Ritorna la difesa della famiglia tradizionale che è “luogo della vita” ed è l'antidoto all'inverno demografico. E ritorna la richiesta di un riconoscimento concreto della sua libertà educativa. Ma al centro del contributo che il Movimento cristiano lavoratori porterà alle Settimane Sociali emerge soprattutto la riscoperta della famiglia come protagonista del welfare. Ce lo rivela, durante una pausa dei lavori del Meeting di Rimini, il presidente dell'organizzazione ecclesiale. Nelle ultime settimane, Carlo Costalli è tornato più volte sull'urgenza di riforme sociali e a metà settembre, in occasione della 47° Settimana Sociale dei cattolici italiani - che si terrà a Torino dal 12 al 15 e discuterà di “La famiglia, speranza e futuro della società italiana” - presenterà un corposo documento centrato sull'importanza della famiglia come pilastro del welfare. Questa mobilitazione è in linea con l'impegno profuso nelle campagne promosse dalla Chiesa italiana: il Mcl è una delle associazioni che più fortemente si spesero nel 2007 per il successo del Family Day.

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Si può dire che le Settimane Sociali proseguano il discorso del Family?

Costalli: Si può dire, anche se il Family fu un evento politico, mentre le Settimane Sociali hanno un altro spessore: tuttavia sono entrambi momenti di popolo, il popolo cristiano che ha un'idea chiara di famiglia, un modello su cui la società italiana campa, e qualcuno si arricchisce, ma che tutti disconoscono. Nel documento che presenteremo alle Settimane Sociali richiamiamo chiaramente la necessità di riconoscere la famiglia come un vero e proprio soggetto sociale, poiché qualsiasi scelta politica, economica, fiscale, sociale non riguarda la figura fittizia dell’individuo, ma concerne la realtà della persona e dei legami che la costituiscono.

Non è la prima volta che i cattolici insistono su questo punto, ma senza risultati.

Costalli: Non ci illudiamo: la strada è stretta ed infatti accusiamo i governi, tutti i governi, di non aver fatto e di non fare abbastanza, di non riconoscere il ruolo che hanno avuto ed hanno le famiglie italiane nel fronteggiare la crisi economica e sociale del nostro tempo. Anche questo è un elemento già noto, eppure lo si ripete senza soffermarsi a valutarne le conseguenze. Non fa comodo ammettere che il prezzo della crisi è stato pagato da due soggetti sociali: il ceto medio che ha perso potere d'acquisto e le famiglie che hanno tamponato gli effetti dell'emergenza dissanguando i propri risparmi. Il mancato riconoscimento di questi meriti – e il mancato rimborso sociale del sacrificio che è stato fatto - espone irresponsabilmente il Paese alla possibilità di un finale di crisi “senza rete”.

Si parla sempre più spesso di ripresa: ci crede?

Costalli: L’economia in Europa registra dei timidi segnali di ripresa e, secondo l’Istat, ciò vale anche per l’Italia. Ma non è scontato che la ripresa generi occupazione e la ripresa delle assunzioni è una priorità per noi: l’esperienza degli altri Paesi segnala che la via maestra per aiutare i giovani a inserirsi nel mondo lavorativo passa attraverso le politiche di formazione e i servizi per l’impiego. Per questo abbiamo chiesto al governo di sfruttare il programma ‘Garanzia per i giovani’, cofinanziato dall’UE a partire dal 2014 e incentrato sulla transizione scuola-lavoro”, e di varare misure a sostegno delle Pmi e dei servizi. La legge di stabilità sarà il banco di prova della capacità del governo di centrare l'obiettivo, sempre che non si perda tempo a inseguire falsi idoli, come l'abolizione dell'Imu. In questa operazione di giustizia sociale – la ripresa non deve servire solo ad accrescere gli utili degli azionisti ma anche a restituire potere d'acquisto agli italiani – diventa centrale il ruolo delle famiglie, che in questi anni di crisi hanno agito da ammortizzatore sociale, merito che nessuno riconosce.

In che senso?

Costalli: La famiglia italiana (ed europea) è assediata culturalmente da una società che valorizza le sue alternative e potrebbe persino perseguire penalmente chi rivendica il ruolo sociale ed educativo della famiglia tradizionale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, che è l'unica famiglia riconosciuta dalla Costituzione. Invece, la famiglia tradizionale è disincentivata sul piano tributario e spesso anche nei costi che deve affrontare per ricevere i servizi pubblici di base; anche il mondo del lavoro non è ancora riuscito a riconciliarsi con quella che è la vera banca anti-crisi. Dobbiamo ancora elaborare, tutti quanti, il ruolo avuto dalla famiglia nella trasformazione epocale del mondo del lavoro, quella che ha visto transitare enormi masse di persone dalla cultura del posto fisso ad una esistenza caratterizzata da rapporti lavorativi variabili e precari, una trasformazione che i cattolici hanno compreso da anni, come dimostra l'analisi riportata dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, ma senza rassegnarsi a letture semplicistiche e vecchiotte come quelle del mercatismo, che purtroppo influenzano ancora l'analisi e le scelte delle classi dirigenti.

Come se ne esce?

Costalli: Noi cattolici abbiamo una ricetta, e mi riferisco alla Dottrina Sociale che risuonerà a Torino, che ruota intorno alla valorizzazione della persona umana. Non è schiava del mercato e non è “libera” in senso relativista, il che è senz'altro un bene se si considera in quali guai ci ha cacciato il mercatismo e quale confusione sta provocando l'ideologia radicale che promette un uomo onnipotente.

Per tornare al lavoro...

Costalli: Per tornarci, leggiamo il Compendio: la persona sia il metro della dignità del lavoro... Cambiano le forme storiche in cui si esprime il lavoro umano, ma non devono cambiare le sue esigenze permanenti, che si riassumono nel rispetto dei diritti inalienabili dell'uomo che lavora... Quant'è attuale – e quant'è profetica! - questa dottrina. E quant'è inascoltata nel nostro Paese...

Cosa può fare l'associazionismo cattolico per cambiare le cose?

Costalli: Molto, stimolando, criticando, sostenendo, esplorando soluzioni... Fin dal 1997, all'epoca del pacchetto Treu, ci siamo schierati per la flessibilità lavorando per evitare che degenerasse nella precarizzazione e oggi sosteniamo i correttivi indispensabili. Abbiamo sostenuto il lavoro di Marco Biagi e della sua scuola, ma in tutti questi passaggi è mancata, ammettiamolo, una cifra familista, un'attenzione specifica alle ricadute delle norme sulle famiglie italiane, anche per continuare a contare su queste ultime come ammortizzatori sociali.

Cosa si aspetta il MCL dalle Settimane Sociali?

Costalli: Occorre una proposta per ricostruire il risparmio delle famiglie. Dopo averle spolpate, aiutarle a ricostruire la propria ricchezza è come stipulare una polizza sulla vita del nostro fragile sistema economico. Le Settimane Sociali possono spiegare agli italiani perchè aiutare le famiglie non solo è giusto ma “conviene”.

Ci spieghi come.

Chiediamo innanzi tutto che cessi l'assedio politico, culturale e mediatico: la famiglia italiana continua a mettere mano al portafoglio, come ha fatto, per sovvenire alle necessità di un welfare in agonia eppure ci si permette il lusso di sbeffeggiarla e di sostenere tutte le sue alternative. Al contrario, le famiglie – e non le libere unioni di individui – assicurano in termini di massa la cura di anziani e minori anche laddove lo Stato non riesce più ad arrivare. Questo ruolo va promosso in un'ottica sussidiaria, che deve informare tutto il nuovo welfare italiano.

Avete in mente delle riforme concrete?

Costalli: Chiediamo di pensare a un sistema di tassazione che non sia summa della tassazione dei singoli redditi in capo a ciascuno dei soggetti che compongono il nucleo fam iliare, ma che consideri la “famiglia-istituto” come soggetto fiscale autonomo, svincolato dal peso dei singoli redditi, ma con un’attenzione all’interazione di questi in funzione delle specifiche esigenze del nucleo familiare. Vogliamo sconvolgere il paradigma “Stato-tassazione individuale”, in una visione che premia la sovranità della famiglia come soggetto fiscale autonomo, dando precedenza al risparmio fiscale e permettendo di liberare risorse da destinare al mantenimento dei singoli componenti del nucleo familiare. Solo così si realizzerà davvero il principio della sovranità familiare, che fiscalmente sarebbe portato a dare maggior peso all’applicazione delle deduzioni – detrazioni fiscali, mentre l'attuale sistema considera i componenti del nucleo familiare come semplici “ assistiti “. Vogliamo una riforma fiscale che restituisca alle famiglie delle certezze del proprio destino fiscale. Per questo sosteniamo il progetto del “ Fattore Famiglia “ proposto dal Forum Nazionale delle Associazioni Famigliari e una riforma dell'Isee, anche in termini di giustizia sociale, ma senza tagli indiscriminati della spesa sociale.

Se tutto questo è giusto e funziona, perchè non è mai diventato legge?

Costalli: Perchè si ritiene che la famiglia non abbia altra scelta che fare la famiglia, perchè si confida nel fatto che le famiglie italiane continueranno a fare la loro parte, silenziosamente, e che sia possibile al tempo stesso mortificarle e spolparle. Mi pare tuttavia una confidenza molto pericolosa.