Alex Schwazer: il dramma umano ridotto a spettacolo mediatico

E’ giusto che chi sbaglia paghi, ma esiste anche il perdono…

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di Pietro Barbini

ROMA, venerdì, 10 agosto 2012 (ZENIT.org) – Fin dall’antichità l’uomo ha cercato un “capro espiatorio” come ragionevole risposta a fatti ritenuti incomprensibili, come causa di tutti i mali della società, una sorta di pungiball sul quale sfogare le proprie frustrazioni, dovute alle difficoltà dell’esistenza.

Ora sembra che proprio questo stia succedendo con il marciatore altoatesino Alex Schwazer, balzato agli onori delle cronache in questi ultimi giorni, questa volta, purtroppo, non per una vittoria, ma per la sua squalifica dalle olimpiadi dopo il controllo antidoping. Ciò che più colpisce di tutta la vicenda è la singolare morbosità e l’ossessione della stampa italiana per le “tragedie umane”, provando, sembra, un sadico piacere nell’infierire su un corpo inerme.

Da giorni, su tutti i quotidiani nazionali, non si fa altro che parlare del “caso Schwazer”, giudicando, criticando ed attaccando, soprattutto via web, il marciatore italiano con una cattiveria inaudita, arrivando, addirittura, ad offese a sfondo razziale. La violenza mediatica con la quale in Italia si attaccano le persone, soprattutto quando sono più in difficoltà, non ha paragoni, oltre ad essere un comportamento eticamente scorretto ed aberrante, che non fa assolutamente onore agli italiani.

In Italia, lo si sa, c’è il brutto vizio di dimenticare il passato, un giorno si è innalzati come dei e il giorno seguente ci si ritrova a strisciare sul marciapiede. Basta un errore, un minimo errore. Eppure è lo stesso Alex Schwazer che quattro anni fa a Pechino fece sussultare il cuore di tutti gli italiani, rendendoci fieri di appartenere a questa nazione e che lui stesso vi appartenesse.

Ora che abbia commesso un grave errore non ci sono dubbi, che abbia deluso molte persone è evidente e naturale, come è chiaro che tutti siamo d’accordo che l’uso del doping sia una brutta piaga nel mondo sportivo da combattere e debellare. Sulla gravità del fatto, dunque, siamo tutti d’accordo, ma il giovane Alex più di dirsi pentito, scusarsi e ammettere il proprio errore, cosa dovrebbe fare? Con quale coraggio, e diritto, si infierisce su una persona già di per sé sofferente e psicologicamente demolita, come si è visto?

“Sparare sulla croce rossa” è proprio una specialità di noi italiani, come se non bastasse quello che sta già passando, come se per lui questi mesi, fino al fatidico giorno (del controllo), vissuti nel continuo rimorso, come raccontato, non fossero stati già di per sé un incubo.

Ricordiamoci che se Alex ha fatto ciò che ha fatto è perché aveva bisogno di aiuto e ciò che l’ha spinto al tragico gesto è stata la debolezza di fronte alle difficoltà della vita. Ricordiamoci anche che stiamo parlando di un ragazzo di ventott’anni che, dopo esser salito quattro anni fa sul podio più alto del mondo, non ha saputo far fronte al ruolo che si era guadagnato meritatamente, che, come spesso capita ad un campione, stress e ansia da prestazione hanno preso il sopravvento sulla ragione; paura di non farcela un’altra volta, di fallire, di deludere le persone a lui più vicine, le aspettative dei fans che attendevano con entusiasmo di rivederlo in pista e magari sventolare nuovamente il tricolore.

E’ inteso che niente di tutto ciò giustifica il gesto da lui compiuto, ma può la debolezza umana essere oggetto di simili violenze verbali e scherno? Siamo certi che per Alex questo non sia un bel momento e che l’assunzione dell’Epo sia stata per lui, in primo luogo, la peggiore sconfitta che avrebbe mai potuto ottenere, sia sul piano sportivo che umanamente parlando, perché in fin dei conti, prima di tutto, ha danneggiato se stesso.

Alla conferenza stampa, di fronte ai giornalisti, stava un uomo afflitto, disperato e sofferente, psicologicamente e moralmente affranto, un uomo consapevole di aver mandato la sua carriera in fumo, anni e anni di duro lavoro, rinunce, sforzi e sacrifici mandati all’aria; un uomo che vede la sua immagine sbeffeggiata e oltraggiata, dagli stessi che prima l’osannavano.

Ha sbagliato, sì, e pagherà le conseguenze del suo gesto, come è giusto che sia, ma dobbiamo martorizzare questo ragazzo perché ha sbagliato? Merita veramente questo Alex Schwazer? Forse che noi siamo perfetti? Non abbiamo mai sbagliato nella nostra vita? Siamo puri ed immacolati? Con quale diritto allora “puntiamo il dito”?

Innanzitutto ricordiamoci che Alex prima di essere un campione è un uomo, con le proprie debolezze, paure e fragilità, non è esente da errori, non è infallibile è, appunto, un uomo, finito e limitato, come noi.

E’ giusto che paghi per l’errore commesso, ma la punizione non dev’essere fine a se stessa, punirlo per puro sadismo, ma per correggerlo non per “affondarlo” ed in questo momento difficile, nonostante l’enorme delusione, Alex va sostenuto, aiutato ed incoraggiato, ha bisogno di tutti noi per capire che la vita va affrontata con tutte le sue implicazioni, positive o negative che siano, senza trovare vie di fuga, scorciatoie, perché questa è la vita e che se anche si perde una gara la vita continua. Ha sbagliato, sì, perché anche lui è un uomo, ma esiste anche il perdono.

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ZENIT Staff

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