Durante la conferenza sull’enciclica Lumen Fidei, tenutasi ieri al Meeting di Rimini, subito dopo la testimonianza di don José María ‘Pepe’ Di Paola – noto per la sua lotta contro la droga nella Villa 21 di Buenos Aires, in Argentina – è intervenuto il professor Guzmán M. Carriquiry.
Il segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina ha affermato che “sentire parlare don ‘Pepe’ della sua esperienza nelle villas miseria (baraccopoli, ndr) di Buenos Aires” ci aiuta a vedere il vescovo Jorge Mario Bergoglio, quando nelle villas ha condiviso il pane con i poveri ed era accanto ai suoi sacerdoti.
“In sostanza – ha dichiarato il professore uruguaiano – è la stessa immagine che vediamo quando ha lavato i piedi nel carcere minorile, ha visitato Lampedusa, la favela di Vaghina o l’ospedale per i tossicodipendenti a Rio de Janeiro”. “Non c’è bisogno di una teologia della liberazione per farlo”, ha detto Carriquiry. “È sufficiente il Vangelo vissuto, l’abbraccio d’amore, la toccante autotestimonianza”.
E riguarda all’enciclica Lumen Fidei, dopo aver elogiato il lavoro dei due pontefici provenienti da contesti talmente diversi, sensibilità e stili differenti, ha qualificato come “opera del demonio – principe della menzogna e della divisione – concentrarsi ossessivamente sul confronto tra il Pontefice emerito e il suo successore”.
Questo, ha precisato Carriquiry, “sia per rimanere nostalgicamente aggrappati al Papa precedente, che diventa una nostalgia ‘canaglia’, quando degenera in giudizi farisaici sul Papa attuale, sia per elogiare il Papa attuale per denigrare i predecessori”. O chi considera “tutte le novità e riforme che lui apporta come rottura rivoluzionaria nella tradizione della Chiesa, in quella storia ininterrotta di amore che è la Chiesa”. “La continuità – ha aggiunto Carriquiry – tra i due è piena”.
Il relatore ha ricordato inoltre che “mentre le villas miseria sono cresciute notevolmente negli ultimi decenni, Buenos Aires è senz’altro più di questo”. “È una enorme città cosmopolita – ha proseguito – in cui ci sono delle radici cattoliche popolari, ma che è anche segnata da tutte le realtà stimolanti e piaghe della cultura globale”, in cui c’è “un Nord e un Sud”, che propone “grandi sfide pastorali”.
Nella sua conferenza, il segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina ha ricordato anche le parole pronunciate da papa Benedetto XVI sull’aereo che lo portava nel 2007 in Brasile per l’apertura della Quinta Conferenza dell’Episcopato dell’America Latina e dei Caraibi (CELAM) e per la beatificazione di Frei Galvão (1739-1822). “Sono convinto che qui si decide almeno in parte il futuro della Chiesa cattolica: questo per me è stato sempre evidente”, disse in quell’occasione.
Per quanto riguarda la situazione attuale della Chiesa, Carriquiry ha detto che “è stato necessario liberare la fede delle incrostazioni mondane per renderla nuovamente attraente”. E citando un autore italiano ha aggiunto: “Sicuramente già i suoi predecessori hanno avviato un progressivo smantellamento del peso effettivo della curia. Giovanni Paolo II preferiva stare per le strade del mondo piuttosto che in Vaticano. E Benedetto XVI scoccò frecce contro il carrierismo, clericalismo, la mondanità, la divisione, le ambizioni di potere e sporcizia nella Chiesa. Adesso Francesco realizza quello che il suo predecessore ha chiesto tante volte… e molto di più. Tutto questo fa parte della ‘rivoluzione evangelica’ che segna un profondo cambiamento nel modo stesso di essere Papa”.
Carriquiry ha concluso il suo intervento proponendo che l’enciclica Lumen Fidei sia letta alla luce del pontificato di papa Francesco, delle perle delle sue omelie quotidiane, delle sue catechesi e del suo “uscire dal recinto” come missionario per condividere la luce della fede ad gentes.