di padre Mario Piatti icms,
direttore del mensile “Maria di Fatima”
ROMA, mercoledì, 22 agosto 2012 (ZENIT.org).- La solennità dell’Assunta, posta nel cuore stesso di agosto, trova, proprio la settimana successiva, un significativo “corollario” nella memoria di “Maria Regina”. Il destino di gloria della Vergine, giunta, nella pienezza del suo essere, a contemplare e a possedere eternamente Dio, è colto – dalla pietà popolare e poi dalla riflessione teologica e dalla liturgia – come viva partecipazione alla regalità di Cristo. Associata in tutto a Gesù, Ella manifesta la sua potestà materna accanto al Figlio: Madre e Regina, la possiamo immaginare – pur con tutti i limiti dell’umana fantasia – venerata, quale Sovrana, dagli Angeli e dai Santi, soccorritrice degli uomini e mediatrice di Grazia presso il trono di Dio. Ella siede Regina e da quella beata condizione non cessa di adorare il Signore e di presentargli le nostre richieste e le nostre difficoltà; addirittura i nostri peccati, perché siano purificati nell’ardente braciere della divina Misericordia.
Maria Regina rivaluta finalmente le ferite inferte dalla colpa alla nostra povera umanità che, disprezzata, umiliata e offesa dai propri errori, riscopre in Lei una speranza nuova: il riscatto dall’abisso di male e di perdizione in cui facilmente rischiamo di precipitare.
Maria Regina ridisegna la mappa e la gerarchia dei valori. È incoronata in Cielo colei che visse umile in terra. È lodata e glorificata per sempre dalle schiere celesti colei che trascorse la sua esistenza nel nascondimento di Nazareth. È elevata al di sopra di ogni creatura colei che attraversò la prova del Calvario e si unì generosamente all’offerta del Figlio Crocifisso. Chi scelse per sé l’ultimo posto sulla terra, regna per sempre nella Patria dei Santi, dove continua ancora la sua opera di salvezza e di redenzione. Chi ha saputo servire i suoi fratelli e per loro ha impegnato il suo tempo e tutte le sue energie, ora è celebrata e cantata vittoriosa in Cielo.
Maria Regina conferma la verità del Vangelo, che capovolge i criteri del mondo e che propone lo statuto nuovo delle Beatitudini, indicando la Legge dell’Amore come unica risposta all’egoismo che opprime e che devasta i cuori.
La realtà dell’Uomo, quaggiù appena abbozzata, splende lassù, nella sua bellezza autentica, sul volto di colei che regna con Cristo e con Lui giudica la Storia, in base alla responsabilità e alla Fede di ciascuno e non alle apparenze e alla gloria passeggera del mondo. Davanti a Dio vale solo quanto abbiamo veramente amato, quanto siamo stati fedeli alla nostra vocazione cristiana, alla “misura alta” della vita. Dio non considera i fatti esteriori, ma le intenzioni profonde del cuore e ricerca, nel sacrario del nostro spirito, quella rettitudine che ci conforma al Figlio. Questa memoria liturgica ci riconduce, dunque, alla sorgente stessa della Luce e della Verità e, ancora una volta, invita tutti a un salutare esame di coscienza.
La Chiesa si rinnova quando riprende a ragionare “secondo Dio” e non secondo le categorie della cultura imperante; quando è disposta a seguire il Maestro nella follia della Passione, senza cercare accomodamenti e scorciatoie, che la fanno deviare dalla sua missione.
La regalità di Maria rivela la bontà di un progetto di Amore che da duemila anni attraversa la Storia e la feconda della forza irresistibile del Vangelo, coinvolgendo la nostra vita e costringendoci continuamente a scegliere tra Cristo e il mondo: “tertium non datur”. Chi non raccoglie con Lui, disperde. Chi non scende in campo con il Signore – come suggerisce la grandiosa rappresentazione ignaziana “dei due stendardi” – si rifugerà nel campo avverso, accontentandosi della fasulla gloria del presente e affidando la propria sorte al nemico della sua anima.
Soprattutto in Oriente si sviluppò, in seguito al dibattito cristologico, la teologia della “Théosis”, della divinizzazione cioè dell’Uomo. In questa luce la regalità di Maria innalza la nostra –apparentemente – insignificante e povera esistenza fino alle vette sublimi del Cielo, dove ogni frammento di autentica umanità viene raccolto e glorificato per sempre. Il lavoro, la famiglia, le quotidiane prove da affrontare e i drammi che ogni giorno scandiscono inevitabilmente il nostro cammino attendono di essere purificati e trasfigurati dalla Grazia. Tutto è prezioso, agli occhi di Dio, tutto è bello, è santo, è amabile quando è vissuto per Lui, con Lui, in Lui.
L’antifona mariana della “Salve Regina” – risalente con tutta probabilità all’XI secolo – mirabilmente raccoglie l’anelito dei fedeli verso Maria, “Madre di Misericordia”, nostra vita, dolcezza e speranza. Quest’antica preghiera, senza nascondere la innegabile fatica del presente – raffigurata significativamente nella immagine della “valle di lacrime” – invita la Vergine Santa a volgere i suoi occhi verso la nostra compassionevole condizione. È solo da quello sguardo, dolcissimo e misericordioso, che noi attendiamo una parola finalmente nuova, nella certezza di non essere soli, quaggiù, ma costantemente accompagnati dal Cuore di una Madre, che vive per sempre, quale Regina umilissima e gloriosa, accanto a Cristo, Re dell’Universo.