Riprendiamo di seguito l’omelia tenuta oggi dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella Messa celebrata nella chiesa Monumentale di S. Girolamo in occasione della Commemorazione dei fedeli defunti.

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Carissimi fratelli e sorelle, in questi giorni, oggi in particolare, venite presso la tomba dei vostri cari, custodendo nella preghiera del cristiano suffragio la loro memoria. E’ questo un bisogno semplicemente del nostro cuore? E’ la volontà di non rassegnarci alla morte della persona amata? Oppure il vostro trovarvi in questo luogo esprime la certezza che il nostro destino ultimo non è la morte? Poniamoci dunque in umile ascolto della Parola di Dio e cerchiamo in essa la risposta alle nostre domande. Cercherò di aiutarvi con qualche considerazione sulla prima lettura e sulla pagina evangelica.

Nella prima lettura si parla di un banchetto che il Signore prepara per tutti i popoli. Per capire questa singolare promessa dobbiamo rifarci ad un’altra pagina della S. Scrittura, di straordinaria importanza. Quando Mosè ricevette la divina Rivelazione di Dio sul monte Sion, di lui e di chi lo accompagnava si dice: «essi videro Dio e tuttavia mangiarono e bevvero» [Es 24, 11].

Cari fratelli e sorelle, la S. Scrittura quindi mediante il profeta ci fa una grande promessa. Dio si rivelerà ad ogni persona umana, ed ogni persona umana è chiamata all’alleanza col Signore. Dio desidera divenire nostro alleato. Quali sono le conseguenze di questa decisione, piena di amore, del Signore? La prima: «Egli strapperà…su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva le genti». La rivelazione che Dio fa di se stesso mediante la sua parola, quando viene accolta nella fede, diventa luce che guida i nostri passi. I nostri occhi non sono più bendati; abbiamo risposte ai nostri interrogativi più profondi.

La seconda: «eliminerà la morte per sempre». Cari fratelli e sorelle, questa è la più grande promessa che Dio ha fatto all’uomo: liberarlo dalla [paura della] morte. Riflettiamo un momento. Voi avete provato la sofferenza per la morte di una persona cara; se l’amore che provate per essa fosse stato capace di impedirne la morte, forse non l’avreste fatto? L’amore non sopporta che la persona amata scompaia, ma esso è però meno forte della morte.

Se Dio è nostro alleato e ci ama; se il suo amore divino è più forte della morte, e tale è altrimenti non sarebbe divino, potete pensare che Dio ci lasci cadere nel nulla eterno? Neanche la morte può separarci dall’amore che Dio ci ha dimostrato in Gesù. I vostri cari non sono vivi solo nella vostra memoria; essi non sono finiti in niente. Ciascuno di essi vive, perché Cristo lo ha amato.

Il profeta mette sulle nostre labbra le parole che sgorgano dal nostro cuore di fronte alla chiamata di Dio a ciascuno di noi all’amicizia con Lui; alla luce della fede che ci guida ed accompagna il nostro cammino; alla liberazione dalla morte: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato: rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».

La pagina evangelica, ad una prima e superficiale lettura, sembra farci uscire dall’atmosfera di serena speranza donataci dalla pagina profetica. Essa infatti descrive il giudizio finale e definitivo sulle persone, e sui popoli: «saranno riunite davanti a Lui tutte le genti». Un giudizio che separerà per l’eternità in due tutta l’umanità. In realtà è una pagina mediante la quale noi impariamo il criterio supremo con cui ordinare la nostra vita presente, e ci dona la speranza certa nella giustizia di Dio. Anche se non raramente è stato dato più risalto all’aspetto lugubre e minaccioso del giudizio che alla sua consolante luce, la pagina evangelica nutre in noi una vera speranza.

In primo luogo essa ci insegna il criterio supremo con cui ordinare la nostra vita presente: il criterio della carità, la quale si esprime nell’attenzione ai bisogni dell’altro. Una vita ordinata secondo questo criterio è di coloro che riceveranno «in eredità il regno preparato fin dalla fondazione del mondo». Una vita ordinata secondo il criterio dell’egoismo che ignora i bisogni dell’altro, ha come destino «il fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli». La pagina evangelica, in sostanza, ci dice una cosa semplice: alla fine della vita, noi saremo giudicati sull’amore.

In secondo luogo, la pagina evangelica genera in noi vera speranza. Essa infatti ci dice che alla fine le cose saranno messe a posto, ma non con una spugna che cancella oppressore e vittima. Non esiste un banchetto eterno in cui l’oppressore siede accanto alla vittima, come se l’ingiustizia e l’innocenza alla fine avessero lo stesso valore.

E’ veramente una pagina che ci dona speranza perché ci dona la certezza che ci sarà il momento in cui le cose saranno messe in ordine per sempre. Non è una parola di spavento, ma un forte richiamo alla nostra responsabilità: vivi nell’amore di Dio e del prossimo, e non avrai nulla da temere. Così, raccolti come siamo in questo luogo di morte, impariamo a vivere.