L’Italia, per molti versi, è un Paese che frana: il dissesto idrogeologico ne è la manifestazione più fisica, più evidente, che ne scuote la pelle lasciandosi dietro ferite profonde nel territorio.
Secondo le recenti elaborazioni del Centro documentazione e studi dei Comuni italiani Anci-Ifel, il 68% dei comuni risulta a rischio idrogeologico. Oltre la metà nelle aree si trova al nord, il 30% a sud, e il restante 20% nelle fasce centrali del Paese. Basta sfogliare l’ultimo Annuario dei dati ambientali Ispra per leggere come nel solo 2012 siano stati censite 487.000, che hanno colpito un’area pari al 6,9% del territorio italiano. Circa il 10% degli italiani vive con l’incubo alluvioni, mentre sono più di 987mila i cittadini che si trovano esposti al rischio di fenomeni franosi.
Si tratta di una situazione per la quale le caratteristiche morfologiche del nostro territorio non sono certo le uniche responsabili. Basti pensare che ogni 5 mesi, in Italia, viene cementificata una superficie pari a quella del Comune di Napoli, per avere l’idea dell’impatto antropico in un paesaggio già modellato – ormai da millenni – da mano umana, spesso con grazia, talvolta con scempi. Ma è guardando ancora una volta alla natura che può arrivare un aiuto per riportare equilibrio nel territorio.
La piantumazione di alberi mitigherebbe i rischi di frane e smottamenti di terreno, e in questo senso si muove l’accordo firmato a Roma tra l’associazione ambientalista Fare Ambiente insieme a Coldiretti e la società Futurgreen, per combattere il dissesto idrogeologico in Italia e al contempo favorire il fiorire nel Paese di una sostenibile green economy delle biomasse.
«L’intesa raggiunta dalle parti in causa – si legge in una nota dell’associazione – che sarà poi sottoposta al vaglio del ministero dell’Ambiente, propone di utilizzare il progetto della società Futurgreen denominato “Paulownia clone 112 ®” come mezzo di contrasto al dissesto idrogeologico nelle aree del territorio nazionale ove tale rischio sia presente o comunque vi sia un alto livello di inquinamento come nei territori di Taranto e Caserta. Il protocollo d’intesa si pone come un punto di partenza per la messa in atto di iniziative a sostegno della rinatulizzazione, e la “bioremediation” di aree degradate e disboscate».
Così la Paulownia, conosciuta anche con il nome di Albero della Principessa, dalla sua comparsa in Europa (agli inizi del 1800, importata dalla Compagnia delle Indie Orientali), potrebbe tornare alla ribalta della cronaca unendo coi suoi rami difesa del territorio e green economy, un compito importante quanto non facile, sul cui corretto percorso sarà giusto vigilare.