La curiosità degli Apostoli - chi dunque è il più grande nel Regno dei Cieli? - rivela l’innata tentazione del potere, iscritta nel cuore di ogni uomo: il desiderio, cioè, di percorrere il proprio “cursus honorum”, come dicevano gli antichi Romani, cercando -allora come ora e come sempre- di raggiungere i traguardi socialmente più elevati. È la ricorrente e mai del tutto sopita brama di successo, di notorietà e di fama che attraversa il nostro cuore e scatena spesso interminabili lotte e competizioni, a tutti i livelli.
Gesù sorprende e disorienta i suoi interlocutori, chiamando a sé un fanciullo e ponendolo al centro della loro attenzione: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini non entrerete nel Regno dei Cieli (Mt 18,1 ss). La nuova e inattesa condizione, per penetrare nel mistero di Dio, per accedere alla salvezza, è farsi piccoli, rinunciando alla propria sete di grandezza e piegandosi sulle umili realtà quotidiane, accolte e abbracciate con il cuore di un bimbo. Il Vangelo annuncia questa predilezione per i semplici e per gli “ultimi”: i bambini richiamano, nell’immaginario collettivo, l’innocenza e il candore, di cui tutti abbiamo profonda nostalgia; ma essi rappresentano anche coloro che “non hanno voce in capitolo”, che sono esclusi dalla “stanza dei bottoni”. Noi, gli adulti, i grandi, ci riteniamo padroni delle nostre scelte; determiniamo le sorti del mondo; interveniamo -con i mezzi e con le risorse che possediamo- per condizionare il corso degli eventi. Noi, gelosi custodi del nostro cammino e di quello del nostro prossimo, ci riteniamo spesso guide autorevoli degli altri e avvertiamo tutta la responsabilità dei nostri consigli e delle nostre preziose indicazioni.
Gesù capovolge questa prospettiva e assegna proprio ai bambini un ruolo decisivo, elevandoli addirittura a modelli per i suoi discepoli, che avranno, nei più piccoli, un riferimento costante di trasparenza, di umiltà, di autentica conversione.
Si dice spesso che occorre essere “adulti” nella mente e “bambini nel cuore, “semplici come colombe e prudenti come i serpenti”, per essere graditi a Dio. La Vergine Maria ha confermato, in diverse occasioni, questa logica evangelica, assegnando ai più piccoli una speciale predilezione. Fatima è una scuola di sapienza cristiana, trasmessa a tre bambini, chiamati dal Cielo a percorrere le vie della Fede. Ai loro cuori, la Madre stessa di Dio rivela le insondabili profondità della Misericordia di Dio, invitandoli a partecipare della sua materna ansia di salvezza. Non ai politici, non alle personalità e alle autorità del mondo Ella si volge, ma a Lucia - di appena dieci anni - e ai cuginetti Francesco e Giacinta - rispettivamente di nove e sette anni - perché siano strumenti concreti della Grazia e canali vivi di perdono e di conversione per tutti. A loro rivela i piani del Signore; a loro apre il suo Cuore, parlando della bellezza di Dio e mostrando tutta la triste realtà del peccato, vero e devastante tumore spirituale, che determina la infelicità dell’uomo, nel tempo e nella eternità. Il sacrario delle loro innocenti coscienze diventa il luogo in cui avviene il miracolo della liberazione dai lacci del Male, impetrata non solo per sé, ma anche per tutti i peccatori e specialmente per “quelli più bisognosi della divina misericordia”.
La apparizione di agosto -avvenuta non il tredici, secondo “gli accordi” stipulati con Maria Santissima, ma qualche giorno dopo, probabilmente il 19, a causa dell’arresto dei Pastorelli e della loro detenzione nel carcere di Villa Nova de Ourem- nella sua lapidaria e incisiva concisione (propria dello straordinario messaggio di Fatima) ribadisce la necessità della preghiera (recitate il Rosario tutti i giorni); profetizza il “segno” (il “miracolo del sole”), che in ottobre avrebbe autorevolmente confermato la veridicità degli avvenimenti e si conclude con una chiarissima e sorprendente espressione, di rara capacità evocativa: “Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all’inferno, perché non c’è chi si sacrifichi e interceda per loro”. Qui sta tutta la forza di Fatima, quale cammino di radicale conversione personale e di totale donazione di sé, per la salvezza di tutti gli uomini.
Nei Convegni, nei Congressi, nei “vertici” politici spesso si chiacchiera di pace, di sviluppo, di solidarietà: alla Cova da Iria, tra quei lecci attraversati dal vento della Serra d’Aire e benedetti dalla presenza di Maria Santissima, il cuore di tre bambini decide irrevocabilmente di consacrarsi al bene delle anime, pregando e offrendo sacrifici per ottenere la fine di una Guerra devastante (la Prima Guerra Mondiale), ma soprattutto implorando il Cuore di Dio e intercedendo dal Cielo la salvezza eterna di ogni uomo.
* Direttore del mensile “Maria di Fatima”