Paolo Gabriele sostiene di essere "l'infiltrato dello Spirito Santo"

La Santa Sede rende note la requisitoria e la sentenza del rinvio a giudizio per Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti

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di Antonio Gaspari

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 13 agosto 2012 (ZENIT.org) – Dopo mesi di indagine, la Santa Sede ha reso note oggi 13 agosto la Requisitoria del Promotore di Giustizia Prof. Avv. Nicola Picardi e la sentenza di rinvio a Giudizio pronunciata dal Giudice istruttore Prof. Avv. Piero Antonio Bonnet.

La vicenda giudiziaria riguarda il procedimento penale nei confronti di Paolo Gabrieli, aiutante di Camera del Pontefice Benedetto XVI, accusato di furto aggravato di documenti riservati, utilizzati e pubblicati da altri con lo scopo di creare scandalo e discredito della Santa Sede e del Pontefice.

Le indagini sono iniziate il 6 febbraio del 2012, su richiesta del direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile del Vaticano, il quale fece “denuncia contro ignoti per la commissione di delitti contro lo Stato e i poteri dello stesso, calunnia e diffamazione” dopo aver visto un servizio televisivo e alcuni articoli apparsi sulla stampa italiana circa la pubblicazione di corrispondenze riservate inerenti al Pontefice.

A questo proposito il Papa Benedetto XVI provvide a nominare una Commissione Cardinalizia con il compito di svolgere, in via amministrativa, “un’indagine autorevole sulla fuga di notizie e la divulgazione di documenti coperti dal segreto d’ufficio”.

Il 19 maggio 2012 è stato pubblicato e diffuso in Italia un libro contente fotocopie della corrispondenza privata del Pontefice. E già il 23 maggio il Direttore dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile inviò un rapporto al promotore di Giustizia Vaticano in cui sollevava sospetti nei confronti del Signor Paolo Gabriele, Aiutante di Camera di Sua Santità, quale responsabile di furto aggravato di documenti riservati che erano stati forniti all’autore del libro in questione.

Fu autorizzata la perquisizione dell’appartamento di Gabrileli, e venne rinvenuta “una enorme quantità di documenti, alcuni dei quali, di proprietà e di stretto interesse della Santa Sede e dello Stato della Città Vaticano”. Gram parte di questi documenti risultavano, pubblicati nel libro oggetto dell’indagine.

Nella prima parte dell’indagine è stato coinvolto Claudio Sciarpelletti, un cittadino italiano di professione informatico, dipendente della Segreteria di Stato.

In seguito ad una perquisizione svolta il 25 maggio nei locali della Segreteria di Stato, sono stati sequestrati ulteriori documenti rilevanti ed allo Sciarpelletti è stato contestato  il reato di “falsa testimonianza, concorso reale nel reato di furto aggravato di documenti, favoreggiamento, nonché il reato di violazione dei segreti”.

Per queste accuse lo Sciarpelletti è stato arrestato e dopo un interrogatorio è stato scarcerato previa cauzione e con l’obbligo di osservare alcune prescrizioni.

Nel corso dell’interrogatorio Sciarpelletti avrebbe parlato di due persone identificate con “W” e “X” che gli avevano passato documenti da girare a Gabriele.

La questione non sembra comunque rilevante. Padre Federico Lombardi direttore della Sala Stampa Vaticana ha detto che il ruolo svolto da Sciarpelletti , è “marginale”.   

A questo punto dell’istruttoria la polizia giudiziaria vaticana ha denunciato tutta una serie di reati, e cioè delitti contro lo Stato; delitti contro i poteri dello Stato; vilipendio delle istituzioni dello Stato; calunnia; diffamazione; furto aggravato; concorso di più persone in reato; favoreggiamento; inviolabilità dei segreti.

Per ridurre i tempi di indagine e di esecuzione si è data precedenza al furto aggravato.

In seguito alla pubblicazione del libro con le fotocopie della corrispondenza eel pontefice, il 21 maggio si è svolta una riunione a cui hanno partecipato Mons. Georg Gänswein, Segretario particolare di Sua Santità, Mons. Alfred Xuereb, Prelato d’Onore di Sua Santità, Suor Birgit Wansing, le quattro memores e Paolo Gabriele.

Già in quell’occasione Mons. Georg Gänswein, fece presente a Paolo Gabriele che certe carte pubblicate erano passate per le sue mani, ma l’aiutante di Camera del Pontefice negò energeticamente di essere lui colui che aveva passato la carte.

Interrogato dal giudice il 24maggio, Gabriele, nonostante avesse offerto collaborazione si avvalse della facoltà di non rispondere.

Il Promotore di Giustiza ha raccontato che  interrogato una seconda volta nei giorni 5 e 6 giugno, il Gabriele ha dichiarato di aver “proceduto alla duplicazione dei documenti fotocopiandoli in ufficio e successivamente portandoli a casa. (…) non ho conservato alcun documento originale in quanto altrimenti ne sarebbe stata notata la mancanza”.

Sul perché di questo comportantemento l’imputato ha detto che: “anche se il possesso di tali documenti è cosa illecita ho ritenuto di doverlo effettuare spinto da diverse ragioni (…) ritenevo che anche il Sommo Pontefice non fosse correttamente informato”.

“Vedendo male e corruzione dappertutto nella Chiesa… – ha detto l’imputato – ero sicuro che uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa nel suo giusto binario… In qualche modo pensavo che nella Chiesa questo ruolo fosse proprio dello Spirito Santo, di cui mi sentivo in certa maniera infiltrato”.

Come e perché si è messo in contatto con l’autore del libro che ha poi pubblicato i documenti fotocopiati, Gabriele ha detto di aver cercato e contattato lui l’autore del libro, di averlo incontrato tra “novembre 2011 e gennaio 2012” a frequenza settimanale o bisettimanale, e di non aver “mai ricevuto denaro o altri benefici”.  

Gabriele sostiene inoltre di avere consegnato copia dei documenti al padre spirituale che nella Requisitoria del Promotore di Giustizia risulta come “B”.

La persona non imputata, che corrisponde a “B”, convocato come testimone ha dichiarato di averli conservati per qualche giorno per poi bruciarli in quanto, “sapevo che…erano il frutto di una attività non legittima e non ‘onesta’ e temevo che se ne potesse fare uso altrettanto non legittimo e onesto”.

E’ interessante scoprire che il Giudice istruttore ha contestato al Gabriele il ritrovamento a casa sua, in corso della perquisizione, di tre oggetti a lui non appartenenti, e cioè: Un assegno bancario di Euro 100.000,00 (centomila/00) intestato a Santidad Papa Benedicto XVI, datato 26 marzo 2012, proveniente dall’Universitad Catolica San Antonio di Guadalupe.

Una pepita presunta d’oro, indirizzata a Sua Santità dal Signor Guido del Castillo, direttore dell’ARU di Lima (Perù); Una cinquecentina dell’Eneide, traduzione di Annibal Caro stampata a Venezia nel 1581, dono a Sua Santità delle “Famiglie di Pomezia”.

Risulta infatti e Gabriele lo ha confermato che era lui “l’incaricato di portare alcuni doni presso il magazzino e altri in Ufficio” L’imputato ha cercato di spiegare dicendo che “Taluni di questi doni servivano per le pesche di beneficenza del Corpo della Gendarmeria, della Guardia Svizzera Pontificia e per altre beneficenze”.

La Requisitoria del Promotore di Giustizia Prof. Avv. Nicola Picardi, continua una lunga e dettagliata parte in cui si disquisisce sul problema dell’imputabilità del Gabriele, e sulle perizie psicologiche e psichiatriche svolte sull’imputato dal Prof. Roberto Tatarelli dell’Università La Sapienza di Roma  e dal Prof. Tonino Cantelmi, della Pontificia Università Gregoriana, che si è avvalso, quale collaboratrice, della dott.ssa Martina Aiello, psicologa e fisioterapeuta. 

L’obiettivo è di stabilire se: “il predetto Gabriele nel periodo 2011-2012, ed attualmente, era ed è in tale stato di mente da togliergli la coscienza e la libertà dei propri atti; se il predetto Gabriele sia attualmente persona socialmente pericolosa; se il predetto Gabriele sia soggetto suggestionabile e capace di ideazioni criminose auto e/o eterodirette”.

A fronte della Requisitoria del Promotore di Giustizia, il Giudice istruttore Prof. Avv. Piero Antonio Bonnet ha disposto che In conformità con le richieste avanzate dal Promotore di giustizia nella sua requisitoria, “dichiara la parziale chiusura dell’istruttoria”.

“Rinvia il signor Paolo Gabriele a giudizio davanti al Tribunale per il reato di furto aggravato”.

“Dichiara non doversi procedere nei confronti dell’imputato Claudio Sciarpelletti per il reato di violazione del segreto, per carenza di prova e per il reato di concorso nel reato di furto aggravato, per insufficienza di prove”

E “rinvia il sig. Claudio Sciarpelletti a giudizio davanti al Tribunale per il reato di favoreggiamento”. 

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ZENIT Staff

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