XXXIII Marcia Francescana: chi crede, cammina

Le testimonianze di alcuni partecipanti all’evento che ha visto migliaia di giovani provenienti da tutta l’Italia, camminare per centinaia di chilometri con il desiderio di arrivare ad Assisi

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Si è appena conclusa la XXXIII Marcia Francescana che ha visto protagonisti migliaia di giovani marcianti provenienti da ogni regione d’Italia, camminare per centinaia di chilometri con il desiderio di arrivare ad Assisi il 2 agosto, varcare la soglia della Porziuncola, cuore spirituale della Basilica di Santa Maria degli Angeli, e ricevere l’indulgenza del Perdono: un tesoro che San Francesco chiese una notte dell’anno 1216 al Signore Gesù Cristo e a Sua Madre Maria, mentre era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola.

Partire per un pellegrinaggio a piedi lungo una settimana, significa portare con sé non solo le fatiche fisiche ma anche quelle spirituali, che affiorano allo scoperto durante un cammino di scoperta di sé e della strada da seguire lungo i sentieri della vita.

Tra i marcianti delle regioni Lazio ed Abruzzo che hanno camminato insieme per 140 km, c’è la storia di Shpresa, una ragazza albanese di 23 anni che desidera diventare suora francescana  di Santa Filippa Mareri  ma la sua storia d’amore con il Signore è intralciata dalla sua famiglia d’origine: “La mia è una famiglia religiosa – racconta Shpresa, il cui nome, tradotto in italiano, significa Speranza – io invece non ho mai amato tanto andare in chiesa. Un giorno dei frati e delle suore sono venuti a bussare a casa mia perché avevano bisogno di qualcuno che li accompagnasse a fare una missione d’evangelizzazione nel mio paese. Quel giorno le mie sorelle erano uscite e a casa c’ero solo io, così mio padre mi mandò anche se io non ne avevo voglia. Quel giorno incontrai per la prima volta il Signore e me ne innamorai.”

Il racconto di Shpresa è velato di malinconia ma nei suoi occhi c’è la consapevolezza di aver fatto una scelta coraggiosa per la sua vita a cui non vuole rinunciare: “Quando tempo dopo dissi alla mia famiglia che desideravo entrare in convento, ebbi l’appoggio solo di mio padre che mi disse: «se è questo che ti rende felice, vai per la tua strada»  Mia madre e le mie sorelle invece, incominciarono ad insultarmi e ad ostacolarmi. Io invece da quando ho incontrato le suore francescane, per la prima volta mi sento a casa. Penso a San Francesco e a Santa Chiara, anche loro hanno dovuto combattere con la loro famiglia per difendere la loro vocazione e questo mi dà il coraggio per non mollare.”

Elena, 21 anni, studia infermieristica ed ha un sorriso contagioso e luminoso: “Durante il cammino notavo il paesaggio e la sua perfezione, eppure, benché circondata di splendori, guardavo sempre i sassi a terra, il mio sguardo si alzava soltanto quando il mio corpo sostava. La vera sfida che Dio mi ha chiamato a compiere durante la marcia è stata quella di valicare il limite che mi costringevo a non oltrepassare. Così, durante la mia prima, vera confessione, pochi giorni prima di ricevere l’Abbraccio del Perdono, davanti a un frate che mi infondeva amore e pace, ho rotto e frantumato le pietre grezze e dure che mi rendevano brutta, e ho trovato diamanti. La felicità è nata gemella, ha sempre bisogno dell’altro, Dio mi ha scelta per il bene degli altri affinché la Sua gioia sia unanime. Ho iniziato a dare un calcio ai miei blocchi, primo fra tutti la paura di iniziare il cammino che mi ha visto protagonista.”

Fabio, 33 anni, racconta: “Durante una salita particolarmente ripida, ho rallentato il passo per aiutare una ragazza in difficoltà. Il rallentare mi ha permesso non solo di aiutare quella ragazza ma anche di fermarmi a parlare con i miei compagni di marcia. Quando ti fai dono, gli altri diventano un dono per te.”

A camminare insieme ai ragazzi del Lazio e dell’Abruzzo, un gruppo di giovani della Repubblica Ceca accompagnati dal loro Padre francescano che, partiti da Praga a bordo di un pulmino, hanno raggiunto dopo 21 ore di viaggio Pescasseroli, punto di partenza della marcia. Il desiderio così grande di ricevere l’Abbraccio della Porziuncola, supera i confini e spinge le persone a compiere gesti straordinari.

L’arrivo alla Porziuncola, porta con sé un’emozione indescrivibile: si ha la sensazione di essere tornati da un lungo viaggio durato un’intera vita e di essere accolti finalmente a casa da Qualcuno che ama ciascuno di noi come se fossimo l’unica persona da amare. Arrivati a casa ma pronti per un nuovo cammino: “Dove vai tu, io ti seguirò”. È l’ultimo verso del Cantico dei Cantici. Per i marcianti sarà l’inizio di un nuovo canto.

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Gaia Bottino

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