"Educare alla custodia del creato per sanare le ferite della terra"

È questo il tema della 7ª Giornata per la salvaguardia del creato indetta dalla CEI nella data fissata del 1° settembre 2012

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di Giuseppe  Adernò

ROMA, venerdì, 31 agosto 2012 (ZENIT.org).- Mentre durante il periodo di riposo abbiamo goduto la natura, il mare, i fiumi, i laghi, le montagne, la frescura dei boschi, il candore delle nevi e, ammirando tante meraviglie, sorge spontaneo il rendere grazie al Creatore, che dona ai suoi figli di vivere su una terra feconda e meravigliosa, è altrettanto doveroso prendere atto delle tante ferite di cui soffre la terra.

Essere “custodi del creato” è un compito che il buon Dio ha assegnato a ciascun uomo e nel constatare come spesso il “dominare la terra” si traduce in disprezzo del bene ricevuto, violentando e deturpando il valore naturale del paesaggio e dell’ambiente, ci si rende conto che è doveroso e necessario dedicare un momento di riflessione su questo impegno morale che compete a tutti.

Se viene a mancare il rispetto per la natura, l’uomo “fa violenza al creato” e provoca danni che hanno sempre conseguenze negative come vediamo, purtroppo, in varie occasioni.

Come si legge nel documento emanato dalla Cei il 24 giugno a firma congiunta della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la Giustizia e la Pace e della Commissione per l’Ecumenismo e il dialogo, curare e sanare le ferite, “è voce del verbo amare, e chi desidera guarire sente che quel gesto ha in sé una valenza che lo vorrebbe perenne, come perenne e fedele è l’Amore che sgorga dal cuore di Dio e si manifesta nella bellezza nel creato, a noi affidato come dono e responsabilità”.

Lo scopo del messaggio e della manifestazione, anche se non ha ampio coinvolgimento,  essendo stata fissata a ridosso della vacanze, quando ancora le scuole sono chiuse e le attività parrocchiali in graduale ripresa, è appunto quella di promuovere una “riconciliazione con il creato, perché il mondo in cui viviamo porta segni strazianti di peccato e di male causati anche dalle nostre mani, chiamate ora a ricostituire mediante gesti efficaci un’alleanza troppe volte infranta”.

Le sofferenze provocate dai recenti terremoti, alluvioni ed altri disastri ambientali costituiscono una vera lezione che forse solo chi ne è direttamente coinvolto riesce a cogliere  e a sentire come monito di rispetto e di attenzione nella costruzione delle case e nella prevenzione dei rischi.

Il prossimo 9 ottobre per iniziativa del Governo italiano si celebrerà la “Giornata in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo” ricordando le tante vittime innocenti che hanno trovato la morte sotto le macerie o travolti dal fango delle alluvioni e colpiti da gravi malattie a seguito dell’inquinamento causato dagli impianti industriali, non adeguatamente protetti nel rispetto della salute dell’uomo e dell’ambiente.

L’ambiente naturale, ha scritto Benedetto XVI  nell’enciclica Caritas in veritate, “non è una materia di cui disporre a piacimento, ma opera mirabile del Creatore, recante in sé una “grammatica” che indica finalità e criteri per un utilizzo sapiente, non strumentale e arbitrario. Oggi molti danni allo sviluppo provengono proprio da queste concezioni distorte».

Ed ecco la necessità di intervenire per dare armonia e unità di intenti all’ecologia del cuore e all’ecologia del creato «L’uomo interpreta e modella l’ambiente naturale mediante la cultura, la quale a sua volta viene orientata mediante la libertà responsabile, attenta ai dettami della legge morale»  Occorre pertanto con sollecitudine educativa una forte responsabilità che coinvolge tutti gli educatori ed in particolare agli insegnanti di religione nell’insegnare a saper leggere il libro stupendo del creato, che ci parla di Dio.

In occasione dell’ultimo Forum Europeo Cattolico-Ortodosso, tenutosi a Lisbona nello scorso giugno, è stato dichiarato che: «Non è più possibile dilapidare le risorse del creato, inquinare l’ambiente in cui viviamo come stiamo facendo.

La vocazione dell’uomo è di essere il custode e non il predatore del creato. Oggi si deve essere consapevoli del debito che abbiamo verso le generazioni future alle quali non dobbiamo trasmettere un ambiente degradato e invivibile».

Vivere il territorio come un bene comune e prendersi cura della porzione di creato nella quale si vive, significa anche permettere che la terra continui a produrre il pane e il vino per nutrire ogni uomo e che ogni domenica offriamo come “frutti della terra e del nostro lavoro” a Dio, Padre e Creatore.

Il 28 novembre dello scorso anno, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza speciale gli studenti “difensori del creato” nell’ambito della manifestazione promossa dalla Fondazione Sorella Natura, nell’ambito del progetto “Ambientiamoci a scuola” che insegna e favorisce il rispetto del creato, aiutando i giovani a scoprire talenti e attitudini personali, e quindi a prepararsi all’esercizio della  professione , fondato sul rispetto per l’essere umano, che è un tutt’uno con il rispetto per la natura. Entrambi possono, infatti, crescere ed avere la loro giusta misura a vantaggio della creatura umana, della natura e del suo Creatore.

La parola “creato”, ha detto il Papa, viene usata “perché il grande e meraviglioso albero della vita non è frutto di un’evoluzione cieca e irrazionale, ma questa evoluzione riflette la volontà creatrice del Creatore, la sua bellezza e la sua  bontà”.

La giornata del creato rinsalda l’alleanza tra l’uomo e la terra e favorisce la riconciliazione nella fedeltà alla comune matrice di creature di Dio. Esiste, infatti, una grande reciprocità tra noi, il creato e Dio, anzi «nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi». 

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ZENIT Staff

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