Un “Chiesa che annuncia con coraggio il Vangelo” non è quella fatta solo da religiosi sparsi nel mondo che cercano di “allargare i confini della fede” fino a rischiare la vita. Ma è quella animata da una comunità “adulta” di uomini e donne che hanno ricevuto il Battesimo e che, in virtù di questo, sono chiamati ad “uscire dal proprio recinto” per far conoscere l’amore di Cristo in ogni realtà. Questa esortazione di Papa Francesco è ormai un leit–motive del suo Pontificato, oltre che una ‘sveglia’ per un popolo di Dio che tende sempre di più a rintanarsi in ‘salotto’. Soprattutto è il cuore del Messaggio del Pontefice – pubblicato oggi, ma datato 19 maggio 2013, Solennità di Pentecoste – in occasione della Giornata Missionaria Mondiale del prossimo 20 ottobre.
“La fede è dono prezioso di Dio” - scrive il Santo Padre - attraverso il quale “Egli vuole entrare in relazione con noi per farci partecipi della sua stessa vita e rendere la nostra vita piena di significato, più buona, più bella”. La fede, però, “chiede di essere accolta” e, in quanto dono, “non è riservato a pochi”, ma deve essere “condiviso”, in modo che tutti possano “sperimentare la gioia di sentirsi amati da Dio”.
“Diventeremo cristiani isolati, sterili e ammalati” qualora tenessimo la fede solo per noi, ammonisce il Papa. Anche perché, “l’annuncio del Vangelo fa parte dell’essere discepoli di Cristo ed è un impegno costante che anima tutta la vita della Chiesa”. È proprio lo “slancio missionario” a segnare la maturità di una comunità ecclesiale, scriveva Benedetto XVI nella Verbum Domini. Essa, spiega Francesco, si può definire ‘adulta’ quando “professa la fede, la celebra con gioia nella liturgia, vive la carità e annuncia senza sosta la Parola di Dio, uscendo dal proprio recinto per portarla anche nelle periferie”.
L’anno in corso, che celebra la Fede e i 50 anni dall’inizio del Vaticano II, può essere, secondo il Papa, un ulteriore stimolo “perché l'intera Chiesa abbia una rinnovata consapevolezza della sua presenza nel mondo contemporaneo”. “La missionarietà non è solo una questione di territori geografici” sottolinea, “ma di popoli, di culture e di singole persone, proprio perché i ‘confini’ della fede non attraversano solo luoghi e tradizioni umane, ma il cuore di ciascun uomo e di ciascuna donna”.
Per questo il Concilio ha ribadito che “il compito di allargare i confini della fede sia proprio di ogni battezzato e di tutte le comunità cristiane”. Papa Francesco invita pertanto Vescovi, Presbiteri, Consigli pastorali e responsabili nella Chiesa “a dare rilievo alla dimensione missionaria nei programmi pastorali e formativi”. L’impegno apostolico infatti “non è completo se non contiene il proposito di ‘rendere testimonianza a Cristo di fronte alle nazioni’”.
Parole mirate quelle del Pontefice, perché “spesso – constata - l'opera di evangelizzazione trova ostacoli non solo all'esterno, ma all’interno della stessa comunità ecclesiale”. A volte, “sono deboli il fervore, la gioia, il coraggio, la speranza nell’annunciare a tutti il Messaggio di Cristo”, mentre vengono “messi in risalto” la violenza, la menzogna, l’errore.
È “urgente” allora “far risplendere nel nostro tempo la vita buona del Vangelo con l’annuncio e la testimonianza”. Questo, però, deve avvenire “dall’interno stesso della Chiesa”, perché - rimarca Bergoglio - è importante non dimenticare che “non si può annunciare Cristo senza la Chiesa”. “Evangelizzare non è mai un atto isolato, individuale, privato, ma sempre ecclesiale” si legge nel documento.
L’attenzione di Francesco si sposta poi sulle sfide della nostra epoca: la mobilità diffusa, i new media, gli scambi professionali, il turismo, fenomeni che spingono a un ampio movimento e mescolamento di persone e culture. Tutto ciò, secondo il Pontefice, complica le cose portando a situazioni in cui “risulta difficile persino per le comunità parrocchiali conoscere in modo sicuro e approfondito chi è di passaggio o chi vive stabilmente sul territorio”.
Inoltre, riferisce il Papa, “in aree sempre più ampie delle regioni tradizionalmente cristiane cresce il numero di coloro che sono estranei alla fede, indifferenti alla dimensione religiosa o animati da altre credenze”. Non di rado, poi, “alcuni battezzati fanno scelte di vita che li conducono lontano dalla fede”, senza dimenticare la “ampia parte dell'umanità” che “non è stata raggiunta dalla buona notizia di Gesù Cristo”. C’è poi la crisi “che tocca vari settori dell'esistenza”, in particolare “quello del senso profondo della vita e dei valori fondamentali che la animano”.
In un orizzonte in cui il presente e il futuro “sembrano percorsi da nubi minacciose”, è “ancora più urgente portare con coraggio in ogni realtà il Vangelo di Cristo” afferma il Santo Padre. L’uomo del nostro tempo - insiste - “ha bisogno di una luce sicura che rischiara la sua strada e che solo l’incontro con Cristo può donare”.
In quest’ottica, conclude il Papa, si capisce come la missionarietà non sia affatto “proselitismo”, bensì “testimonianza di vita che illumina il cammino, che porta speranza e amore”. E la Chiesa “non è un’organizzazione assistenziale, un’impresa, una ONG, ma è una comunità di persone, animate dall'azione dello Spirito Santo”.
Nella parte conclusiva del Messaggio, il pensiero di Papa Francesco va a quanti si fanno portatori della Buona Novella: dai missionari ai presbiteri fidei donum ai fedeli laici che “lasciano la propria patria per servire il Vangelo in terre e culture diverse”. “Donare missionari e missionarie non è mai una perdita, ma un guadagno” afferma. L’incoraggiamento è soprattutto per i vescovi, le famiglie religiose, le comunità “a sostenere la chiamata missionaria ad gentes e ad aiutare le Chiese che hanno necessità di sacerdoti, religiosi e religiose e laici per rafforzare la comunità cristiana”.
In un “respiro universale”, scrive il Santo Padre, è fondamentale che “le Chiese più ricche di vocazioni aiutino con generosità quelle che soffrono per la loro scarsità”. E, da parte loro, le “giovani Chiese” possono donare freschezza ed entusiasmo alle “Chiese di antica cristianità”. Il Papa, infine, si rivolge a tutti i fratelli e le sorelle perseguitati nel mondo perché fedeli al proprio Credo. Sono “testimoni coraggiosi”, scrive, “ancora più numerosi dei martiri nei primi secoli”. Il Papa assicura loro la vicinanza nella preghiera, donandogli serenità attraverso “le parole consolanti di Gesù”: «Coraggio, io ho vinto il mondo» (Gv16,33).