di Eugenio Fizzotti
ROMA, lunedì, 23 aprile 2012 (ZENIT.org).- Ricordando che agli undici Apostoli, ai due discepoli tornati in fretta da Emmaus e a tutti gli altri, oltre che a sua Madre, il Risorto rivolse il proprio saluto augurale con l’espressione «Pace a voi!», che è più di un augurio, essendo il dono di Sé medesimo, il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, domenica 22 aprile 2012 nella Cattedrale di Catanzaro si è rivolto con un tono particolarmente entusiasmante e fraterno a Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, a tutti i sacerdoti della Diocesi, alle persone di vita consacrata, ai seminaristi e ai numerosissimi fedeli e li ha invitati a guardare con fede e speranza il Risorto per riceverne pace e gioia, condividendo in carità fraterna la mensa eucaristica domenicale.
Essendo presente a Catanzaro per aver ricevuto la sera precedente il Dottorato Honoris Causa da parte della Facoltà di Giurisprudenza, il Card. Bertone ha sottolineato che, essendo venuto a realizzare la promessa messianica della pace, il Risorto «ha vinto il duello tra morte e vita, e quindi sigilla definitivamente la comunità ecclesiale con la parola “pace”, che racchiude tutti i comandamenti e riassume ogni bene personale e comunitario».
Ciò vuol dire che tutti coloro che lo seguono con coerenza e fedeltà e sono uniti al Pastore della Chiesa particolare in perfetta unione con la Sede Apostolica, sono chiamati a «essere testimoni coraggiosi, annunciatori e operatori di quella pace che solo Gesù Cristo può dare ai cuori, alle famiglie, alla società, al mondo».
E facendo un richiamo contestuale al suo essere, sia pure per poche ore, nel Meridione d’Italia, ha ricordato che «nel giugno 1945, tre anni prima della Lettera collettiva intitolata “I problemi del Mezzogiorno”, i Vescovi della Calabria auspicavano un ordinamento sociale che rispettasse l’essenziale uguaglianza tra gli uomini, un ordinamento economico che facilitasse una più equa ripartizione dei beni, una disciplina del lavoro che tutelasse la dignità del lavoratore. Dopo i tanti processi di modernizzazione, di sviluppo incompiuto e in parte distorto, nonché di profonda trasformazione socioculturale, la fede pasquale sollecita a una nuova evangelizzazione di queste terre, dei modi di vivere e di pensare, perché Cristo, nostra pace e nostra giustizia, possa sempre più regnare in mezzo a voi e rinnovare ogni cosa secondo il disegno di Dio e il vero bene degli uomini».
E commentando con stile particolarmente convincente i brani letti nella liturgia della parola, il card. Bertone ha sollecitato l’esigenza, grazie all’autenticità della fede in Dio, di «trasformare il male in bene, e di realizzare il disegno imperscrutabile del Padre, che è disegno di conversione e di cambiamento, di profondo rinnovamento, di risurrezione alla vita stessa di Cristo, in Dio».
Ciò vuol dire che è quanto mai urgente, oltre che indispensabile, «cambiare radicalmente prospettiva, trasformare profondamente la propria esistenza, aborrire il peccato commesso, non peccare più, non avere più timore di far parlare per proprio tramite lo Spirito di verità alla gente della Calabria». E rivolgendosi specificamente ai sacerdoti li ha invitati a non stancarsi mai di «trasmettere in ogni ambiente – nei modi appropriati, e sempre con mite fermezza – la Parola che genera vita vera, la vita buona del Vangelo e dona la forza della verità, per non subire le intimidazioni della delinquenza organizzata, dell’illegalità, del silenzio omertoso di chi vede e non agisce».
Un interessante richiamo è stato quello fatto ai componenti del primo gruppo di cristiani che dal Risorto stesso sono stati trasformati da uomini impauriti e dubbiosi in validi testimoni. Ecco perché, rivolgendosi ai membri vitali della Chiesa, che vivono l’esperienza dell’itinerario dello spirito e della vita nel mistero della Risurrezione, ha ricordato che con la loro testimonianza contribuiscono «a diffondere l’amicizia di Cristo tra le persone che incontrano nelle relazioni umane e nel ministero pastorale ed esprimono sistematicamente di essere sempre e ovunque segni viventi di Risurrezione».