«Dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il vostro cuore» (Mt. 6, 21). Con quest’affermazione il Signore voleva elevare il cuore dei suoi discepoli alle vere ricchezze, quelle celesti, che rimangono per la vita eterna. «Conoscete la benevolenza del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi dalla sua povertà» (2 Cor. 8, 9). Sappiamo bene che il vero tesoro del cristiano è Cristo stesso, il Figlio di Dio che si è fatto uomo e che ha immolato la sua Vita per noi uomini, proprio per salvarci dai nostri peccati. Ed ora è giunto il momento per la vita cristiana di riconoscere questo grande dono.
Il cristiano deve pertanto guardare fisso a Cristo, perché è Lui il suo grande tesoro. La lettera agli Ebrei dice: «Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede» (Eb. 12, 2). San Paolo ci invita a correre in direzione della meta, che è la vita eterna con Dio. E per correre, bisogna seguire per la strada giusta. Gesù Cristo è allo stesso tempo meta e cammino, il fine e il percorso della nostra vita, di modo che siamo invitati a seguire avanti in modo deciso, tenendo lo sguardo fisso per la via che Lui ha indicato e sulla quale ha camminato. Lui è il nostro tesoro, presente in ogni nostro pensiero e azione.
Nel Vangelo, Gesù dice: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc. 12-49). Di quale fuoco parla il Signore? Nella Bibbia, Dio parla agli uomini per mezzo della creazione. Il fuoco simboleggia la grandezza di Dio e la sua vicinanza. Esso è un elemento centrale alla vigilia di Pasqua, che ci ricorda la forza e la luce di Dio illuminanti ogni uomo. Il fuoco appare nella Bibbia anche come ciò che purifica il metallo che è un simbolo dell’uomo. In sostanza, il fuoco simboleggia la presenza amorevole di Dio, che ci purifica, che ci perdona, perché è un fuoco d’amore, del suo Amore.
Quest’amore ci rivela chi è Dio, chi siamo noi e come dobbiamo vivere. Gesù porta questo fuoco sulla terra e vuole che sia sempre acceso. È un fuoco che deve rimanere ardente e vivo nei nostri cuori, bruciando le nostre impurità e aiutandoci a consumare la nostra vita al servizio di Dio e del prossimo.
Il fuoco di Dio è però anche simbolo dello Spirito Santo, disceso sugli Apostoli in forma di lingue nel giorno di Pentecoste. Lo Spirito Santo ha mosso i cristiani a uscire da se stessi, dalle proprie paure, portandoli a incendiare la Terra con l’amore divino. Questo fuoco illumina e trasforma la vita, portando tuttavia anche incomprensioni e difficoltà. Nell’Antico Testamento c’è l’esempio del profeta Geremia, mosso dall’ardore divino, prostrato da grandi sofferenze e persecuzioni. Nel Vangelo, Gesù dice che chi porta questo fuoco, quest’amore verso di Lui, sarà perseguitato; addirittura con divisioni familiari. Tuttavia questa realtà non deve spaventarci: il fuoco dell’amore divino è ciò che ci alimenta, che ci illumina ed è l’unica cosa che può riscaldare un mondo sin troppo freddo.
Nel libro dell’Apocalisse leggiamo: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap. 3,15-16). Chi segue il Signore è caldo e può essere perseguitato da quelli che sono freddi. Non è questo però il problema. Il vero guaio è essere tiepidi. Non amare veramente il Signore, pur rimanendo accanto a Lui, significa abituarsi ad essere soltanto chiamati cristiani, senza cercare Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima. Si finisce infatti con il non-essere cristiani perché ormai divenuti spenti.
Essere tiepidi significa essere indifferenti: a Dio e alle persone che ci stanno accanto e che hanno bisogno di noi. È l’indifferenza l’opposto dell’amore, non l’odio. Chi ama qualcosa o qualcuno, odia tutto ciò che può danneggiare l’oggetto del suo amore. L’odio è naturale in chi ama. Il contrario dell’amore invece è proprio l’indifferenza, che è un rifiuto di amare, che viola quella che è la nostra vocazione più profonda.
Papa Benedetto XVI ha indetto un Anno della Fede proprio perché ha visto che il problema attuale, specialmente in Europa, è la tiepidezza. Questo amare senza amore; questa vita ormai abituata ad esistere, che dà per scontata una fede che in realtà non esiste più; questa ricerca continua di comodità, che riduce le persone a mettere in secondo piano Dio e l’amore al suo prossimo, tutto ciò è tiepidezza, indifferenza. Per tale ragione, c’è bisogno di rinnovare la fede, di riscoprire il nostro grande tesoro, che è Cristo stesso, al fine di poter camminare con Lui ogni giorno.