E’ stato presentato come un incontro minore, organizzato in uno stand situato all’interno dell’area riservata alla Compagnia delle Opere.
Non ci sono sedie solo sgabelli, la maggior parte della gente era in piedi.
Tutti curiosi di conoscere fratel Biagio, una persona che per anni è stato considerato un figlio disadattato, un depresso, ai limiti dell’esaurimento, e che invece dopo aver ha cercato Dio nel modo più radicale ha compiuto azioni e costruito oasi dello spirito che hanno dell’incredibile.
Ha creato a Palermo la Missione di Speranza e carità che ospita e riporta alla vita 300 persone che vivevano in strada.
Ha dato vita alla Cittadella del Povero e della Speranza, che ospita e aiuta nell’integrazione 650 stranieri arrivati da tutto il mondo. E poi nell’ex convento di santa Caterina 120 donne sole o abbandonate, mamme single con i loro bambini.
Fra Biagio è vestito come un mendicante dei primi secoli, sembra un pastore della Palestina, con un bastone alto e fino, i sandali ai piedi, il rosario che pende da una parte dell’abito.
Una tunica di tessuto liso, di colore verde marcio, il capo coperto da una sciarpa marrone, ricavata dalla manica di un maglione e la barba lunga. Sembra un profeta.
Una fronte larga, un volto rubizzo, due occhi che sembrano carboni accesi, un sorriso pieno.
“Siamo preziosi siamo come perle”, ha detto Fratel Biagio.
“Non l’avevo capito, quando unico figlio maschio di una famiglia di imprenditori ero preso dal consumismo dalle mode…”
Qualcuno dice che sono arretrato, ma io l’esperienza l’ho fatta. Sono nato nel 1963, ho vissuto il divertimento, la discoteca…pur avendo tutto però rimanevo ferito a vedere la povertà delle persone che vivevano nei parchi, alla stazione, per strada…
Poveri emarginati che non sono solo a Palermo, ma anche in città più ordinate come Milano, Roma ..
Quando dicevo agli amici perché non facciamo qualcosa, questi rispondevano con cinismo e indifferenza: li hai scoperti solo adesso? – dicevano – Ci penseranno i servizi sociali, la caritas, i missionari..”
“Non sopportavo quel modo egoistico e indifferente di demandare, – ha sottolineato – perchè gli uomini non sono fatti per fare gli spettatori”.
“Ho capito che una società indifferente che non si abbassa e non va incontro alle persone non ha futuro”.
“Una sera – ha raccontato fratel Biagio – ero a cena con i miei genitori quando vidi scorrere le immagini di bambini che morivano di fame, si ancora oggi si muore di fame.
Mi son chiesto come faccio a mangiare quando si vedono queste scene. Mi è venuto un nodo alla gola. Ho preso una scusa e sono andato in camera dove ho vissuto una notte di tempesta.
Mi era chiaro che una società che lascia indietro i più deboli non può essere giusta e prima o poi si sfalderà. Volevo gridare, non sapevo dove rivolgere lo sguardo, finchè non ho visto il Crocifisso. Quell’uomo chiamato Gesù che ha dato la vita per noi.
Sono andato via di casa, senza nulla in tasca, ed ho iniziato un cammino, sono andato incontro ai deboli, agli affamati, ai bisognosi, ai vagabondi, agli anziani soli, finchè non sono arrivato ad Assisi.
Ho scoperto che prima avevo tutto ed ero infelice, avevo perso il sorriso, oggi invece non ho niente e sono felice.
Ho scoperto il buon Dio che mi da tutto, è la nostra speranza e la nostra salvezza.
Le parole ‘ogni cosa che hai fatto a loro lo hai fatto a me’ mi sono entrate nella pelle.
Volevo andare in missione in Africa, in India, volevo lasciare l’Italia, ma il buon Dio mi ha detto che l’Africa è qui.
Ho preso lo zaino, ho messo dentro il thermos, il the caldo, panini e scatolette, mi recavo alla stazione centrale di Palermo a confortare quelli che la società chiama sbandati, mi sono avvicinato a loro chiamandoli fratelli.
Non potevo chiudermi in un convento, il mio mondo è la strada. Con il motto ‘sbracciati e datti da fare’ ho messo in piedi due strutture maschili ed una femminile. Accogliamo tutti, i poveri li andiamo a cercare”.
Fratel Biagio diffonde un ottimismo contagioso. “Basta poco per fare tanto”, ha aggiunto. “C’è crisi perchè non abbiamo saputo donare e amare. Se seguiremo Gesù non c’è crisi che vincerà.
Una pietra dopo l’altra – diceva san Francesco – e arriveremo in alto. Donando si riceve. Abbracciamo la croce e quando non riesci a dormire un Padre nostro e un Ave Maria è vera terapia”.
In merito alla vita moderna fratel Biagio ha sostenuti che “le preghiere dei poveri e degli ultimi valgono di più dei regali che si fanno”. “ll vero regalo sono i poveri – ha aggiunto – Dio ce li ha donati per la nostra salvezza”.
In merito al lavoro, ha spiegato che non è vero che non ce n’è. Ed ha invitato i giovani ad andare nelle realtà dove c’è bisogno. Fate questo volontariato e vedrete che quando meno ve l’aspettate arriverà l’occasione. Certi che non c’è sicurezza se non siamo aggrappati al buon Dio
Uno dei presenti ha chiesto a fratel Biagio come fa a riparare vite spezzate. Come riesce a generare lavoro anche in realtà così difficili come la Sicilia.
“Tutto si deve fare con il cuore – ha risposto Fratel Biagio – altrimenti tutto si sfalda. Le opere del cuore sono indelebili e non si possono demolire”.
Ha raccontato che nelle realtà che ha messo in piedi si produce il pane e la pasta. Hanno cominciato a coltivare terreni della curia che erano stati dismessi con risultati incredibili.
I contadini chiedono come fate, qual è il segreto? E fratel Biagio: “Con il cuore tutto cresce. Seminando raccogli. Gli uomini sono opera di Dio appena li aiuti fanno cose meravigliose”.
Fino a sei mesi fa – ha confessato Fratel Biagio – non camminavo più. Avevo tre vertebre schiacciate ed ero in carrozzella. Poi sono andato a Lourdes. Maria mi ha fatto una grazia, ora cammino anzi corro.
Alla fine dell’incontro quando il giovane Andrea, un ragazzo Down, ha abbracciato fratel Biagio e le persone che aveva intorno, tutti abbiamo compreso che era accaduto qualcosa di straordinario.