il cristiano assuma quegli atteggiamenti di carità che furono in Cristo Gesù”.
Rivolgendosi ai vescovi presenti, il cardinale ha precisato che “il nostro discorso non è primariamente un discorso sociale, ma è un discorso teologico”, in quanto “mette l’attività caritativa nel suo giusto solco”.
Facendo riferimento all’Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est, il Presidente di Cor Unum ha spiegato poi che “l’origine della carità è divina”: “E’ Dio che ci dice che cos’è la carità, anzi, che nel suo Figlio ci ha mostrato la carità che, nel linguaggio biblico, significa non solo amare, ma amare pienamente fino a dare la propria vita, fino a perdersi, fino a morire a se stessi per l’altro”.
A questo proposito, Sarah ha ricordato che “la Chiesa in quanto famiglia di Dio deve essere, oggi come ieri, un luogo di aiuto vicendevole e al contempo un luogo di disponibilità a servire anche coloro che, fuori di essa, hanno bisogno di aiuto”. Da parte sua, il Vescovo deve essere “presidente e ministro della carità nella Chiesa” e deve dare “la personale testimonianza di semplicità di vita e di carità verso i poveri; e un’attenzione specifica e paterna verso i più bisognosi ed abbandonati della società affinché la Chiesa particolare viva la diakonia che Cristo ha insegnato”.
“Pertanto – ha aggiunto il porporato – la pratica della carità si può paragonare ad una predicazione silenziosa, ma viva ed efficace, una testimonianza del nostro incontro personale ed intimo con Cristo in maniera da far vedere e incontrare Cristo vedendo noi”.
“La credibilità della testimonianza – ha concluso il cardinale Sarah – deve passare attraverso quella personale, poiché la carità, non essendo essenzialmente un’opera, ma una relazione, richiede sempre una dimensione personale, postula sempre la preghiera, la frequenza ai sacramenti, e l’adorazione come espressione suprema del nostro amore e della nostra comunione con Dio”.