"Questa Sinfonia è un grande inno di lode a Dio"

Discorso di Benedetto XVI al termine del Concerto offertogli dalla Gewandhausorchester

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CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 22 aprile 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo il discorso pronunciato venerdì sera da Benedetto XVI al termine del Concerto offerto dall’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia in occasione dell’85° compleanno del Papa. Diretta dal Maestro Riccardo Chailly, la Gewandhausorchester ha eseguito la Sinfonia n. 2 in Si bemolle maggiore op. 52 Lobgesang per Solisti, Coro e Orchestra di Felix Mendelssohn Bartholdy (1809–1847). Le parti in corsivo sono state pronunciate in tedesco.

***
Signor Ministro Presidente,
Distinti Ospiti dello Stato Libero di Sassonia e della Città di Lipsia!

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio,
Gentili Signori e Signore!

Con questa splendida esecuzione della Sinfonia N. 2 «Lobgesang» di Felix Mendelssohn Bartholdy avete fatto un dono prezioso a me, in occasione del mio compleanno, nonché a tutti i presenti. Infatti, questa Sinfonia è un grande inno di lode a Dio, una preghiera con cui abbiamo lodato e ringraziato il Signore per i suoi doni. Anzitutto però vorrei ringraziare coloro che hanno reso possibile questo momento. In primo luogo, la Gewandhausorchester, che di per sé non ha bisogno di essere presentata: si tratta di una delle più antiche orchestre del mondo, con una tradizione di eccellente qualità esecutiva e di fama indiscussa. Un cordiale ringraziamento agli ottimi Cori e Solisti, ma in modo del tutto particolare al Maestro Riccardo Chailly per l’intensa interpretazione. La gratitudine si estende al Ministro Presidente e ai Rappresentanti dello Stato Libero di Sassonia, al Sindaco e alla Delegazione della Città di Lipsia, alle Autorità ecclesiastiche, come pure ai Responsabili del Gewandhaus e a tutti coloro che sono venuti dalla Germania.

Mendelssohn, Sinfonia «Lobgesang», Gewandhaus: tre elementi legati non solo questa sera, ma fin dagli inizi. La grande Sinfonia per coro, soli e orchestra, infatti, che abbiamo ascoltato fu composta da Mendelssohn per celebrare il IV Centenario dell’invenzione della stampa e fu eseguita per la prima volta nella Thomaskirche di Lipsia, la chiesa di Johann Sebastian Bach, il 25 giugno 1840, proprio dall’Orchestra del Gewandhaus; sul podio c’era lo stesso Mendelssohn, che per anni fu direttore di questa antica e prestigiosa orchestra.

Questa composizione è costituita da tre movimenti per sola orchestra senza soluzione di continuità e poi da una sorta di cantata con solisti e coro. In una lettera all’amico Karl Klingemann, lo stesso Mendelssohn spiegava che in questa Sinfonia «prima lodano gli strumenti nel modo loro congeniale, quindi il coro e le singole voci». L’arte come lode a Dio, Bellezza suprema, sta alla base del modo di comporre di Mendelssohn e questo non solo per quanto riguarda la musica liturgica o sacra, ma l’intera sua produzione. Come riferisce Julius Schubring, per lui la musica sacra come tale non stava un gradino più in alto dell’altra; ognuna alla sua maniera doveva servire ad onorare Dio. E il motto che Mendelssohn scrisse sulla partitura della Sinfonia «Lobgesang» suona così: «Io vorrei vedere tutte le arti, in particolare la musica, al servizio di Colui che le ha date e create». Il mondo etico-religioso del nostro autore non era staccato dalla sua concezione dell’arte, anzi ne era parte integrante: «Kunst und Leben sind nicht zweierlei», Arte e vita non sono due cose distinte, ma un tutt’uno, scriveva. Una profonda unità di vita che trova l’elemento unificante nella fede, che caratterizzò tutta l’esistenza di Mendelssohn e ne guidò le scelte. Nelle sue lettere cogliamo questo filo conduttore. All’amico Schirmer il 9 gennaio 1841, riferendosi alla famiglia, diceva: «Certo non mancano talvolta preoccupazioni e giorni seri… e tuttavia non si può fare nient’altro che pregare fervidamente Dio di mantenere la salute e la felicità che ha dato»; e il 17 gennaio 1843 a Klingemann scriveva: «ogni giorno non posso fare nient’altro che ringraziare Dio in ginocchio per ogni bene che mi dà». Una fede, quindi, solida, convinta, nutrita in modo profondo dalla Sacra Scrittura, come mostrano, tra l’altro, i due Oratori Paulus ed Elias, e la Sinfonia che abbiamo ascoltato, piena di riferimenti biblici soprattutto dei Salmi e di san Paolo. E’ difficile per me richiamare qualcuno degli intensi momenti che abbiamo vissuto questa sera; vorrei solo ricordare il meraviglioso duetto tra i soprani e il coro sulle parole «Ich harrete des Herrn, und er neigte sich zu mir und hörte mein Fleh’n», tratto dal Salmo 40: «Ho sperato nel Signore e Lui si è chinato su di me e ha dato ascolto al mio grido»; è il canto di chi pone in Dio tutta la sua speranza e sa con certezza di non rimanere deluso.

Un rinnovato grazie all’Orchestra e al Coro del Gewandhaus, al Coro del Mitteldeutscher Rundfunk MDR, ai Solisti e al Direttore, come pure alle Autorità dello Stato Libero di Sassonia e della Città di Lipsia per l’esecuzione di questa «opera luminosa» – come la chiamò Robert Schumann –, che ha permesso a tutti noi di lodare Dio e io ho potuto ringraziare, in modo particolare, ancora una volta Dio per gli anni di vita e di ministero.

Vorrei concludere con le parole che Robert Schumann scrisse nella rivista Neue Zeitschrift für Musik dopo aver assistito alla prima esecuzione della Sinfonia che abbiamo ascoltato e che vogliono essere un invito su cui riflettere: «Lasciate che noi, come suona il testo così splendidamente musicato dal Maestro, sempre più “abbandoniamo le opere dell’oscurità e impugniamo le armi della luce”». Grazie a tutti e buona sera!

[© Copyright 2012 – Libreria Editrice Vaticana]

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ZENIT Staff

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