Tre giorni di fuoco per i medici italiani del Regnum Christi in missione in Messico. Martedì 13 agosto, i medici italiani sono tornati ancora in un villaggio maya. Lo scenario era surreale: foreste fitte, piante di tutti i generi, animali variopinti. Lungo la strada si sentono le urla delle scimmie. I piccoli villaggi si susseguono con case i cui tetti sono fatti da foglie di palme secche; a fianco, antiche macchine e autocarri. Il caldo è sempre è più forte, l'umidità è alta. La gente però non è né stanca, né nervosa, ma anzi ospitale e serena.

Dopo 42 km di strada nella selva, i medici italiani sono arrivati nel villaggio maya di Nuevo Xcan. Qui è stato riservato loro il centro culturale del paese, situato di fronte ad un campo da calcio contornato da caratteristiche botteghe che vendono artigianato maya. Gli abitanti del luogo appaiono molto dignitosi e aperti ai consigli e alle prescrizioni mediche. Numerosissimi i bambini che hanno scolpito nei loro volti il sorriso e l'attaccamento alle piccole gioie del quotidiano. Come in tanti altri villaggi messicani visitati in questi giorni dai medici, la cultura alimentare è scarsa e la povertà è dilagante, ma c’è tanta ricchezza di valori. Anche qui gli specialisti del Regnum Christi – veri e propri “benefattori” secondo Raoul, un anziano del posto - hanno ricevuto un’ottima accoglienza e tanta gratitudine da parte della popolazione locale.

Mercoledì 13 agosto, i medici italiani hanno fatto tappa a Chemuyil, un villaggio non lontano dal mare, nei pressi di Akumal. Le casette variopinte ad un piano, curate nei loro giardini esterni, la prevalenza di colori come il rosa e il giallo fanno apparire il villaggio sorridente ed invitante, e danno la sensazione di trovarsi in una località benestante. In realtà non è così. A Chemuyil, tutti vivono lavorando nei vicini alberghi sul mare, in nero, senza un contratto, per solo per 4-5 mesi l'anno. Il resto del tempo sono disoccupati. I bambini guardano la televisione tutto il giorno e spesso restano a casa da soli senza i genitori che escono per lavorare o comprare qualcosa nei negozi.

Il caldo è insostenibile. I cani stesi a terra ne sono la dimostrazione. La piazza centrale del paese è un continuo andirivieni di persone. I primi ad incontrare i medici italiani sono tre poliziotti di guardia nella stazione di polizia municipale situata all’inizio del villaggio. Gli agenti hanno accolto i dottori con grande gentilezza, accompagnandoli in una breve visita nella biblioteca pubblica cittadina e annunciando la loro presenza al megafono.

La visita dei medici missionari è stata un’occasione di gioia per tutti. Molte giovani donne si sono fatte visitare dalla ginecologa del team. Più di una ha raccontato tristi storie di abbandono. Una ragazza, incinta da due mesi, presentava minacce d’aborto, è stata quindi accompagnata immediatamente all'ospedale più vicino.

Tra i medici sbarcati a Chemuyil c’era anche la dott.ssa Elisa De Carolis, specializzanda al terzo anno di anestesia e rianimazione alla Università di Torvergata di Roma. Rispondendo ad alcune domande di ZENIT, la dottoressa ha dichiarato di essere venuta in Messico perché “non potevo dire di no alla proposta di applicare le mie conoscenze in una realtà contestualmente diversa da ciò che ho studiato”. Ha poi detto di essere rimasta colpita dal fatto che mentre negli altri villaggi lei e i suoi colleghi hanno dovuto lottare contro la denutrizione, a Chemuyil “il problema è stato la lotta contro la malnutrizione e l’obesità”. “Se si potesse evitare che tutte queste persone bevessero così tanta Coca cola persino al mattino per colazione tante cose potrebbero cambiare” ha affermato il giovane medico.

Il giorno successivo, giovedì 15 agosto, Solennità dell'Assunta, la missione del Regnum Christi è proseguita a Tulum, nella Chiesa parrocchiale di Nostra signora di Guadalupe. Anche lì, nonostante la forte tempesta tropicale in arrivo, i pazienti sono accorsi in massa dall’equipe medica, specialmente dal dentista. Isaac, un giovane della parrocchia che porta avanti l'apostolato della convivenza di vita cristiana, ha dichiarato a ZENIT che la missione dei dottori italiani è stata “un’opportunità molto buona per le persone che non hanno i soldi a sufficienza per pagare un medico”. “Tutti – ha aggiunto Isaac – erano contentissimi di sapere che qui, nella parrocchia principale della città, c’erano i medici italiani, più preparati dei tanti medici del posto”.

Il successo della missione è stato reso possibile anche grazie alla collaborazione della fondazione Fundespen, un’associazione civile per lo sviluppo sostenibile. ZENIT ha incontrato Lucely Hernandez, segretaria della fondazione, che ha detto: “La gente non ha capito le ragioni di tali missioni, ma si sono fidate e si sono fatte curare lo stesso, perché vogliono avere un'altra possibilità”. “Mi aspetto che tanta gente venga – ha proseguito - ma dobbiamo aiutarli a capire che chi guarisce davvero tutto è Dio”.

Sono sette i volontari che operano nella Fundespen, pochi secondo la Hernandez, specie nei villaggi dove – ha detto – “andiamo per salvare le famiglie offrendo cure ed educazione sanitaria”. “Ci vorrebbe un maggiore coordinamento con la popolazione dei villaggi e con le altre missioni, soprattutto quelle americane che operano sul posto senza tener conto degli altri” ha soggiunto. In ogni caso, ha concluso Lucy Hernandez, “i medici italiani sono stati bravissimi nella loro opera. Con piccoli passi si possono costruire cose grandi”.