"Vivere in se stesso ciò che ha sperimentato Gesù in prima persona"

Il Papa ha conferito questa mattina il sacerdozio a 9 diaconi

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 29 aprile 2012 (ZENIT.org) – Papa Benedetto XVI ha conferito questa mattina, durante una solenne concelebrazione nella Basilica Vaticana, l’ordinazione sacerdotale a nove diaconi provenienti dai seminari diocesani di Roma. Otto sono stati ordinati per la diocesi di Roma, mentre il nono, formatosi presso l’Almo Collegio Capranica, è diventato sacerdote per la diocesi vietnamita di Bui Chu. Con il Santo Padre hanno concelebrato tra gli altri il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini, e il vicegerente della diocesi di Roma, mons. Filippo Iannone.

Il Santo Padre ha iniziato la sua omelia sottolineando la “grande ricchezza di significato” della tradizione romana di conferire i sacri ordini proprio nella IV domenica di Pasqua, quella chiamata del “Buon Pastore”, una figura “molto importante per la definizione del sacerdote”.

Nel Vangelo di oggi – la Parabola del Buon Pastore appunto (Gv 10,11-18) – Gesù, infatti, non solo si proclama e definisce il Buon Pastore, ma offre – come ha osservato il Papa – anche una prima e fondamentale caratteristica di un “buon pastore”. E’ colui – afferma Gesù stesso nel brano del quarto Vangelo – che “dà la propria vita per le pecore” (Gv 10,11).

Proprio queste parole – ha continuato il Papa – ci portano al nucleo e al culmine della rivelazione di Dio “come pastore del suo popolo”, che è Gesù stesso, “precisamente Gesù che muore sulla croce e risorge dal sepolcro il terzo giorno”, e che risorgendo con tutta la sua umanità coinvolge in questo modo ogni uomo “nel suo passaggio dalla morte alla vita”.

Come ha spiegato poi il Papa, la prima lettura di oggi (At 4,8-12; Sal 118) affermano questo “avvenimento sacrificale” della morte e risurrezione di Gesù. Il salmista parla infatti della pietra scartata, un’immagine poi ripresa dall’apostolo Pietro quando condotto davanti ai capi del popolo e agli anziani di Gerusalemme dopo aver guarito lo storpio definisce Gesù “la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo” e ribadisce che “in nessun altro c’è salvezza” (At 4, 11-12).

“Gesù ha vissuto proprio questa esperienza: di essere scartato dai capi del suo popolo e riabilitato da Dio, posto a fondamento di un nuovo tempio, di un nuovo popolo”, ha affermato Benedetto XVI.

Per il Santo Padre, la seconda lettura, presa dalla Prima Lettera di Giovanni (1Gv 3,1-2), ci spiega il risultato o “frutto” della Pasqua: attraverso la Pasqua di Cristo, noi diventiamo infatti realmente figli di Dio. “Con la sua incarnazione, con la sua morte e risurrezione e con il dono dello Spirito Santo Egli ha inserito l’uomo dentro una relazione nuova con Dio, la sua stessa relazione con il Padre”, ha ribadito Benedetto XVI.

“E’ una relazione già pienamente reale, ma che non è ancora pienamente manifestata”. Lo sarà alla fine, quando – se Dio vorrà – potremo vedere il suo volto senza veli, ha detto il Papa, facendo riferimento sempre alla Prima Lettera di Giovanni (1Gv 3,2).

Tornando al Vangelo del Buon Pastore e rivolgendosi direttamente agli ordinandi, il Papa ha poi dichiarato che proprio questo è il compito del sacerdote. E’ colui che è “chiamato a condurre i fedeli a lui affidati” “alla vita vera, la vita «in abbondanza»”, così ha detto il Santo Padre, ricordando l’espressione usata dallo stesso evangelista Giovanni (Gv 10,10).

Mentre in Gesù si realizza “pienamente” “la figura biblica del re-pastore, che comprende principalmente il compito di reggere il popolo di Dio, di tenerlo unito e guidarlo”, è attraverso il sacramento dell’ordine – ha proseguito il Santo Padre – che il sacerdote “viene inserito in un modo singolare nel mistero del Sacrificio di Cristo, con una unione personale a Lui, per prolungare la sua missione salvifica”.

Proprio per questo – ha detto il Papa gli ordinandi – “per il sacerdote, celebrare ogni giorno la Santa Messa non significa svolgere una funzione rituale, ma compiere una missione che coinvolge interamente e profondamente l’esistenza, in comunione con Cristo risorto che, nella sua Chiesa, continua ad attuare il Sacrificio redentore”.

“Il presbitero è chiamato – ha proseguito il Pontefice – a vivere in se stesso ciò che ha sperimentato Gesù in prima persona, cioè a darsi pienamente alla predicazione e alla guarigione dell’uomo da ogni male del corpo e dello spirito, e poi, alla fine, riassumere tutto nel gesto supremo del «dare la vita» per gli uomini”.

Nel compiere questa missione, non mancheranno i momenti difficili. “Quando il peso della croce si farà più pesante – ha osservato Benedetto XVI alla fine della sua omelia – sappiate che quella è l’ora più preziosa, per voi e per le persone a voi affidate”, perché “rinnovando con fede e con amore il vostro «sì, con l’aiuto di Dio lo voglio», voi coopererete con Cristo, Sommo Sacerdote e Buon Pastore, a pascere le sue pecorelle”.

Che “la Vergine Maria, Salus Populi Romani, vegli sempre su ciascuno di voi e sul vostro cammino”, ha poi concluso.

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ZENIT Staff

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