di Anita Bourdin
ROMA, lunedì, 27 agosto 2012 (ZENIT.org) – “L’emergenza educativa”, ha spiegato la Congregazione delle Religiose dell’Assunzione “sin dal suo inizio”, afferma suor Martine Tapsoba.
Oggi, le religiose cercano “di formare uomini e donne di carattere”, con delle “convinzioni profondamente evangeliche”, considerando la persona “in tutte le sue dimensioni” e “con dei mezzi adattati alle culture e ai luoghi”, dove le comunità sono impiantate, spiega Sr. Tapsoba.
Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista suor Martine Tapsoba, originaria del Burkina Faso, Superiora Generale della Congregazione delle Religiose dell’Assunzione.
Santa Maria Eugenia è stata canonizzata nel 2007. Quale frutto ha avuto per voi questo mettere in risalto della sua santità da parte della Chiesa?
Sr. Martine Tapsoba: La canonizzazione di Madre Maria Eugenia di Gesù continua a produrre frutti. Lei ci ha insegnato l’importanza di un grande attaccamento a Gesù Cristo per vivere in felicità la nostra fede e per amare il nostro mondo, opera di Dio e luogo in cui risplende la sua gloria e la sua presenza. Noi siamo sempre più consapevoli che santa Maria Eugenia di Gesù è un dono per la Chiesa e che appartiene ad essa. La santità è un invito a ciascuno di noi e a tutti. La testimonianza di vita di santa Maria Eugenia ce ne ha dato il gusto! Non solo alle Religiose dell’Assunzione, ma anche ai nostri amici laici, parenti e collaboratori. La canonizzazione ha ampliato e consolidato la nostra Congregazione religiosa, in particolare grazia allo sviluppo del movimento laico nei diversi Paesi in cui siamo impiantate. In “Assunzione insieme” (laici e suore), vogliamo, alla sequela di Cristo e di santa Maria Eugenia di Gesù, essere uomini e donne contemplativi e, al contempo, degli attori impegnati nella trasformazione del mondo.
Il Papa ha definito l’“emergenza educativa” come una priorità della sua diocesi di Roma. Voi siete costantemente in contatto con i giovani delle vostre istituzioni giovanili: come voi vivete questa emergenza?
Sr. Martine Tapsoba: In qualche modo, l’“emergenza educativa” ha segnato la nostra Congregazione sin dal suo inizio, dato che Maria Eugenia vedeva l’educazione come un modo per rispondere agli appelli pressanti del suo tempo. Segnata dalle incoerenze della sua epoca, in particolare quelle delle classi dirigenti, lei intravedeva una società profondamente cristiana, nella quale la dedizione vinceva sull’egoismo, la giustizia sulle disuguaglianze sociali, la larghezza di vedute sulla ristrettezza mentale. Oggi, questa stessa urgenza è il fondamento dei progetti educativi degli istituti dell’Assunzione. In qualunque Paese l’Assunzione è all’opera, cerchiamo di rispondere all’appello urgente di questo mondo e di questi tempi, che hanno bisogno di uomini e donne abitati da una profonda speranza ed aperti alla differenza, impegnati per la giustizia e per il rispetto della Creazione, testimoni della gioia che nasce dalla relazione con Dio, operatori di riconciliazione e di dialogo. Come ho detto in precedenza, è con mezzi adattati alle culture e ai luoghi che cerchiamo di formare uomini e donne di carattere, con convinzioni profondamente evangeliche. Si tratta di considerare la persona in tutte le sue dimensioni (spirituale, affettiva, intellettuale, fisica) per risvegliare nei giovani il desiderio di assumere la loro storia e di impegnarsi con passione nel loro mondo. Noi cerchiamo di allargare la loro mente e di insegnare loro a lasciarsi guidare dal Vangelo nel loro discernimento, sviluppando un senso critico che permette di distaccarsi dal consenso e di compiere azioni che interpellano i nostri contemporanei. La leadership, il senso di responsabilità e la mentalità di progetto, la valorizzazione di ogni persona e di ogni cultura sono degli assi portanti che vengano a rafforzare la formazione dell’intelligenza e della fede.
Quali insegnamenti ha ricevuto dai suoi genitori, la prima generazione di cristiani nella vostra famiglia?
Sr. Martine Tapsoba: I miei genitori sono partiti alla ricerca della vita di fede, specialmente mia madre che ha condiviso molte cose a tal proposito. Questa ricerca è già una lezione per me: molte persone come me, battezzate da bambini, non hanno questa consapevolezza di una sete che mette in cammino. Prendiamo quello che viviamo come qualcosa di così normale che la routine e la mancanza di motivazione sono sempre dietro l’angolo. La grazia che ho avuto è stata quella di aver avuto fiducia in mia madre e di aver accettato come un dono la possibilità di conoscere Cristo, Via, Verità e Vita. E infatti, questo mi ha preparato a vivere più tardi l’esperienza di Cristo Salvatore e Buon Pastore.
Ho capito che la fede è un dono da sviluppare; bisogna lavorarci, lasciarsi guidare. La luce è sempre da cercare, fino a quando non viene data. È necessario coltivare un desiderio di Dio in noi. Santa Maria Eugenia ha scritto in una delle sue note intime: “Tengo alla mia fede come a qualcosa che ho scoperto”.
Da mio padre, ho imparato il senso dell’accoglienza delle persone, senza distinzione di razza, cultura o Paese. Ci ha aperto a persone provenienti da molte regioni del Burkina Faso, alle quali offriva alloggio e cibo, senza veramente conoscerle, purché erano nella necessità. Lui riservava la stessa accoglienza ai membri della famiglia allargata, sia dal lato suo sia dal lato di mia madre. Ai miei genitori piaceva condividere anche il poco che avevano, con qualunque persona. Anche noi abbiamo ricevuto molto aiuto dalla famiglia allargata e dagli amici. Penso che questo mi abbia dato il gusto dell’internazionalità e mi ha preparato a viverla.
Come nasce, nel Burkina Faso, la vocazione di una religiosa dell’Assunzione? Quali ostacoli ha dovuto affrontare?
Sr. Martine Tapsoba: Potrei nominare mille cose che sono alla base della mia vocazione: le condizioni di vita, l’educazione cristiana in famiglia, la preghiera di una madre riconoscente per i bambini che Dio le aveva dato, l’incontro con testimoni della fede nelle Religiose che sono state mie insegnanti nella scuola elementare e, in seguito, in quella secondaria. Sono stata segnata anche dalla vita dei Fratelli delle Scuole Cristiane che hanno completato la mia formazione presso la scuola secondaria di Bobo-Dioulasso. Penso che se fossi stata un maschietto che sarei entrata da loro!
Gli ostacoli ci sono sempre: in primo luogo, il desiderio di fare come tutto il resto, in una cultura in cui il fatto di avere dei figli è molto importante. La preoccupazione di aiutare i miei genitori, di sostenere i miei fratelli, essendo la più grande della famiglia e che i miei genitori non possono sostenere gli studi dei più giovani fino alla fine, il gusto del successo sociale quando gli studi vanno bene… “Essere qualcuno”, come si dice comunemente, vale a dire avere un buon lavoro, denaro, fondare una famiglia, eccetera.
[La prima puntata dell’intervista è stata pubblicata ieri, domenica 26 agosto. La terza ed ultima parte sarà pubblicata domani, martedì 28 agosto]
[Traduzione dal francese di Paul De Maeyer]