Le cinque prove dell'esistenza dell'uomo (Seconda parte)

In tempo di diritti, Carlo Casini spiega perché il concepito è una persona

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di Carlo Casini

ROMA, venerdì, 31 agosto 2012 (ZENIT.org).- Dicono che l’insegnamento del Papa e dei vescovi sulla famiglia e sulla vita allontana i fedeli e quindi riduce i collaboratori nelle opere di apostolato e di carità. Non credo che sia vero. Ma se lo fosse? In ogni caso la predicazione del vangelo della vita non giova alla chiesa visibile. Essa crea ostilità a livello politico, divisioni, incomprensioni, distanze. Vale la pena insistere nella intransigenza nell’annunzio del vangelo della vita?

Certo: se lui è “uno di noi” la sua difesa è un aspetto ammirevole della “Chiesa povera”, della chiesa, cioè, che è disposta a rinunciare a vantaggi terrestri pur di restare fedele all’uomo che non ha voce. Ma se l’embrione è soltanto un grumo di cellule verrà il tempo in cui la stessa Chiesa dovrà riconoscere la sua stoltezza.

Provare l’esistenza dell’uomo: questa è dunque la decisiva questione del momento. Non solo per la gente di chiesa. La modernità ha affidato tutte le sue speranze di pace, di libertà e di giustizia al riconoscimento della uguale dignità di ogni membro della famiglia umana. Così proclamano le prime parole della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo tanto spesso ripetute o richiamate in patti internazionali e Costituzioni statali. Dunque se anche il corpuscolo che i radicali mostrano sulla punta di uno spillo è un essere umano, allora le nostre società, orgogliose di se stesse, tradiscono la libertà, il diritto, la democrazia, la solidarietà, sono addirittura società in guerra, una “guerra dei potenti contro i deboli”.

Ma vale la pena mettere in crisi tutto ciò che pareva una già consolidata e gloriosa conquista di civiltà? Non è meglio emarginare, soffocare, nascondere il problema? Fino a quando si è discusso soltanto di aborto, le tattiche di occultamento della questione sono riuscite. Non vale la pena chiedersi se ciò che si sviluppa nel seno di una donna è o no un essere umano: anche se lo fosse – così dicevano – la legge dovrebbe egualmente rendere lecita l’interruzione della gravidanza, per ridurre almeno, il male dell’aborto clandestino, per consentire alle pubbliche istituzioni di conoscere i propositi abortivi e tentare di fermarli; per evitare il degrado di norme proibitive di fatto incapaci di essere attuate. Argomenti sofistici, lo sappiamo bene. E tuttavia idonei ad evitare il porsi delle domande: uomo o cosa? Oggetto o soggetto? Uno di noi o porzione di tessuto? Un figlio attuale o una possibilità di figlio futuro?

Ma ora l’embrione lo hanno collocato in un recipiente (la provetta) al di fuori del corpo della donna. Tutto è possibile fare di lui. E tutto ciò che si può fare può essere programmato prima di generarlo. Puoi scegliere una tecnica che produce molti embrioni in un unico contesto e decidere che alcuni, quelli di serie C o D, li butterai via; che altri li congelerai anche se una buona parte perirà nelle operazioni di congelamento e scongelamento; che altri ancora rimarranno per anni ibernati a 196 gradi sotto lo zero come scorta che può divenire inutile e quindi da buttare o da distruggere nelle più diverse sperimentazioni. E se poi l’uso di molti embrioni porta eccezionalmente a una gravidanza plurima, qual è il problema se si vuole un solo figlio? La riduzione fetale è divenuta ormai una operazione di routine…

No, di fronte all’embrione in provetta non si può più accantonare la domanda. La legge approvata dal Parlamento Italiano il 10/2/2004, promulgata il 19/2/04 ed entrata in vigore il 10 marzo successivo ha dato la sua risposta: il concepito è un soggetto che ha diritti da proteggere al pari degli altri soggetti coinvolti. Il dibattito si è concentrato su molti altri punti e diventerà bruciante all’approssimarsi del giorno in cui si svolgeranno i referendum prossimi contro la legge: la fecondazione eterologa; la possibilità di ricorrere alle nuove tecniche oltre che nei casi di infertilità/infecondità, anche quando vi sia un rischio di malattie ereditarie; l’autodeterminazione della donna; il limite massimo dei tre embrioni da generare in un unico contesto e da trasferire contemporaneamente nell’utero; il congelamento; le cellule staminali; la diagnosi pre-impianto. Ma, a ben guardare, la questione è una sola: l’embrione è un essere umano? E quindi un figlio? Il resto è corollario o dettaglio.

Perciò è necessario provare l’esistenza dell’uomo. Con la consapevolezza che se proveremo l’esistenza dell’uomo in quel punto che può essere collocato sulla punta di uno spillo avremo provato l’esistenza dell’uomo in ogni caso, anche in me e in te che leggi, perché avremo scoperto quella caratteristica che ci rende diversi da tutto il resto del cosmo, animali compresi.

San Tommaso d’Aquino catalogò le vie per giungere a Dio: le cinque prove dell’esistenza di Dio. Stimolato dal filosofo che ho citato all’inizio, classifico anch’io in cinque le prove dell’esistenza dell’uomo. Si tratta – evidentemente – di un espediente per suscitare l’attenzione e fissare la memoria. In realtà non si dicono cose nuove, ma si cerca soltanto di dare ordine al molto già detto, con presunzione di aiutare quanti nel dibattito referendario in corso vorranno sostenere le ragioni della legge che si vorrebbe annullare e, soprattutto, di offrire qualche spunto di meditazione sul mistero dell’uomo che vada ben oltre la contingenza referendaria.

Questo scopo esige uno stile il più possibile semplice, comprensibile a tutti. Non tutti sono biologi, giuristi o filosofi. Eppure tutti sono chiamati a decidere e ciascuno è serio e responsabile se decide con la propria testa. Non si possono ignorare le nozioni essenziali fornite dalla scienza e tuttavia esse vanno esposte in modo tale da consentire alla ragione individuale di trarne le conseguenze. Anche per questo la “prova dell’esistenza dell’uomo” percorrerà esclusivamente le strade indicate, appunto, dalla ragione, affinché anche il non credente possa camminarvi. Che se poi la meditazione sul mistero che avvolge l’uomo, inevitabilmente colto dalla ragione, conduce alla intuizione del mistero di Dio, non per questo viene meno l’ipotesi di un cammino comune, come tale assolutamente “laico”, di credenti e non credenti.

Per ogni approfondimento “Le cinque prove dell’esistenza dell’uomo” (Edizioni San Paolo – 5 Euro)

(La prima parte è stata pubblicata ieri, giovedì 30 agosto)

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ZENIT Staff

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