Invitati al banchetto eucaristico

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio

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ROMA, giovedì, 23 agosto 2012 (ZENIT.org).

Lettura

Gesù è entrato a Gerusalemme accolto dai piccoli come Messia, ma osteggiato dai capi del popolo gelosi dei loro poteri. In questa prospettiva di rifiuto e d’accoglienza Cristo propone alcune parabole con le quali ci aiuta a rileggere la sua storia personale e quella della Chiesa da lui fondata. La parabola del banchetto nuziale, il cui invito viene rifiutato dai primi invitati, è chiaro riferimento al Verbo incarnato, che “i suoi (i capi del popolo) non hanno accolto”; mentre, invece, “coloro che lo hanno accolto (anche tra i pagani) hanno ricevuto il potere di diventare figli di Dio”.Questa figliolanza è significata dall’abito che noi riceviamo al battesimo, e che dovremmo poter indossare ogni volta che ci accostiamo all’Eucaristia.

Meditazione

Oggi, leggendo il brano di Matteo, qualcuno si sarà scandalizzato del “re che fece uccidere quegli assassini” che avevano rifiutato il suo invito al banchetto nuziale in onore del figlio. È chiaro che Dio, anche quando ha tutte le ragioni per “indignarsi” non uccide nessuno. Siamo noi che rifiutando, con le scuse più assurde, il suo invito alla Messa domenicale, ci facciamo del male e pecchiamo mortalmente. Ben vengano, allora, le parole forti di Gesù, se riusciranno a risvegliare la coscienza intorpidita di troppi cristiani che la domenica trascurano l’appuntamento eucaristico. Noi, invece, lasciamo che la parola bruciante del Signore ci penetri, così che il nostro “cuore di pietra diventi cuore di carne”,e che delle nostre comunità parrocchiali Gesù possa dire: «Voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio».Senza giudicare “gli assenti”, guardiamo alle nostre Messe e, con realismo evangelico, costatiamo come esse non si discostino dalla sala delle nozze descritta nella parabola, che accoglie «cattivi e buoni».Però fermiamoci qui; perché nessuno ci autorizza a dare pagelle all’uno o all’altra. Soltanto il Re può giudicare le coscienze e distinguere chi ha indossato o no l’abito nuziale. Sappiamo, però, che Gesù non ci coglie alla sprovvista: egli, attraverso l’apostolo Paolo, ci avverte che «chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,29).Con sant’Agostino potremmo così tradurre: “Se non riconosci il corpo ecclesiale di Cristo nei tuoi fratelli, non puoi ricevere degnamente quello eucaristico”. Lo stesso insegnamento ce lo dà il Vangelo di Giovanni che, invece dell’istituzione dell’Eucaristia, ci narra la lavanda dei piedi, episodio che ci rimanda al comandamento della carità reciproca, ma anche al sacramento della Penitenza, “purificazione” a volte necessaria dopo il bagno del battesimo.

Preghiera

Gesù, donami il tuo Santo Spirito, che mi faccia capace di ascoltare docilmente la tua parola e mi renda affamato del cibo che tu mi doni nella santa Messa: il tuo Corpo santissimo, offerto in sacrificio per la mia salvezza.

Agire

Oggi, dopo aver letto e meditato 1Cor 11,17-34, pregherò con più fede il quinto mistero della luce.

Meditazione del giorno a cura di P. Salvatore Piga, osb, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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