"Celebriamo il trionfo della Madre sulla morte"

Nell’omelia per la Solennità dell’Assunta, il cardinale Caffarra riflette sulla dignità del corpo, in particolare quello della donna spesso usato in maniera impudica per reclamizzare e vendere prodotti

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Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata ieri dal cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, durante la Messa per la Solennità della Assunzione della Beata Vergine Maria, celebrata nel Parco di Villa Revedin.

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In questa grande Solennità mariana, la più grande, noi celebriamo il passaggio di Maria da questo mondo alla gloria eterna. Possiamo dire che oggi è “la Pasqua della Madonna”, il giorno della sua risurrezione. La nostra, infatti, è precisamente la celebrazione del fatto che la madre di Dio è entrata nella gloria celeste anche col suo corpo. A diversità di ciò che accade a ciascuno di noi, il corpo di Maria non ha conosciuto la corruzione del sepolcro. Terminato il corso della sua vita terrena, è stata innalzata alla gloria celeste non solo nel suo spirito ma anche nel suo corpo. Vorrei offrirvi alcune riflessioni sul fatto che nella gloria celeste c’è il posto anche per il nostro corpo. Anche per il nostro corpo c’è posto in Dio.

Avete sentito l’insegnamento dell’Apostolo nella seconda lettura. «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti». Ciò che è accaduto a Maria nel suo corpo; il fatto che il suo corpo “si sia vestito di incorruttibilità e il suo corpo mortale di immortalità”, è dovuto al fatto della risurrezione di Gesù. E’ la resurrezione di Gesù la causa dell’esaltazione di Maria alla gloria del cielo, in corpo e anima. Ci dice ancora l’Apostolo: «se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti», dal momento che «tutti riceveranno la vita in Cristo».

Cari fedeli, vedete come noi oggi celebrando il trionfo sulla morte della Madre, celebriamo per ciò stesso il trionfo di Gesù. Se dunque il corpo di Maria è già stato glorificato, come lo sarà il nostro, il corpo non è un bagaglio di cui dobbiamo, prima o poi, scaricarci come di un peso. Il nostro corpo è la nostra persona, e la nostra persona è il nostro corpo. La redenzione, la salvezza della nostra persona non sarebbe vera, non sarebbe totale se non fosse anche la redenzione, la salvezza del corpo. Non possiamo separare il corpo dalla persona, e considerarlo come fosse “qualcosa” e non “qualcuno”: lo stesso rispetto che si deve alla persona, lo si deve al suo corpo.

Considerate, fratelli e sorelle, come tutti i doni della salvezza ci vengono dati attraverso il corpo. E’ il corpo del bambino che è lavato nel S. Battesimo; è la nostra fronte che è stata unta nella Cresima; è mangiando una piccola ostia che noi ci uniamo al corpo di Gesù; è unendo umanamente i loro corpi, che gli sposi portano a compimento la sacramentalità del loro matrimonio. Cari amici, lo splendore e la dignità del corpo è veramente riconosciuta nella nostra cultura? Ci sono purtroppo molti fatti che ci dicono di no.

L’uso impudico del corpo della donna è spesso il mezzo per reclamizzare e vendere prodotti di ogni genere. Il fatto che la persona umana è persona-uomo e persona-donna, è oggi considerata una diversità che non ha in se stessa e per se stessa significato e valore. Non si riconosce più la ricchezza spirituale che si trova diversamente nel corpo della donna e nel corpo dell’uomo. In un numero sempre maggiore di Paesi, è legalizzato l’affitto dell’utero, la peggiore degradazione del corpo femminile, ridotto a produttore di bambini.

Consentitemi ora, cari fratelli, alcune altre considerazioni. Dobbiamo essere grati all’evangelista Luca che ha conservato alla Tradizione della Chiesa il «cantico di Maria», il Magnificat, che abbiamo risentito ancora una volta nel Vangelo. E’ un’effusione di quanto Maria sentiva nel suo cuore, espressa in modo originale. Ma è anche evidente che questo cantico è come una seta intessuta di fili che sono citazioni bibliche.

Che cosa ci dice questo fatto? «Che Maria era, per così dire, a casa nella parola di Dio, viveva della parola di Dio, era penetrata dalla parola di Dio» [Benedetto XVI, Insegnamenti I (2005) LEV, 395]. Maria era illuminata dalla sapienza di Dio. Questa era per Maria la chiave interpretativa della sua vicenda personale e dalla vicenda umana.

Cari amici, stiamo vivendo l’Anno della Fede. E’ la fede che apre la finestra della nostra vita alla luce di Dio: diventiamo capaci di pensare come pensa il Signore. La fede quindi ci dona i criteri giusti per giudicare e valutare. Ve ne ho dato un esempio qualche minuto fa, confrontando la considerazione che Dio ha del corpo umano e la considerazione che ne ha la cultura in cui viviamo. Chiediamo insistentemente a Maria, durante questo Anno della Fede, di essere sempre più illuminati dalla luce della fede; di non abbandonare l’interpretazione della nostra vita ai potenti di questo mondo; di conoscere, amare, e pensare con la parola di Dio.

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ZENIT Staff

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