Wael Farouq chiede ai musulmani di proteggere i cristiani

In una intervista al “Meeting Quotidiano” il docente egiziano invita a difendere la libertà religiosa e a seguire l’insegnamento del Corano: “Non uccidete”

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“Io non sono a favore dell’esercito, ma sono contro il terrorismo, perché non è possibile che i Fratelli Musulmani uccidano sistematicamente i cristiani nel silenzio e nella malafede di molti organi di informazione”. A parlare così è Wael Farouq, vicepresidente del Meeting Cairo, musulmano di lingua araba, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

In una intervista concessa a Luca Maggi per “Meeting Quotidiano” (20 agosto), Farouq ha spiegato: “Non combatto una battaglia per i cristiani e non parlo neanche di cristiani in astratto, ma parlo da un rapporto di amicizia con persone che vivono la fede cristiana e vengono ammazzate per la propria appartenenza religiosa. Vengono uccisi in casa o nelle chiese”.

Storie terribili in un paese in preda alla violenza omicida. Il professore egiziano ha raccontato di un prete che non era coinvolto nelle proteste, ma “è stato decapitato dagli islamisti e il suo corpo è stato posto in mezzo alla strada come avvertimento per tutti i fedeli”. Secondo Farouq, il presidente Morsi, ora dimesso e arrestato, “ha posto i presupposti della crisi che oggi viene condannata: se l’Europa avesse affrontato subito le violazioni dei diritti civili in atto nel mio Paese, forse centinaia di persone sarebbero ancora vive”.

Il docente della Cattolica, ha spiegato inoltre che l’ex presidente, in un anno di presidenza ha cercato di prendere tutto il potere nelle proprie mani, tradendo la speranza di democrazia e libertà che la rivoluzione aveva suscitato. A pochi mesi dalla sua elezione Morsi ha emanato un decreto con cui ha sottratto le proprie decisioni al controllo giudiziario. Dopodichè ha promosso una nuova carta costituzionale che rafforzava il ruolo della Sharia e riduceva i diritti civili di donne e minoranze religiose. Limitando le informazioni e giocando sul fatto che il 40% degli egiziani è analfabeta, ha promosso un referendum, per poi dar vita ad una persecuzione dei tribunali e condizionare tutta l’informazione televisiva.

A maggio la popolazione si è rivoltata. L’opposizione ha organizzato una raccolta di firme per elezioni anticipate. Sono stati ventidue milioni i firmatari, nove milioni in più dei voti con cui Morsi è stato eletto. Trenta milioni di cittadini sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni del presidente. A quel punto si è scatenata la violenza che ha fatto sì che perdessero la vita centinaia di persone. In un primo momento l’esercito è intervenuto per fermare il bagno di sangue.

Farouq ha difeso la democrazia, ha respinto l’uso della forza dell’esercito e della polizia che ha portato ad oltre un migliaio di morti, ma ha denunciato con forza le violenze degli islamisti che bruciano le chiese ed uccidono i cristiani. Allo stesso tempo, ha sottolineato una novità: i musulmani che si riuniscono intorno alla Chiese cristiane per difenderle. La soluzione è indicata in una “road map” di pacificazione con la partecipazione dei Fratelli musulmani alle elezioni e una commissione internazionale che accerti le rsponsabilità delle violenze. 

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ZENIT Staff

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