L’estate dovrebbe essere una stagione di divertimento e di svago. Ma in alcuni casi, purtroppo, rischia di trasformarsi in una stagione di morte.
Durante l’estate, infatti, si moltiplicano i cosiddetti “rave”. Questa parola inglese, che significa “delirio”, si riferisce ai grandi raduni musicali che si svolgono in posti isolati, lontani dai centri abitati. Possono durare giornate e notti intere, senza sosta, con un consumo di droga e alcolici molto elevato.
Ognuno è rinchiuso nel proprio guscio, mentre la musica assordante impedisce qualunque tipo di comunicazione.
Il principale strumento di autodistruzione di certi ambienti si chiama “ecstasy”, pillola colorata che ha un’apparenza innocua. Si ingerisce con facilità e non desta le preoccupazioni di altri tipi di droga (come, ad esempio, il rischio di contrarre l’Aids).
La trappola dell’ecstasy consiste nel dare ai ragazzi l’illusione di assumere dei superpoteri, come certi eroi forzuti del mondo dei fumetti. Produce un’eccitazione del tutto innaturale e una perdita di consapevolezza delle reazioni del proprio corpo.
A volte, nei rave, il ritmo della musica è talmente frenetico che l’ecstasy diventa una specie di carburante necessario per poter stare al passo con ciò che si ascolta. Musica e droga diventano una cosa sola. Si nutrono e si sostengono reciprocamente. Ognuna, per esistere, non può fare a meno dell’altra.
Il rischio mortale è legato al possibile colpo di calore, dovuto all’eccessiva attività fisica e all’aumento critico della temperatura corporea. Ci si illude, per poco, di diventare invincibili. Ma poi, gli effetti di certe sostanze possono essere devastanti.
Un’altra riflessione da fare è su come sia cambiato il modo di consumare droga tra le nuove generazioni. Negli anni Sessanta e Settanta, infatti, l’uso di stupefacenti si accompagnava spesso a correnti di pensiero o a movimenti culturali. Ad esempio, quello dei cosiddetti “figli dei fiori”.
Gli spinelli, l’LSD e le altre droghe nascondevano il loro volto di morte dietro una parvenza di ideali. In molti casi, si trattava di valori condivisi dai giovani in buona fede: il pacifismo, il rifiuto del consumismo, il desiderio di una fratellanza universale.
Anche a quell’epoca la droga uccideva i ragazzi. Ma ciò avveniva in una sorta di clima apparentemente più nobile ed elevato, che ne mascherava abilmente tutto lo squallore.
Oggi la droga si presenta nuda, a viso scoperto. Non ha più bisogno di nascondersi. L’ecstasy è la più pura espressione del nulla, del vuoto e del non-pensiero assoluto. Non a caso, il suo scenario ideale è quello del rave, dove regnano suoni assordanti e ritmi martellanti.
Il paradosso è che l’estate non dovrebbe produrre certi rischi. Dovrebbe essere un periodo di allegria, di rilassamento. Eppure, a volte, accade l’esatto contrario. I ragazzi, dopo una notte passata a ballare, sono stanchissimi. Letteralmente sconvolti e tutt’altro che riposati.
La migliore risposta a certi meccanismi di degrado è quella di invitare i giovani a riscoprire il vero significato del divertimento, attraverso l’educazione ad una sana cultura del limite. Non a caso, negli ultimi anni, in varie parti del mondo, stanno nascendo discoteche più controllate, in cui il volume della musica è più basso e si evita rigorosamente il consumo di alcolici. Il successo di queste iniziative è la testimonianza del fatto che non bisogna avere una scarsa stima giovani e pensare che desiderino sempre la trasgressione.
Per trascorrere una serata rilassante con gli amici non è necessario fare troppo tardi, ubriacarsi o drogarsi. Basta controllarsi ed imparare a gestire con intelligenza la propria libertà.