Lunedì 28 e martedì 29 ottobre Rai Uno ha messo in onda la miniserie in due puntate dedicata ad Adriano Olivetti (con sottotitolo La forza di un sogno). Oltre 6 milioni i telespettatori medi per la fiction prodotta da Luca Barbareschi (e diretta da Michele Soavi, nipote di Olivetti) la quale, per la prima volta, ha permesso al grande pubblico di ripercorrere la storia di questo imprenditore, per certi versi visionario, scomparso prematuramente all’età di cinquantanove anni mentre si trovava su un treno in territorio svizzero.
La fiction sovrappone l’attività di imprenditore e politico tutto dedito all’opera di migliorare le condizioni di vita dei “suoi” operai e dei connazionali – in primis i conterranei del canavese ma non solo – con l’attività spionistica americana che ne controlla le mosse sia per ragioni geopolitiche (la guerra fredda ed il timore che l’Italia possa seguire le idee socialiste) che per ragioni imprenditoriali, in quanto presente in settori strategici per gli affari d’oltreoceano (la meccanica prima e l’elettronica poi).
Un imprenditore che la fiction ci ha mostrato avere, sia nell’attività d’impresa che nella vita sentimentale, momenti di difficoltà, che ha superato provando a non rinunciare al valore del lavoro delle persone come capo azienda ed al rispetto per le proprie compagne di vita (in questo senso è da segnalare la delicata interpretazione di Elena Radonicich nei panni della seconda moglie, Grazia Galletti).
L’unico vero insuccesso dell’uomo Olivetti è stato raccolto e raccontato nell’attività politica quando alle elezioni il suo movimento Comunità riuscì ad eleggere un solo rappresentante, Olivetta stesso, impedendogli, quindi, di realizzare quella sua idea che, sostanzialmente, può sintetizzarsi nella frase “una fabbrica che funziona in un paese che non funziona è inutile”.
Prima della fiction, tra gli altri, il settimanale del Corriere della Sera Sette (1) ha raccontato ai propri lettori, tramite le penne di Antonio D’Orrico e Vittorio Zincone, la storia di Adriano Olivetti, anche attraverso l’intervista alla figlia Laura (attuale presidente dell’omonima Fondazione) che, nella seconda puntata del film, molto spesso appare nel quadro familiare e nell’ultimo saluto al camposanto. [Noi, per un quadro più organico della figura di Olivetti rimandiamo i lettori ad una serie di riflessioni pubblicate su Zenit negli ultimi mesi (2)].
In questa sede ci sembra opportuno rilevare che, oltre all’opera divulgativa più che meritoria fatta dalla Rai, in questo momento storico il lascito del film è il legame indissolubile che Olivetti ha mostrato tra volto umano, volto imprenditoriale e volto politico; le contrapposizioni sempre presenti nel mondo imprenditoriale tra innovazione e parassitismo e – ultimo ma non meno importante – il potere pervasivo delle intercettazioni telefoniche e di quanto vadano a ferire anche la vita privata, con l’immagine di quella cornetta del telefono che, penzolante, rimanda le voci di una festa familiare ad una spia in ascolto. E di come il destino, in alcuni passaggi importanti della storia, possa privare prematuramente un paese di alcuni suoi coraggiosi uomini.
NOTE
(1) Articoli apparsi l’11/10 ed il 25/10.
(2) Tra gli altri, articoli del 4/6/2012 Storie di luoghi d’impresa nel ricordo di Adriano Olivetti; del 9/6/2012 Quel viaggio nel tempo con Adriano Olivetti; del 16/3/2013 Democrazia senza partiti di Adriano Olivetti oltre ai riferimenti alle recensioni di una ricerca del Censis (7/4/2012), della Biennale Architettura di Venezia (11/8/2012) e della mostra su Le Corbusier (15/12/2012).